ROMA – Entrano in scena gli studenti contro il piano scuola del Governo e per lanciare una battaglia d’attacco per la piena gratuità dell’istruzione, il reddito minimo e di formazione e una vera inversione delle politiche precarizzanti, delle quali il Jobs Act rappresenta l’apice di questi ultimi vent’anni. La giornata, diffusa anche tramite una comunicazione capillare sui social network attraverso foto nomination sui banchi #entrainscena, si preannuncia largamente partecipata con quasi 100 cortei in agenda.
“Oggi riempiamo 100 piazze del Paese perché non vogliamo più restare spettatori di fronte a un Governo che in nostro nome vuole distruggere i diritti all’interno delle scuole come dei luoghi di lavoro, instaurare la precarietà come sistema strutturale, instillare la competizione e la valutazione come strumenti di divisione e controllo, far trionfare definitivamente il neoliberismo come modello economico e sociale” – dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti – “L’idea di scuola che traspare dal progetto del Governo ci fa rabbrividire: la Buona Scuola di Renzi apre le porte agli interessi e ai finanziamenti delle imprese; da più poteri ai presidi; valuta e punisce docenti, studenti e scuole; assume la competizione e le classifiche premiali come unico fine; si appiattisce alle esigenze di un mercato del lavoro che ha bisogno di manodopera a basso prezzo, precaria e senza diritti; abbandona il suo fine educativo a favore di contratti di apprendistato, ossia lavoro gratuito e senza alcuna valenza formativa; finanziarizza gli strumenti per abbattere la dispersione scolastica”
“Animeremo il Paese non soltanto per contestare ma anche per creare una radicale proposta dal basso che parta dai veri bisogni di chi studia e di chi non riesce più a studiare” – continua Lampis – “Le alte percentuali di dispersione scolastica e di NEET sono il segnale di un Paese che non crede più nell’istruzione e nella conoscenza come strumenti di emancipazione. Rivendichiamo una Legge Nazionale sul diritto allo studio, massicci investimenti sul welfare studentesco attraverso l’istituzione di un reddito di formazione e di inserimento ad essa, al fine di raggiungere la completa gratuità dell’istruzione. Ripartire da un forte investimento pubblico sul diritto allo studio e sul welfare non significa soltanto abbattere le barriere economiche di accesso ai saperi, ma cambiare un modello di sviluppo ormai insostenibile.Dalla crisi non si esce trasformando le scuole in fucine di precari ricattabili, senza competenze critiche e senza consapevolezza dei propri diritti, ma investendo in istruzione e ricerca per abbattere le disuguaglianze e costruire un’altra società dove ognuno abbia le stesse opportunità e possa determinare i processi produttivi”
“Gli studenti hanno tante idee per cambiare la scuola: riforma dei cicli puntando ad un biennio unitario e ad un triennio specializzante per abbattere la canalizzazione precoce; innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni; didattica alternativa e laboratoriale; valutazione narrativa e processuale; stages di qualità; nuovi diritti e maggiore partecipazione; strutture sicure e moderne; nuovi programmi aperti alle differenze culturali, sessuali e religiose” – continua l’UdS – “Vogliamo una scuola della partecipazione e del pensiero critico, dove è possibile interrogarsi anche sul cosa si studia, determinando gli obiettivi didattici. La consultazione del Governo non è assolutamente bastevole oltreché tendenziosa e populista. Si ascoltino le piazze, perché la democrazia ha bisogno del protagonismo dei soggetti sociali!”
“Non siamo soli, a conferma di quanto la giornata di oggi possa diventare la scintilla per un autunno denso di mobilitazioni” – conclude l’UdS – “Con noi ci sono insegnanti, precari e studenti universitari, tutti coloro che oggi subiscono l’offensiva sul piano dei salari e del diritto allo studio e al lavoro. Renzi, con il Jobs Act, porta a compimento il processo di distruzione delle conquiste ottenute dalle lotte dei lavoratori, proseguendo sulla strada della flessibilizzazione del mercato del lavoro, conferendo maggiori possibilità al datore di lavoro di licenziare, controllare e demansionare i propri lavoratori. Vorrebbero farci accettare qualsiasi tipo di lavoro, magari sottopagato o gratuito, pena la disoccupazione. Non permetteremo che il Jobs Act venga approvato!”