GENOVA – A volte ci sono nomine che suscitano qualche perplessità. Perché non si conoscono le competenze specifiche dei nominati, o perché è difficile individuarle. Perché riguardano protagonisti di vicende precedenti che consentono di sollevare dubbi. Perché alla fine sembra che l’unica logica sia quella dei meccanismi del potere. L’ultimo esempio, forse, lo può fornire la proposta di nominare Gianni De Gennaro presidente di Finmeccanica. E in questo caso si tratta certamente di un percorso incontrastato lungo il potere. Con caratteristiche bi-partizan, potremmo dire.
Dopo aver preso parte all’estradizione di Buscetta e assunto l’incarico di dirigente della Criminalpol, De Gennaro viene nominato vicecapo della polizia da Maroni, che è ministro degli Interni nel primo governo Berlusconi (1994). Manco a dirlo, Amato lo promuove capo appena giunto a presiedere il governo di centrosinistra, nel maggio 2000. Poi c’è Genova, la Diaz, ma di questo parliamo più avanti.
Nel 2007 Amato è ministro degli Interni nel governo Prodi: quale migliore occasione per nominare De Gennaro capo di gabinetto, e dirigere così nomine e promozioni di prefetti e questori! Un anno dopo Prodi scopre che c’è l’emergenza rifiuti in Campania. Ci vuole l’uomo giusto, e tacchete, De Gennaro viene nominato commissario straordinario. E’ l’11 gennaio 2008. Il problema è pesante, l’incarico non produce effetti positivi, la monnezza dilaga. Per fortuna Prodi cade, torna B. e il 26 maggio un’altra gloriosa b (ovviamente Bertolaso) sostituisce De Gennaro, che si consola con la direzione del DIS, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Poi, con Monti, un’altra promozione: sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega ai servizi. Secondo alcuni questo potrebbe essere un intoppo alla prevista nomina, perché chi ha assunto incarichi di quel tipo non può assumere il nuovo ruolo nei successivi 12 mesi, cioè fino all’aprile 2014. Ma un marchingegno lo si troverà certamente, anche Napolitano è d’accordo.
In mezzo ci sono Genova e La Diaz. Rileggiamo le motivazioni della sentenza della Cassazione con la quale i più alti dirigenti della polizia, fra i quali Francesco Gratteri, tutti uomini di De Gennaro, sono stati condannati a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. “… la decisione di irrompere nella scuola Diaz era stata preceduta dalla seconda riunione, tenutasi presso la Questura di Genova, e Gratteri – secondo la direttiva giunta dal capo della polizia che richiedeva un’attività più incisiva dopo i gravi fatti che avevano interessato la città di Genova – aveva assunto la funzione di comandante secondo la linea di comando, una volta venuta meno la figura di Andreassi, il quale non aveva partecipato alla seconda riunione in quanto dissociatosi dalla linea assunta per lo svolgimento dell’operazione, sconsigliata – a suo dire – anche dall’allora indagato La Barbera, come già evidenziato, il quale aveva notato “questo nervosismo”, aveva “subodorato che le cose non sarebbero andate bene, perché ognuno conosce gli animali suoi”.
Nell’aprile 2008 era stato richiesto il rinvio a giudizio per De Gennaro per istigazione alla falsa testimonianza nei confronti dell’ex questore di Genova Francesco Colucci. Dopo l’assoluzione in primo grado e la condanna in appello, il terzo grado lo ha assolto nel novembre 2011. Ma la motivazione della sentenza della Cassazione che abbiamo riportato non si presta ad equivoci: c’è una responsabilità nell’aver “richiesto un’attività più incisiva”, e di quale incisività si sia trattato e fin troppo noto per doverlo ricordare ancora una volta.
Allora il punto resta sempre lo stesso di tante, troppe volte. In qualunque altro paese civile un individuo che può essere ritenuto in qualche modo responsabile, anche se non penalmente, di fatti di tale gravità conclude immediatamente la sua attività pubblica, non viene nominato sottosegretario, non dirige i servizi. A nessuno viene in mente di proporlo alla guida della maggiore industria pubblica esistente. Ah già, ma noi abbiamo il governo Lupetta!