La politica torni ai circoli e agli iscritti. No ai capi corrente

ROMA – La formazione del governo di necessità, Letta-Alfano, ci permettere di affrontare i problemi urgentissimi dei lavoratori, delle imprese  e di cambiare la legge elettorale. Per il PD si apre una fase di riflessione e di cambiamento per la sua rinascita.

Perché ciò che è successo tra i “grandi elettori” del PD ha grandemente compromesso la credibilità dei democratici. Sono accadute cose  imperdonabili: attacchi personali al vetriolo, insufficiente ricerca del consenso sulle proposte Marini e Prodi, gruppi interni che si sono trasformati in partitini, slealtà, rovesciamento repentino di impostazioni politiche. Abbiamo assistito alla trasformazione radicale del PD: la legittima diversità di opzioni non ha avuto una sintesi unitaria e gruppi organizzati hanno agito come autonomi partiti con proprie politiche,  rifiutando e negando il principio di maggioranza, cioè uno dei pilastri di una qualsiasi organizzazione. Sono saltate personalità insieme alle regole e al senso di comunità politica nazionale. Le dimissioni del segretario e della segreteria sono state una conseguenza traumatica e necessaria. Così si è entrati in una crisi strutturale. Per superate tutto ciò e per ricostruire il PD c’è bisogno di un congresso “costituente dal basso” che assuma nitidamente valori, regole, sedi e organismi dirigenti, che dia ruolo e potere agli iscritti superando, correnti, sub correnti, personalizzazione e plebiscitarismo. Occorre una rinascita che parta dalla società e dalle tante energie che formano il PD.
La rinascita non potrà avvenire con le forme del passato, cioè con l’accordo di ristrette élite personalistiche e in permanete conflitto tra loro (il caminetto), ma da un processo consapevole e partecipato degli iscritti e dei circoli per poter ricostruire rappresentanza sociale, gruppi dirigenti, valori, solidarietà intergenerazionale, politica e indicare forme più ampie di partecipazione. Occorre una vera e propria “costituente delle idee” per ridare vita ad un partito pluralista, partecipato, organizzato nella società, nel mondo dei lavori e nell’intellettualità.

Per la rinascita è indispensabile ragionare sui perché della crisi verticale del PD. Certamente il risultato non positivo delle elezioni è stato determinante. Le forze popolari del centro sinistra non hanno raccolto il consenso necessario per aprire una pagina più  avanzata della democrazia italiana in grado di superare con il berlusconismo la crisi economica e morale. Il voto popolare si è tripartito. Qui è la sconfitta. Tuttavia, la questione rimane ancora urgente e quanto mai aperta. L’imminente congresso del PD dovrà affrontare questo nodo essenziale e non potrà essere frettoloso, senza confronto e coesione, percorso da personalismi e da correntismi. Non dovrà vedere votanti organizzati dalle correnti a prescindere dal dibattito politico, perché ciò soffoca la libertà di scelta e la partecipazione consapevole degli iscritti. E abbiamo visto non costruisce un partito. Agli iscritti e ai circoli, e non ai capi corrente, va consegnato (per la prima volta) lo scettro della decisione sulla politica e sui gruppi dirigenti del partito, cominciando dalla elezione del proprio segretario nazionale che dovrà essere non più eletto con le primarie plebiscitarie ma dal congresso.

Per fuori uscire dalla crisi, i democratici debbono avere una nuova idea di società, pacifica e democratica, in grado di superare ineguaglianze e privilegi,  di tutelare i beni comuni e la natura, di considerarsi  cittadini europei e promotori della piena dignità delle persone, di promuovere i nuovi diritti civili e di genere, di concepire saldate insieme libertà, solidarietà, e inclusione multietnica, di combattere la speculazione finanziaria e l’assetto burocratico dello Stato, di dare centralità al lavoro e all’interesse generale.
Nell’impegno che guarda al futuro per una società non liberista, si scorge la modernità e l’intreccio stretto tra le nuove idealità socialiste, ecologiste e solidaristiche. In questi anni siamo stati criticati per aver costruito un partito eclettico con una debole identità ideale. Abbiamo il dovere, quindi, di dare risposte convincenti: il prossimo congresso dovrà fare delle forti e innovative scelte ideali e politiche. Tra queste c’è la dimensione europea. I democratici dovranno schierarsi dalla parte della ripresa economica solidale, dello sviluppo sostenibile europeo contro il rigore e la recessione imposta dalle destre. Per sconfiggere  le forze liberiste che hanno interrotto e deviato su binari neo-nazionalistici ed egoistici l’UE, occorrerà battersi per una svolta democratica in grado di fare dell’Europa una moderna e democratica federazioni di Stati con al centro il Parlamento. Quindi il  nostro congresso sarà chiamato ad indicare, fin dalle elezioni del 2014, idealità e proposte per  costruire un grande schieramento culturale, sociale e politico avendo al centro le forze socialiste, in cui dobbiamo decidere finalmente di far parte.

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