Sarà il pessimismo a cambiare il mondo?

RAVENNA – In un mondo pieno di “ottimisti” valutati, ovviamente, non nel senso della categoria gramsciana (vista l’attuale, assoluta, mancanza di “volontà” che non sia legata al semplice “desiderio”) quanto nella forma più semplice recentemente assunta dall’italico “homo ridens”, io non ho alcuna perplessità né, tantomeno, remora a farmi classificare tra i “pessimisti” quelli, cioè, che l’intellettuale di Ales diceva “…ispirati dall’intelligenza” e che, in tempi più recenti, l’ex segretario della CISL, Pierre Carniti amava inquadrare come “ottimisti bene informati”.

Anzi, per dirla ancora meglio, ritengo non del tutto sano di mente chi – non legato da “interessi economici e personali” (per lo più inconfessabili) all’establishment governativa o ai privilegi di “casta” o di “status” – si dichiari meno che “pessimista” rispetto all’attuale situazione sia nazionale che planetaria.

Come si fa, infatti, ad essere ottimisti sul futuro, in un mondo in cui il governo meno democratico del pianeta, unisce la sua voce a quella di un altro campione dell’inclusione sociale e insieme si permettono di discettare sul sistema di welfare europeo responsabile, a loro dire, di tutti i mali dell’economia mondiale.

Ma ancora di più, c’è veramente poco da essere ottimisti, se si pensa che una delle due nazioni in questione è la maggior responsabile della diffusione del “virus” speculativo (la scommessa, in cambio di altissimi tassi di rendimento, sui mutui fondiari concessi ai non abbienti, da banche oggi nazionalizzate o fallite) da cui tutta l’attuale crisi economica è partita mentre l’altra, che con il suo disprezzo per qualsiasi regola condivisa (fin anche nel cambio della sua “divisa”) ha contribuito alla distruzione dei diritti del lavoro, oggi giustifica le sue scelte di natura economica (?) con gli oltre 100 anni di rivoluzione industriale dell’occidente, pretendendo di fare strame della natura e dell’ambiente inquinando il mondo “fino a concorrenza”.

Beh, se di fronte a ciò, riuscite a dichiararvi ottimisti, vi invidio per la ciclotimia che vi ha colto e che vi consente di vivere tranquilli preoccupandovi – rispetto al futuro dei vostri figli – più per le assurdità sulla fragilità del sistema pensionistico nazionale che per il cinismo degli attuali padroni del mondo.

Cinismo, menefreghismo, disprezzo che si fondano – come sempre è stato – sull’assoluta volontà di potere dei governanti che pure la storia del ‘900 ci aveva fatto apparire come superati ma che, invece, in tempi più recenti, dopo la caduta del “muro” si sono rafforzati grazie alla mancanza di un punto di vista alternativo, condiviso da grandi masse popolari disposte ad impegnarsi per affermarlo nella società.

Il vero “capolavoro”, da questo punto di vista, è stato realizzato in Italia dove il revanscismo della classi dominanti, sposato al disarmo del maggior partito d’opposizione ha portato al potere – unico caso in occidente – un miliardario in cerca di “pace” che ha usato il “potere” come strumento per la soluzione dei suoi problemi personali (non solo giudiziari).

Poco è importato, dunque, dell’enorme conflitto di interessi del miliardario in parola a chi – tra le maglie dei vuoti costituzionali (concepita sul bicameralismo perfetto costruito con un sistema elettorale proporzionale con correzione “D’Hondt”) – è riuscito lo stesso, nonostante gli scandali, a praticare i suoi loschi ed inconfessabili traffici.
Chi oggi grida allo scandalo; al tempo scaduto; al passo indietro per il bene del paese, in questi quasi vent’anni di “regime” ha fatto finta di niente, chiudendo li occhi ad intemperanze, eccessi, goliardie, bugie, insulti, veti bulgari, leggi ad personam, pur di continuare come sempre nella storia – per dirla con il Manzoni – “con i cenci che vanno all’aria, mentre i colpi cascano sempre all’ingiù (Promessi Sposi, cap. XXIV). Quelli stessi, infatti, che oggi “propongono” ricette – tutte rigore e sacrifici – per salvare l’Italia, solo per rimanere agli ultimi 12 anni, non è che si sono stracciati le vesti più di tanto quando con: manovre, manovrine e patti di stabilità, quasi il 20 per cento del monte salari veniva trasferito ai profitti e alle rendite.

La stessa “opposizione parlamentare”, oggi così attenta (e intenta) a chiedere inutilmente “un passo indietro”, nel corso di questi 17 anni ha partecipato a bicamerali; proposto riforme “bi partisan”; caldeggiato e attuato privatizzazioni e liberalizzazioni che altrove, in Europa, anche la destra si è rifiutata di realizzare. Fino ad arrivare al cinismo di alcuni dirigenti del piddì che, mentre invitavano a votare il referendum sull’acqua, già lavoravano ad un testo condiviso per la privatizzazione delle aziende pubbliche locali.

Pessimista? Certo, perché non mi si può chiedere di vedere tinto di rosa ciò, che in realtà, ha il cupo colore degli escrementi che la denuncia “circostanziata” del Presidente della CEI, l’arcivescovo di Genova, cardinal Bagnasco (ci dev’essere qualcosa di “sovversivo” nell’aria genovese), ha solo contribuito a portare alla luce e alla riflessione di tutti perché nessuno possa più dire “non ho sentito la puzza”.

Pessimista, dunque? Sicuro perché anche questa volta, chi doveva intendere ha travisato: mentendo, facendo lo “gnorri” o chiamando in correità mentre chi aveva il dovere di muovere coscienze politiche chiamandole all’indignazione e alla lotta, s’è rinchiuso nella “cittadella” dell’ennesima, quanto inutile, sfiducia parlamentare al ministro in odore di mafia, battibeccando sull’improbabile nuovo partito dei cattolici a cui, almeno fino a che gli schieramenti faranno a gara per ingraziarsele, neanche le gerarchie cattoliche più oltranziste credono più.

Pessimista? Si! Anche se ho scoperto che il numero dei pessimisti, pure in Italia, almeno tra le persone che mi stanno intorno, continua ad aumentare. …E chissà che non sia proprio questo pessimismo “informato” che contribuisca a far crescere una nuova generazione di “ribelli” carichi di buona volontà?

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