Elezioni. Grillo e Giannino. Tra demagogia e mezze verità

ROMA – Ultime giornate di una campagna elettorale che ogni giorno offre colpi di scena indimenticabili. Oggi tutti a chiedersi a chi andranno i voti di Oscar Giannino, leader di “Fare per fermare il declino”, che si è giocato le elezioni con un master inesistente a Chicago.

Giannino si difende, ammette l’errore e tira in ballo addirittura il sito di Wikipedia dove non si sarebbe accorto di questo rilevante particolare riportato proprio sul suo profilo. Infine si dice pronto a lasciare la  candidatura su questa vicenda vergognosa che lui stesso ritiene gravissima. Vicenda, che domani sarà al vaglio del consiglio del partito che lui stesso ha fondato e che deciderà se chiudere un occhio oppure ritirare dalla competizione elettorale il suo candidato. “Chiedo scusa ai nostri elettori”, implora intanto Giannino. “Il mio è stato un errore gravissimo.  La linea di chiarezza che vogliamo portare avanti è netta e mi sono assunto tutte le responsabilità”.

Mentre Giannino cerca di ricostituire un po’ di credibilità perduta, lo tsunami tour arriva a Milano dove Beppe Grillo , come al suo solito, spara a destra e manca per fare il colpo grosso nella regione lombarda.
“Il mio grido è arrendetevi, siete circondati dal popolo italiano”, grida dal palco di Piazza Duomo.  E ancora: “Arrendetevi e vi prometto che non useremo violenza su di voi, vi accarezzeremo come si fa con i malati di mente. Dovete andarvene finchè siete in tempo”.
Parole durissime che confermano tutta la violenza verbale che il comico genovese  porta dentro di sè e riesce ad esprimere da buon demagogo a tutti i delusi con l’intenzione di farsi riconoscere come l’uomo dall’etica politica impeccabile. Poco importa se alcuni dei suoi militanti lo hanno considerato un dittatore, se sono stati epurati, se parlano di una cerchia blindata e ristretta che detta mil bello e il cattivo tempo in questo movimento che invece dovrebbe parlare dal basso.

“Sta finendo un’epoca, – aggiunge Grillo – si vogliono coalizzare e allora zampettano nei talk show”, tuona riferendosi ai vecchi politicanti.
Qualcuno storce il naso quando il comico incalza: “Dietro di me ci sono io e dietro Casaleggio c’è Casaleggio, due persone che fanno qualcosa per gli altri senza un ritorno economico”.
A dar man forte al comico sale sul palco anche Dario Fo: “Mi sembra di essere ritornato indietro di parecchi anni, alla fine della guerra. Allora ci fu una festa come questa e c’era tanta gente come voi, felice piena di gioia. Non dico speranza, ma certezza che si sarebbe rovesciato tutto e non ci siamo riusciti, fatela voi per favore, ribaltate tutto per favore”. E Grillo replica “Il più grande amico della mia vita è venuto a trovarmi. Abbiamo fatto un libro insieme e Repubblica si e rifiutato di fare la recensione al Premio Nobel”.
Insomma quello di stasera è un Grillo populista, che, cosa alquanto facile in questi periodo di crisi,  parla alla pancia della gente, incita la folla, ma poi rimanda all’azione finale  gli altri con il solito “ribellatevi”. Insomma del tipo,  facciamo la rivoluzione ma voi andate avanti. Altro che V per vendetta dove il vero leader si sacrifica.

Persino Adriano Celentano è caduto come un pero  nella rete di questa campagna elettorale e a pochi giorni dal voto ha scritto una canzone che palesemente inneggia al Movimento 5 Stelle, elogiandone la politica del cambiamento che esprime.  Grillo intanto non molla e continua la sua arringa: “Altro che redditometro,  – dice – prima che andate via vi faremo un politometro per misurare il patrimonio prima, durante e alla fine del  regno politico. E se i dati non coincidono la magistratura interverrà e ci prenderemo quello che si sono mangiati, abbiamo diritto a un risarcimento. Sta finendo un’epoca e non l’hanno capito. Il nano ha letto in tv il programma delle 5 Stelle”.  E infine: “Cgil, Cisl e Uil hanno le stesse reponsabilità che hanno avuto i partiti nella disintegrazione del lavoro in questo paese”.
Paese che Grillo promette di cambiare in due anni. Insomma,  i comizi di Grillo somigliano tanto a quelli dei primi anni ’90 della Lega, quando Umberto Bossi tuonava contro Tangentopoli e dichiarava guerra  alla vecchia politica.
Ma di nuovo all’orizzonte si vede poco nulla. Il 22 il comico genovese replica a Piazza San Giovanni, giorno in cui si chiuderà ufficialmente la sua campagna elettorale.

Nel frattempo Mario Monti forse inconsapevolmente fa azione da disturbo. Sì, perchè il giorno prima chiude le porte a ipotetiche alleanze e il giorno successivo le apre, quasi fosse preso dal panico di rimanere fuori dai giochi.
Torna a parlare di larghe intese, il professore, e si dice favorevole alle grandi coalizioni sia per raggiungere una maggioranza alla Camera che al Senato. Ma con chi? Di sicuro non con il centro sinistra, con il quale – oggi ha ribadito  – non potranno esserci accordi futuri: “Nessun accordo futuro con la coalizione attuale del polo di centrosinistra, che ha una posizione sulle riforme strutturali e per rilanciare il lavoro che è profondamente diversa dalla nostra”, ha sottolineato.

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