Alitalia. Da domani cancellati 4 mila volti

ROMA – Immaginate 4.000 persone spazzate via come sabbia al vento in meno di un secondo.

E’ quanto accadrà allo scoccare della mezzanotte del 13 ottobre ai lavoratori di Alitalia Cai che ieri hanno manifestato per l’ennesima volta a Roma in Via Veneto, davanti al ministero dello sviluppo economico, per ricordare al governo e all’azienda che loro stanno ancora aspettando l’agognato posto di lavoro. Sì, sono trascorsi esattamente  4 anni, da quando l’allora premier Silvio Berlusconi, assieme al fido Giulio Tremonti, promisero mari e monti ai dipendenti, ora tagliati fuori per salvaguardare una parvenza di italianità di una compagnia di bandiera che ha perduto il timone. Chissà se la nuova dirigenza Alitalia si è mai chiesta cosa ci fosse veramente dietro a questi volti, dai quali, proprio ieri, nonostante la delusione, la rabbia e l’amarezza traspariva ancora un barlume, seppur impercettibile, di tiepida speranza.

La stessa che probabilmente ha tenuto in vita la protesta per tutto questo tempo di costrizione alla cassa integrazione.
Da domani sarà tutto finito.

I 4mila dipendenti sono rimasti ad aspettare con il fiammifero acceso fino all’ultimo minuto e ora si bruceranno le dita, perchè nessuno ha voluto soffiare quel vento delle promesse. Eppure sono gli stessi dipendenti che hanno contribuito a far grande la compagnia di bandiera, gli stessi che diversi anni fa avevano scelto questo tipo di professione, non come un ripiego, bensì come una vera e propria scelta di vita dalla quale non  si sarebbero più allontanati.
Tanti volti,  tutti di un’età compresa tra i 40 e i 50 anni. Volti che, ancora lontani dalla pensione,  difficilmente troveranno le porte aperte in questo disperato mercato del lavoro.
Quante professionalità cancellate in un batter d’occhio senza sia stata restituita ai diretti interessati quel minimo di dignità per uscire sconfitti, ma a testa alta. Perfino ai tempi dei romani veniva concesso l’onore delle armi in segno di rispetto. Qui no.  
Chissà quante volte li abbiamo visti anche noi questi volti. Un tempo dispensavano sorrisi e avevano una parola per tutti, mentre ora le loro divise stropicciate sono solo degli abiti vecchi abbandonati su una scalinata di un palazzo decadente, quasi fossero il simbolo di un passato inenarrabile. Li incontravi  a bordo degli aerei  contraddistinti dalla nota livrea verde bianca e rossa, magari su una tratta Roma Milano mentre si aggiravano tra i sedili dei passeggeri a controllare che tutti avessero le cinture, o su una Milano New York a placare le tensioni e a tenere la mano a chi la paura del volo non riusciva proprio a sconfiggerla.

Altro che hostess con la limousine, come aveva scritto un noto quotidiano nazionale, per screditare la professionalità dei lavoratori e delle lavoratrici del trasporto aereo. I media non sono mai stati clementi con questi volti, neppure adesso che alcuni di loro vivono momenti di pura esasperazione.
Quanti volti dimenticati dietro alle scrivanie degli uffici a pianificare le tratte, a equilibrare i carichi,  dentro gli hangar ad ispezionare con minuziosa attenzione ogni centimetro di quel gigantesco volatile di ferro, quanti volti dietro ai banchi di accettazione degli aeroporti, ai gate d’imbarco mentre un lui o una lei ti indicavano la via che ti avrebbe portato chissà dove, ma lontano.

Quante vite dietro a questi volti, ognuno dei quali avrebbe il diritto di essere ricordato per il contributo che non lascerà nessuna eredità. Ma per molti erano e sono solo una categoria di viziati privilegiati. Volti da dimenticare in fretta per evitare rimorsi inattesi, per disintegrare un ricordo troppo scomodo. Eppure dietro a quei volti gli aerei volavano. E un tempo volavano alto.

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