Beppe Grillo e le salme politiche in televisione

Il fondatore del «Movimento 5 stelle», recente trionfatore delle elezioni amministrative, ha ordinato ai suoi candidati e militanti di non partecipare ad alcuna trasmissione televisiva. Qualcuno ha disobbedito ma ora ha preso l’impegno di non farlo più («È lui il fondatore del Movimento. Senza di lui non esisteremmo»).

L’idea di Grillo, nonostante le critiche dei tromboni politici di professione, è quella più intelligente che un cittadino italiano potesse tirare fuori. Lui, fin dall’inizio, ha fondato la sua azione politica sul web mentre tuttora la maggior parte delle salme che occupano il Parlamento deve pagare qualche portaborse perché gli scriva i messaggi su twitter o gli aggiorni il sito web. Silvio Berlusconi non tocca alcun computer, così come centinaia di altri rappresentati assisi nelle Camere che, tutt’al più, sanno smanettare sull’I-pad facendo un solitario ma difficilmente comunicano in modo efficace con i cittadini. Grillo ha rifiutato la televisione non per assecondare un imperativo ideologico ma perché, scoprendo l’acqua calda per la verità, è il primo leader politico ad aver compreso che quello è uno strumento oramai decrepito, utilizzato da una popolazione che in massima parte ha più di 40 anni.

Ma soprattutto Grillo rifiuta di partecipare alle trasmissioni più insopportabili, a quei talk show, che oramai hanno metaforicamente la stessa età del telegrafo senza fili o del piccione viaggiatore, in cui la comunicazione politica viaggia più o meno alla velocità di un plantigrado, con salme televisive che «argomentano» il loro pensiero mentre i giovani sono già usciti da casa salutando i nonni o si sono infilati le cuffie per ascoltare la loro buona musica.

Il comico genovese tratta a pesci in faccia anche i giornalisti televisivi e quelli della carta stampata. L’altro giorno, durante un comizio, ha rivolto sarcasticamente queste parole alle telecamere di Rai e Sky «vaf-fan-cu-lo, vaf-fan-cu-lo» perché, dice, è quella l’immagine che quelle stesse telecamere da sempre trasmettono, dando ad intendere che non si tratta di un leader politico ma di un parolacciaro privo di credibilità. Ed ha ragione anche in questo, perché non se ne può più di quelle decine di reggi-microfono che corrono indietro ai Maurizio Gasparri e ai Massimo D’Alema per strappare loro un vaticinio, come se fossero divinità azteche da cui dipendono le sorti del mondo.

Grillo sa che oggi la comunicazione politica deve giocare anche sui registri e quello comico e sarcastico è da sempre lo strumento principale per scardinare il potere (si pensi alla lezione del Dario Fo degli anni ’70),  deve presentarsi come un elemento di rottura con il passato, perché qualsiasi rivoluzione oggi deve necessariamente passare sulla strada del web. Come sottolinea Carlo Freccero – uno delle poche menti illuminate del tempo presente – «se la casta è chiusura e privilegio, la rete è partecipazione e apertura».

Ora le salme della politica lo temono più di qualsiasi altra cosa, perché hanno capito che Grillo potrebbe davvero sotterrarli. E questa volta, come avviene per ogni inumazione, per sempre.

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