Morta impiccata a 23 anni per un gioco erotico: lo shibari

ROMA – Ancora  farà discutere il terribile episodio avvenuto venerdì notte nella capitale, dove una giovane ragazza è rimasta uccisa per un gioco erotico boundage: lo shibari.

Paola Caputo, questo il nome della vittima originaria di Guagnano del Capo, un paesino in provincia di Lecce. La vittima si trovava a Roma dove si era trasferita dopo la morte del fratello di soli 24 anni,  per studiare filosofia all’università La Sapienza.
Una storia triste, ma chi conosceva Paola, ancora non crede che sia lei la protagonista di questa assurda vicenda.

Tutto inizia la sera di venerdì scorso, quando Paola , l’amica di Tor Bella Monaca Federica Fantini di 23 anni e l’ingegnere  Soter Mulè di 43, quest’ultimi due personaggi con problemi legati alla droga, decidono di uscire a locali prima di intraprendere questa pratica sessuale estrema. Bevono e fumano dell’hashis e poi si recano nel garage sotterraneo di un ufficio dell’Agenzia delle Entrate a via di Settebagni. Qui ha inizio l’avventura finita in tragedia. L’antica pratica ha inizio. Le due ragazze legate come salami e unite da una corda che stringe sul loro collo passando attraverso un tubo di ferro a due metri d’altezza. Una sorta di bilancia umana, in cui una sale e l’altra scende dandosi delle spinte con la punta dei piedi. Un apparente strangolamento che dura qualche secondo – dicono gli amanti del boundage – che crea una sorta di eccitazione estrema. Ma qualcosa va storto. Federica sviene, le sue ginocchia si afflosciano e Paola non ricevendo più la spinta necessaria per tornare a terra e poter inspirare l’aria muore  impiccata.  

Una storia che ha dell’incredibile. Federica verrà poi soccorsa e condotta in codice rosso all’ospedale Sant’Andrea dove si trova in prognosi riservata. L’ingegnere, ora in arresto, probabilmente  si rende conto  di aver spinto il gioco oltre la misura. Così mentre Paola viene lentamente strangolata dalla corda, lui realizza di non aver neppure con sè un coltello per mettere fine a questo “rito” diventato l’anticamera della morte. Corre  verso la macchina alla ricerca di un coltello per tagliare la corda e mettere fine a questa mortale bilancia. Ma arriva troppo tardi. Paola è morta. A quel punto non resta che chiamare i soccorsi. Nella vettura dell’ingegnere viene poi trovato un vero kit sado maso. L’uomo, secondo le prime indiscrezioni, si era rifugiato da tempo in queste forme  sessuali estreme e in questo girone dantesco ci era  finita anche la giovane Paola.  Forse senza neppure accorgersi del rischio che stava correndo.

 

L’ingegnere dal vizietto estremo
Soter Mulè, l’ingegnere appassionato ora è accusato di omicidio volontario con dolo eventuale, nonostante sia stato lui a chiamare i soccorsi, perchè era perfettamente consapevole a che cosa sarebbe andato incontro.
Mulè,  laureato in Ingegneria Meccanica all’Università di Tor Vergata ed iscritto ad un secondo corso di laurea in Psicologia alla Sapienza, ha da sempre la passione per la fotografia e soprattutto per
il sado maso, nel cui ambiente è un personaggio di spicco. Le sue foto di boundage, che ritraggono donne legate, abbondano in rete.

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