Libri. “Io le patate le bollo vive. Ricerca, sperimentazione animale, vita”

Intervista agli autori Roberto Sitia e Giuliano Grignaschi 

Il libro che trae ispirazione da una nota frase di Rita Levi Montalcini è stato scritto a quattro mani da Roberto Sitia e Giuliano Grignaschi, edito da Einaudi. La pubblicazione di questo dettagliato saggio si propone di fornire al lettore dati e considerazioni pratiche sull’uso dei modelli animali nella ricerca scientifica. 

Attraverso l’esperienza degli autori emerge con assoluta oggettività una profonda riflessione che mette in luce una tematica di grande attualità connessa direttamente con la ricerca e con l’importanza delle scoperte scientifiche dell’ultimo secolo.

Quali sono alcuni dei principali miti o fraintendimenti sulla sperimentazione animale che volete sfatare con il vostro libro…

Innanzitutto, il nostro libro vuole far comprendere alla società che ricercatori ed operatori coinvolti farebbero volentieri a meno di utilizzare animali se questo fosse scientificamente, umanamente e animalmente possibile.
 
Scientificamente perché a tutt’oggi esistono solo pochi modelli realmente alternativi che non coprono tutti gli ambiti di ricerca e non possiamo rischiare altre catastrofi come quella della talidomide.

Umanamente perché la scelta di utilizzare un modello animale è molto pesante sia dal punto di vista etico che da quello economico.
Qualsiasi modello alternativo nel solco delle 3R (ridurre, rimpiazzare, rifinire) sarebbe meno costoso sia dal punto di vista economico (e si sa quanto magri siano in Italia i finanziamenti), sia dal punto di vista emotivo (gli addetti soffrono nel produrre sofferenza a esseri potenzialmente senzienti anche se certi di farlo per diminuire la sofferenza totale del sistema on cui operano).

Animalmente, perché enormi sono i benefici che ricerca che sfrutta modelli animali offre al mondo animale stesso. Si pensi ad esempio ai vaccini e alla prevenzione e cura delle malattie veterinarie che garantiscono il benessere degli animali di compagnia e delle zoonosi. 
Purtroppo, si sente ancora dipingere coloro che usano modelli animali come “sadici vivisettori”, come se essi trovassero soddisfazione nell’indurre sofferenza. È vero esattamente il contrario, come può facilmente verificare chiunque visiti un istituto di ricerca.

I metodi utilizzati nel 1800 dal padre della moderna Fisiologia, Claude Bernard, distano anni luce da quanto avviene oggi nei laboratori, dove tutti gli operatori hanno fatto propria la crescente sensibilità per la tutela degli animali senzienti. 

La stragrande maggioranza dei ricercatori ha fatto proprio il crescente desiderio di proteggere la natura che ci circonda. Coraggiosamente, essi si assumono la responsabilità di una scelta molto difficile e dolorosa -sia umanamente che economicamente- nella convinzione di apportare benefici alla comunità a cui appartengono: comunità composta da animali umani e non umani.

Troppo spesso si sentono ancora pronunciare critiche e accuse che non sono sostenute da alcun dato reale. La soluzione di un problema non si ottiene con slogan gridati, ma con oculate analisi di dati e proiezioni delle possibili conseguenze del compiere una certa azione.

Non minore deve essere la nostra attenzione alle conseguenze del non compierla. Probabilmente, chi decise di liberare gli animali custoditi in un laboratorio italiano non fu contento della propria impresa quando seppe di averli così condannati a morte certa. Analogamente, è facile immaginare il senso di colpa del comitato che approvò la distribuzione del Talidomide senza richiedere ulteriori controlli in modelli animali.

Emerge quindi un secondo messaggio di fondamentale importanza: l’argomento che trattiamo nel libro è di molto difficile soluzione, ma non necessariamente divisivo come spesso viene definito.

Per nessuno di noi è facile orientarsi in un argomento difficile. Tanto più un problema tocca da vicino la nostra sensibilità, tanto più rapidamente vorremmo vederlo risolto. Tendiamo quindi ad affidarci a soluzioni che ci appaiono facili.

Ed ecco l’imporsi di soluzioni semplicistiche. La soluzione di un problema difficile non è mai facile. La migliore, o meglio la meno peggiore, si ottiene soltanto con studio, analisi, attenzione, rispetto di tutti gli interlocutori e volontà di raggiungere un compromesso che scontenti tutti in ugual misura.

Chi condanna l’uso di roditori nei laboratori è pronto a rinunciare alla derattizzazione delle proprie città? Rinuncia anche a vaccini e presidi veterinari che sono stati ottenuto con la ricerca? Lasciamo slogan e cori ai tifosi e cerchiamo di lavorare insieme.

Parlate delle leggi e delle regolamentazioni rigide che disciplinano la sperimentazione animale. In che modo queste leggi sono cambiate nel corso degli anni e come influenzano la ricerca?

Il mandato del legislatore è intervenire per normare un determinato ambito nel momento in cui la società ne evidenzia l’esigenza. Vale la pena guardare brevemente a come i rapporti tra homo sapiens e altri animali si sono evoluti con la rivoluzione industriale. Nella seconda metà del 1800, nascono in Europa le prime associazioni di protezione degli animali. Grazie alla loro campagna, vengono promulgate le prime normative nell’ambito della protezione degli animali utilizzati in ricerca. 

OSPEDALE SAN RAFFAELE

Da quel momento in poi, sull’onda di una sempre crescente sensibilità nei confronti degli animali non umani, i legislatori di molti paesi entrano sempre più in profondità nel regolamentare queste attività.

Nonostante qualche ricercatore abbia lamentato un aumento dei costi e degli obblighi burocratici, l’influenza sulla ricerca è largamente positiva. Infatti, una maggiore attenzione al benessere degli animali comporta una maggior attenzione al disegno sperimentale e una migliore qualità dei risultati scientifici ottenuti. In sintesi, una riduzione del numero di animali necessari, senza diminuire la portata delle informazioni ottenibili.

Dott. Grugliaschi, in che modo la sua esperienza come Responsabile del Benessere Animale degli stabulari dell’Università Statale di Milano influisce sulla sua visione della sperimentazione animale e sulla scrittura di questo libro?

Il mio ruolo mi impone di controllare tutti i dati relativi all’utilizzo degli animali in Ateneo: a partire dalla valutazione dei progetti, alla loro esecuzione e, infine, alla loro rendicontazione. Grazie al lavoro quotidiano di tutto il mio gruppo, possiamo oggi garantire il rispetto delle normative vigenti e quindi verificare che solo le sperimentazioni considerate scientificamente valide vengano svolte secondo quanto stabilito dalle leggi europee e nazionali.

Inoltre, la crescente attenzione alla formazione e all’aggiornamento degli operatori fa si che la continua applicazione delle migliori pratiche sia una realtà. Tutto questo ovviamente mette il mio ufficio in una posizione pivotale nella valutazione di un nuovo progetto di ricerca. La sperimentazione animale come ”extrema ratio” a cui ricorrere solo quando non esistano altri metodi per ottenere un risultato scientificamente valido.

Potete condividere qualche esempio concreto di come la sperimentazione animale abbia portato a progressi significativi nella ricerca medica?

Il frequente ricorrere di questa domanda dimostra come ancora manchi reale percezione del fatto che praticamente tutto quanto sappiamo sulla biologia e fisiologia degli animali (umani e non umani) è frutto di esperimenti fatti su modelli animali.

All’inizio del ‘900, fu il il “moscerino della frutta” (Drosophila Melanogaster) a premettere a Morgan di fondare la genetica moderna, dimostrando il ruolo centrale dei geni nella trasmissione dei caratteri ereditari approfondendo quanto scoperto da Mendel nei suoi classici studi su colore e rugosità dei piselli.

L’assone gigante del calamaro permise di scoprire i meccanismi che consentono la trasmissione degli impulsi nervosi. Ne ho ammazzati novecento è il titolo di un bel libro di Luca Landò, che tradì la neurobiologia a favore della letteratura.

Le vacche da latte permisero a Jenner di comprendere come prevenire l’insorgenza del vaiolo. Grazie al vaccino, siamo riusciti a debellare completamente una malattia che aveva causato centinaia di milioni di vittime, proteggendo non solo Homo sapiens, ma anche bovini a altre specie colpite dal virus.

Ci preme inoltre ricordare come l’attenzione dei sistemi di sorveglianza farmacologica evitò agli USA la catastrofe causata dal Talidomide.

In Europa, la somministrazione di questo farmaco a donne in gravidanza causò molte decine di migliaia tra aborti e nascita di bimbi con gravi malformazioni. Nonostante le pressioni di molti gruppi di interesse, gli addetti americani non permisero la vendita del farmaco, avendo giudicato insufficienti i controlli della sua tossicità.

Mancavano infatti alcuni esperimenti in modelli animali. Pensate quante proteste potrebbe suscitare oggi il diniego all’uso di un farmaco potenzialmente utile, specie in condizioni di emergenza. Non dimentichiamo che durante la recente crisi COVID un presidente americano prese posizione a favore di un farmaco che si dimostrò poi essere del tutto inutile (ma fortunatamente non tossico…).
Restando in tema COVID, siamo riusciti a superare la drammatica pandemia di SARS-COV-2 grazie a modelli animali sviluppati nel 2003, alla comparsa di SARS-COV-1.

Nel vostro libro, menzionate i progressi nella sostituzione delle cellule viventi con modelli in vitro o in silico. Queste nuove metodologie stanno cambiando il panorama della sperimentazione animale

Un imperativo della comunità scientifica è oggi ridurre costi economici ed emotivi della sperimentazione animale.  
Assai intensa è pertanto la ricerca di metodi che permettano di aumentare le nostre conoscenze senza ricorso a modelli animali, e continui sono i miglioramenti in questo ambito.

Organoidi, colture di cellule staminali pluripotenti ottenute da donatori adulti, e modelli computazionali ci hanno già permesso di affrontare un grande numero di quesiti risolvendoli con maggiore rapidità e minori costi.

Servono ora investimenti, duro lavoro e tempo, ma siamo certi che il futuro ci riserverà una continua diminuzione del numero degli animali senzienti necessari a necessari a garantire sicurezza e progresso scientifico e ancor più delle loro sofferenze e disagi.

Gli autori

Giuliano Grignaschi ha ottenuto il diploma per “Tecnico di ricerca farmacologica” rilasciato dall’IRCCS-Istituto Mario Negri nel 1989 e la Laurea in Analisi Chimico Biologiche presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” nel 2007. Dal 1989 al 2005 ha svolto l’attività di ricercatore nel dipartimento di Neuroscienze, Laboratorio di Neurobiologia Molecolare, dell’IRCC-Istituto Mario Negri, pubblicando circa 30 articoli scientifici su riviste peer-review internazionali.

Dal 2005 Giuliano è stato nominato responsabile dell’Animal Care Unit dell’IRCCS-Istituto Mario Negri con il compito di assicurare il rispetto delle normative (Italiane ed Europee) vigenti in merito alla protezione degli animali utilizzati nella ricerca biomedica; Giuliano è anche stato Responsabile Qualità nell’ambito della Certificazione UNI EN ISO 9001:2008 ottenuta per il processo di assistenza all’allevamento e alla sperimentazione animale dedicati alla ricerca biomedica.

Dal 2019 Giuliano ha assunto il ruolo di Responsabile del Benessere Animale degli stabulari dell’Università degli Studi di Milano dove è anche Responsabile Qualità nell’ambito della Certificazione UNI EN ISO 9001:2015 ottenuta per il processo di gestione delle aree si sperimentazione pre-clinica.

Giuliano coordina numerosi corsi di formazione presso l’Università degli Studi di Milano, è Vice-Presidente di Animal Reserach Tomorrow (ex Basel Declaration Society), Segretario Generale di Research4Life e membro del consiglio direttivo di EARA (European Animal Research Association).

Roberto Sitia, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia e la specializzazione in Ematologia all’Università di Genova, ha lavorato a lungo negli USA, presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center a New York e nel Regno Unito, presso il Laboratory of Molecular Biology del Medical Research Council a Cambridge, e l’Istituto Scientifico Tumori di Genova.

Arrivato al San Raffaele nel 1990, ha partecipato alla fondazione del Dipartimento di Biologia e Tecnologia (DiBiT) e dell’Università Vita Salute San Raffaele. Membro dell’EMBO, si è sempre battuto per lo sviluppo delle scienze biomediche a livello italiano, europeo ed internazionale, partecipando alla fondazione dell’European Network of Immunology Institutes (ENII) e dell’European Life Sciences Organization (ELSO). Autore di oltre 170 pubblicazioni è considerato un leader internazionale nella secrezione proteica e nella biosintesi degli anticorpi.

Insegna all’Università Vita-Salute San Raffaele e coordina un gruppo di ricerca presso il DiBiT dedicato allo studio dei meccanismi con cui la cellula sintetizza le proteine destinate alla secrezione, che risultano alterati in malattie come per esempio la fibrosi cistica o l’amiloidosi.

Condividi sui social

Articoli correlati