Omicidio Chiara Poggi. Nuovo processo per Alberto Stasi

ROMA – Ci sarà un nuovo processo per Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara Poggi assassinata a Garlasco il 13 agosto 2007. La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza del 6 dicembre 2011 con la quale la corte d’assise d’appello di Milano aveva assolto Stasi, per non aver commesso il fatto, dall’accusa di omicidio confermando quanto deciso il 17 dicembre 2009 dal gup di Vigevano.

È stato, dunque, accolto il ricorso della procura generale di Milano e della famiglia di Chiara Poggi, che sollecitavano un processo d’appello bis. L’ex studente della Bocconi, partito da Roma ieri sera, ha appreso la notizia per telefono dai suoi legali. Si è detto «dispiaciuto, incredulo e stupito», spiegando a uno dei suoi avvocati di «non comprendere le ragioni di questa decisione». Anche Fabio Giarda, che fa parte del collegio difensivo, non si aspettava questo verdetto della Suprema Corte: «Eravamo di fronte a due sentenze granitiche e cristalline, conformi nel dichiarare l’assoluzione di Stasi. Bisognerà capire – ha commentato – se hanno accolto le richieste di rinnovazione dell’istruttoria sul capello o sulla bicicletta oppure se hanno annullato per vizi motivazionali».

Entro 90 giorni si conosceranno le ragioni per cui i giudici di Cassazione hanno disposto un secondo processo d’appello. Nei loro ricorsi, il pg di Milano e le parti civili chiedevano anche di riaprire l’istruttoria, lamentando il mancato sequestro di una bicicletta dell’imputato e sollecitando una nuova perizia sui gradini di casa Poggi, dove Chiara venne ritrovata morta, e un’analisi più approfondita del dna sul capello rinvenuto sul palmo della mano sinistra della vittima. Anche il sostituto pg di Cassazione, Roberto Aniello, aveva sollecitato ieri l’annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado. Chiara Poggi aveva 26 anni quando fu trovata morta nella sua villetta in via Pascoli a Garlasco. Fu proprio Stasi a dare l’allarme. Disse di essere entrato dalla porta socchiusa, di aver camminato sul pavimento sporco di sangue e di aver scoperto il corpo senza vita sulle scale che portavano in taverna. E le indagini puntarono sull’allora laureando alla Bocconi che finì anche in manette. I suoi difensori, sostenendo che sul conto di Stasi ci fossero solo degli indizi, riuscirono a farlo assolvere per due volte. Soddisfatti i genitori di Chiara dopo la Cassazione: «Finalmente qualcuno ci ha creduto, non abbiamo mai smesso di chiedere la verità per nostra figlia».

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