Arrestato Angelo Rizzoli per bancarotta fraudolenta

ROMA – Sono scattate le manette per Angelo Rizzoli cone l’accusa di bancarotta fraudolenta. L’arresto del produttore televisivo e cinematografico, ed ex editore, è stato eseguito dal Comando Provinciale di Roma della guardia di finanza su ordine della procura di Roma.

 

Rizzoli, nella veste di amministratore unico della «Rizzoli Audiovisivi srl» (oggi Tevere Audiovisivi srl) società holding in liquidazione, avrebbe causato con dolo il fallimento di quattro delle società controllate: Produzione Internazionale srl, Ottobre film srl, Delta Produzioni srl e Nuove produzioni srl. Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Finanza hanno provveduto al sequestro di beni per un valore stimato pari a circa 7 milioni di euro, comprensivi della residenza della famiglia Rizzoli ai Parioli (21 vani), la tenuta «Cà de Dogi» e diversi terreni a Capalbio (GR) ed alcune quote societarie. L’operazione di oggi è l’epilogo di alcune indagini condotte dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dai pm Francesco Ciardi e Giorgio Orano avviate a seguito dell’istanza di concordato preventivo presentata il 30 aprile 2012 dalla Tevere Audiovisivi srl (già Rizzoli Audiovisivi spa e poi srl), storica casa di produzione televisiva e cinematografica costituita e diretta dall’editore, capogruppo di una holding composta da altre società operanti nel medesimo settore, tutte fallite tra il gennaio 2011 ed il marzo 2012.

Dalle indagini avviate prima sulle società fallite e poi sulla Rizzoli Audiovisivi in liquidazione è emerso che Rizzoli fosse il ‘dominus’ di queste imprese mentre gli amministratori facevano solo da ‘prestanomè, essendo privi di qualsiasi potere decisionale e percependo per il loro ruolo solo saltuarie remunerazioni dallo stesso imprenditore, che invece incamerava tutti gli utili. Dal 20O4 al 2011 Rizzoli avrebbe prelevato dall’Audiovisivi solo a titolo di compenso di amministratore oltre 6 milioni di euro, in controtendenza rispetto all’andamento economico della società e al progressivo aumento della sua esposizione debitoria. Chi indaga ritiene che Rizzoli utilizzasse le società controllate (poi dichiarate fallite) per la produzione in subappalto dalla controllante Rizzoli Audiovisivi di prodotti cinematografici e televisivi, i cui proventi venivano poi incamerati interamente dalla controllante stessa. Quest’ultima ometteva di pagare le fatture delle controllate operative, rendendo le stesse non in grado di far fronte ai debiti assunti nei confronti dei propri fornitori e soprattutto dell’Erario (per oltre 14,5 milioni di euro) e di Inps ed Enpals per oltre 6 milioni di euro. Da qui l’istanza di fallimento presentata da Equitalia. Tra le produzioni televisive realizzate dalle società poi fallite figurano le fiction tv «Capri», «Il generale Della Rovere», «Ferrari», «Cuore», «Marcinelle» e l’opera cinematografica «Si può fare».

Secondo la Finanza, insomma, Rizzoli ha fatto fallire le società del suo gruppo non per salvaguardare l’equilibrio patrimoniale della holding (peraltro anch’essa in stato di insolvenza), ma per il profitto personale proprio e della sua famiglia, tanto che nel tempo un notevole patrimonio immobiliare (oggi sequestrato) è concentrato nella Gedia srl, amministrata dalla moglie e poi uscita dal gruppo Rizzoli per sottrarsi ai creditori in sede di concordato.

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