TARANTO – Sono 200.000 gli italiani clandestini sbarcati a Taranto per il concerto del primo maggio. La loro provenienza è varia, come tutte le colonie della storia, le loro terre hanno nomi imposti da altri o dalle circostanze, vengono dalla “Terra dei fuochi”, dalla “Terra delle trivelle”, dalla “Terra dei veleni”, dalla “Terra dell’Ilva”, dalla “Terra dell’amianto”.
Qualcuno anche dalla “Terra di mafia” come Raffaella Ottaviano, commerciante che diede vita inizialmente da sola, poi seguita a ruota dagli altri cittadini, il “modello Ercolano” di lotta al pizzo richiesto dai clan camorristi della zona. Presente al dibattito anche Albina Colella, docente dell’Università della Basilicata, diffidata dall’ENI per “attività denigratoria” nei suoi confronti. Si è occupata delle trivelle, delle vicende del Pertusillo, dell’estrazione petrolifera e delle sue conseguenze sulla regione più povera d’Italia, ma più ricca di petrolio.
Alla Basilicata e ai comuni interessati dall’attività estrattiva va circa il 7% di royalties, i diretti occupati non raggiungono le 500 unità.
Nel blog dorsogna.blogspot.it di Maria Rita D’Orsogna, fisica, docente universitaria, blogger del Fatto Quotidiano e attivista ambientale, si legge testualmente: “In Norvegia fanno così: il governo è spesso co-proprietario dei pozzi di petrolio e riscuote direttamente sui profitti, oltre che applicare varie tasse ai petrolieri. E come funzionano queste tasse in Norvegia? Eccole qui:
1. Tasse ordinarie – 28% del ricavato
2. Tassa speciale sul petrolio – 50% del ricavato
3. Tassa sulle emissioni di CO2 e di NOx
4. Tassa sulle emissioni di gas serra
5. Tassa sullo sviluppo della zona
6. Interesse diretto allo stato (SDFI)
7. Tassa sulla licenza petrolifera”
La Basilicata, o meglio la Terra delle Trivelle continua ad essere la regione più povera d’Italia. Oltre a lei, era presente anche un altro pezzo d’Italia clandestina, don Palmiro Prisutto, parroco di Augusta. Nella sua lettera inviata alla trasmissione televisiva Ballarò si legge testualmente: “Il nome di Augusta, di solito, ormai si trova unito a Priolo e Melilli, con le quali condivide un destino amaro: l’olocausto industriale. […] su 40 kmq di territorio sono state concentrate 12 industrie ad alto rischio (tre centrali termoelettriche, una fabbrica di cloro a celle di mercurio, quattro raffinerie, un cementificio, un inceneritore, una fabbrica di magnesio, un depuratore ed altro)”.
Le conseguenze sanitarie del triangolo Augusta-Priolo-Melilli sono immaginabili. L’area è stata definita ad alto rischio ambientale (oltre ad essere ad alto rischio sismico).
I provvedimenti? Niente, clandestini pure loro. Presente anche Renato Accorinti, sindaco di Messina. Per la prima volta il comune di Messina sarà rappresentato alla commemorazione dell’omicidio di Peppino Impastato, alla strage di via d’Amelio e a quella di Capaci. L’11 maggio sarà concessa la cittadinanza onoraria al magistrato Nino Di Matteo. Terra clandestina che, dopo una vittoria incredibile alle elezioni, forse più che lo statuto speciale meriterebbe la cittadinanza italiana onoraria, visti i tempi. Clandestini, però, non solo gli ospiti, ma anche le tematiche, tra cui anche quella principale a cui è tradizionalmente legato il concertone di Taranto, la lotta contro l’inquinamento industriale, soprattutto dell’Ilva.
A tal proposito sul Corriere della Sera si leggeva a proposito delle ricerche effettuate dai consulenti Ilva: “Bondi nella lettera condivide le conclusioni cui giungono i consulenti dell’Ilva: non esiste correlazione fra picco dei tumori a Taranto e l’inquinamento dell’Ilva, a Taranto i tumori dipendono dall’elevato consumo di sigarette e quindi dal fumo essendo Taranto città portuale e marittima.”
Enrico Bondi era stato scelto l’11 aprile 2013 dalla famiglia Riva come amministratore delegato dell’Ilva di Taranto e nel giugno dello stesso anno nominato dal governo Letta come commissario nella stessa azienda. L’Istituto Superiore di Sanità, attraverso il “Protocollo Sentieri” aveva fornito dati epidemiologici secondo cui a Taranto le diagnosi di tumori infantili superavano del 50% quelle del resto della regione, la mortalità infantile del 20%. In mondovisione i bambini italiani hanno cantato “siam pronti alla vita” nell’inno nazionale, lo sono anche quelli di Taranto, stanno solo attendendo il momento giusto, da qualche decennio. Le 200.000 persone presenti a Taranto non le ha viste nessuno.
Neanche quelli che parlano del “loro popolo” riferendosi agli oppressi, a chi vive situazioni di difficoltà e quale oppressione maggiore può esserci della negazione del diritto alla vita?
Il loro popolo chiede legalità, chiede che Taranto non sia più il teatro di un ignobile scontro tra provvedimenti della magistratura e decreti che puntualmente li annullano, che Nino Di Matteo non venga lasciato da solo, che i siti di interesse nazionale a bonifica vengano bonificati. Lo hanno urlato con gioia, con proposte, con energia. Hanno pulito il parco il giorno dopo in maniera assolutamente volontaria.
Una settimana dopo, quali sono state le conseguenze? Chi si è preso la briga di dare almeno un’apparente risposta alle domande di 200.000 cittadini? L’unico evento degno di nota è stata la petizione portata avanti in Commissione Europea da PeaceLink con Antonia Battaglia con il sostegno durante la discussione dell’europarlamentare tarantina Rosa D’Amato. Il popolo del primo maggio merita risposte e finché non ci sono può solo rispondere con la frase di un altro “maggio”: “Verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte”.