Le dichiarazioni dei dirigenti leghisti sono quanto mai imbarazzate, dopo la perquisizione della Guardia di Finanza di ieri a via Bellerio e le accuse prospettate al suo tesoriere (dimissionario) Francesco Belsito. Matteo Salvini ha detto che « se c’è una responsabilità, questa verrà pesantemente punita. Le fatiche di tanti amministratori onesti non possono essere infangate dall’operato di uno». Manca soltanto il “mariuolo” e le parole sono le stesse che pronunciò Bettino Craxi qualche ora dopo l’arresto di Mario Chiesa nel 1992.
Altri leghisti hanno ripetuto il vecchio e stantio, anzi ammuffito ritornello sui “tempi” dell’inchiesta “ad orologeria”. Sempre la stessa solfa, per cercare di convincere il pubblico (e soprattutto i militanti disorientati) che, sotto sotto, i magistrati vogliono colpire politicamente il partito padano. Anche qui, nulla di nuovo rispetto alla vulgata craxiana di venti anni fa o berlusconiana di questi ultimi anni.
La realtà vera è, come sempre, un’altra. Un partito zarista-leninista-stalinista come
In sessantaquattro anni di democrazia costituzionale i partiti politici si sono guardati bene dal modificare lo scarno articolo 49 della Costituzione, introducendo alcuni obblighi stringenti, come ad esempio, quello di essere realmente democratici, con congressi almeno ogni tre anni e nomina per elezione dei dirigenti (e non per cooptazione), bilanci certificati e pubblici, finanziamenti strettamente legati alle attività. Gli incredibili investimenti in Tanzania della Lega sono soltanto il mostriciattolo generato da questa invereconda situazione legislativa.