Ilva. Cassazione respinge richiesta libertà per Emilio Riva

TARANTO – Nuovo no della Cassazione al ritorno in libertà di Emilio Riva. Lo ha deciso la Suprema Corte. Si avvia quindi a un anno di arresti domiciliari il presidente dell’omonimo gruppo siderurgico a cui fa capo l’Ilva di Taranto. Con l’accusa di disastro ambientale, Emilio Riva è stato arrestato lo scorso 26 luglio insieme ad altre sette persone, tra cui il figlio Nicola e una serie di dirigenti dello stabilimento (tutti ai domiciliari) addetti agli impianti dell’area a caldo. I dirigenti sono tornati in libertà  qualche giorno dopo su provvedimento del Tribunale del Riesame, mentre Emilio e Nicola Riva a oggi rimangono ai domiciliari.

È da sottolineare che dopo l’ordinanza del 26 luglio, Emilio Riva è stato colpito da un secondo provvedimento restrittivo, sempre ai domiciliari, il 26 novembre, quando c’è stata la seconda fase dell’inchiesta  giudiziaria sull’Ilva (in quell’occasione fu anche sequestrato un milione e 700mila tonnellate di merci). Ed è proprio contro l’ordinanza di novembre che gli avvocati avevano fatto appello in Cassazione, che però ha sostanzialmente confermato quanto deciso in precedenti occasioni.
Libertà negata anche per Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento di Taranto, e Girolamo Archinà, l’ex addetto alle relazioni istituzionali dell’Ilva di Taranto, per il quale il 26 novembre era stato disposto l’arresto in carcere e che è ai domiciliari solo da qualche settimana. Anche
Capogrosso e Archinà si erano appellati alla Suprema Corte. Da aggiungere che oltre a Emilio e Nicola Riva, anche un terzo esponente della famiglia, Fabio, è stato colpito, sempre il 26 novembre, da ordinanza di custodia cautelare in carcere che però non è stata ancora eseguita trovandosi lo stesso Fabio Riva in Inghilterra dove si sta svolgendo il processo per l’estradizione (una nuova udienza è in programma questo mese).

Sempre oggi al Tribunale del Riesame di Taranto è cominciata la discussione sul ricorso presentato dal gruppo Riva contro il sequestro preventivo per 8 miliardi e 100 milioni disposto dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, il 24 maggio. L’udienza è stata aggiornata al 13 giugno in quanto sia la Procura di Taranto che gli avvocati dell’azienda (tra i quali debutta il penalista romano Franco Coppi) hanno presentato al Riesame una serie di documenti che i giudici del collegio dovranno ora esaminare. Il sequestro per 8 miliardi è stato disposto per equivalente e ai fini dell’eventuale confisca.  In sostanza, i periti dell’autorità giudiziaria ritengono che ammonti a 8 miliardi di euro il costo che bisognerà sostenere per risanare e bonificare le aree gravemente danneggiate dall’inquinamento prodotto dall’attività  industriale dell’Ilva. Il sequestro è relativo solo a beni, conti, titoli e partecipazioni della capogruppo Riva Fire. Escluso invece tutto ciò che attiene l’attività e la
produzione dello stabilimento Ilva di Taranto, in quanto la sua continuità operativa è salvaguardata dalla legge 231 del 2012.

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