Affidati vivi alla giustizia, escono dentro una bara

ROMA – L’Epifania tutte le feste porta via. Ma solo quelle. Non i problemi, non il sovraffollamento nelle carceri, non la disperazione di chi vive recluso.

E l’ennesimo piano svuota-carceri si prospetta simile ai precedenti come risultati, cioè del tutto insufficiente. Nella notte in cui i bambini aspettano la Befana con i suoi dolci, Francesco di 41 anni con problemi psichici si è stretto attorno al collo una camicia legata alla porta del bagno della sua cella nella Casa di Reclusione Rebibbia, reparto Osservazione psichiatrica. Era lì in attesa di essere trasferito nel reparto “Minorati psichici” della vicina Casa di Reclusione. Non ci arriverà più. Il suo posto sarà preso da qualcun altro. I clienti non mancano.

Prima di lui, nel pomeriggio del 3 gennaio, nel carcere di Ivrea un altro Francesco di 42 anni si è impiccato alle sbarre del bagno della sua cella. Come cappio ha usato il sacco dell’immondizia intrecciato. Il giorno prima un uomo di 67 anni era morti di malattia nel carcere di Verona, facendo suo il triste titolo di primo morto galeotto dell’anno 2014. Con l’anno nuovo, in carcere si rinnovano le speranze di chi ancora crede che la politica farà sul serio, che cercherà risposte degne di un paese civile. Per chi non ci crede più resta la solita vecchia strada, quella di farla finita. Nel 2013 i suicidi dietro le sbarre sono stati 51, anzi le persone che si sono tolte la vita sono state 51. Avevano un nome, una storia, dei sogni, forse degli affetti. Avevano sbagliato e forse stavano pagando per qualche reato o forse erano solo in attesa di una sentenza definitiva, ancora presunti innocenti. Mentre in 49 sono morti per malattia o per “cause da accertare”.

Per ora siamo a tre. Intanto il ministro Cancellieri sta pensando all’introduzione di un nuovo reato: omicidio stradale. Ma chi pagherà per questi morti, per quelli che affidati vivi alla giustizia, escono dalle galere dentro una bara?

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