Ucciso a colpi di pistola nel suo ufficio a Desio. Forse un regolaneto di conti

MILANO – Un uomo di 51 anni, Paolo Vivacqua, originario di Agrigento, è stato ucciso a colpi di pistola nell’ufficio di una ditta della sua famiglia a Desio (Monza Brianza) che si occupa di rottamazione di metalli.

A trovare il cadavere è stata la sua compagna preoccupata perchè l’uomo non tornava a casa. L’uomo è stato raggiunto da almeno cinque proiettili. Secondo gli inquirenti la dinamica somiglia a una tipica esecuzione della criminalità organizzata. Quando sono arrivati gli investigatori, l’uomo era seduto a una scrivania e sembra avesse ancora in mano la cornetta del telefono. Probabilmente è stato ucciso mentre stava telefonando da uno o più killer che hanno approfittato del fatto che il bar accanto alla ditta rispettava il giorno di chiusura.

Allo stato i carabinieri di Desio non formulano ipotesi sul movente del delitto. Tuttavia pnon viene esclusa la pista di un probabile regolamento di conti nell’ambito della criminalità organizzata. In un paese, Desio, in provincia di Monza e Brianza, in cui, tra l’altro, il Consiglio comunale, circa un anno fa, aveva dichiarato il proprio scioglimento per via del coinvolgimento di alcuni esponenti in un’inchiesta sulla ‘ndrangheta. Si trattava dell’operazione ‘Infinitò che aveva decapitato i vertici dell’organizzazione mafiosa in Lombardia.  In serata le froze dell’ordine  hanno sentito numerose persone, anche i figli di Vivacqua con i quali l’imprenditore condivideva parte dell’attività imprenditoriale. C’è stato anche qualche momento di tensione davanti alla ditta teatro dell’omicidio tra i parenti della vittima e operatori televisivi e fotografi. L’attività della vittima era piuttosto diversificata e, in passato, gli era costata anche qualche denuncia per irregolarità fiscali. Vivacqua aveva anche cercato di aprire una discarica per rifiuti non pericolosi in zona ma gli era stata negata l’autorizzazione , per questo aveva presentato ricorso al Tar, ma il suo ricorso era stato giudicato inammissibile dai giudici amministrativi.

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