Alitalia Etihad. Troppo tifo stona, tanto pagano i lavoratori

ROMA – Enrico Letta è diventato il tifoso numero uno della futura alleanza tra l’ex compagnia di bandiera e il vettore degli Emiri:  “Etihad è una grande compagnia mondiale emergente. È un fatto positivo sia interessata a Alitalia e lo sarà anche per Expo.

È una occasione di successo per il paese, l’operazione sarà fondamentale”. E ancora: “È la direzione giusta, quella con un partner globale”, ha detto il premier oggi parlando al Bit di Milano. E poi  questo accordo, sempre secondo Letta, porterà addirittura i giusti equilibri tra Malpensa e Linate, nonchè nuovi posti di lavoro. “Non ho dubbi  – ha affermato – che ci sarà lavoro per entrambe le strutture, così come previsto dal piano nazionale sugli aeroporti messo a punto dal ministro Maurizio Lupi”.

Anche le altri parti coinvolte sulla delicata  questione fanno  eco al Presidente del Consiglio: “Una grande  opportunità di sviluppo dell’economia”, ha definito l’ipotesi di  aggregazione tra i due vettori  il presidente di Aeroporti di Roma, Fabrizio Palenzona. “Apprezziamo  il lavoro del Governo. Non siamo in concorrenza con Milano,  competiamo col mondo”.  Anche le Poste cantano vittoria anticipatamente: “La partecipazione di Poste al capitale di Alitalia sarà  vantaggiosa per entrambe le società”, ha detto l’amministratore delegato di Poste, Massimo Sarmi, in audizione alla Camera, riferendo che è stato  presentato a livello europeo un quadro dettagliato di progetti sia per Alitalia sia per Poste e questo quadro permette il ritorno dell’investimento di Poste Italiane.  I vantaggi, ha detto, potranno arrivare anche valorizzando l’asset logistico terrestre-aereo di Alitalia e la gran massa di dati disponibile nel settore del trasporto aereo. I sistemi informativi di Alitalia verranno a incontrasti con i nostri e questo andrà a vantaggio sia di Alitalia che di Poste. “Il quadro che si prefigura – ha concluso – darà ricavi sia a Poste che Alitalia e permetterà il ritorno dell’investimento di Poste italiane”.

Scettico su Malpensa è invece il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni: “Letta ha detto che Linate e Malpensa possono coesistere, ma qual è la novità? Io vorrei evitare che il governo, facendosi influenzare da Etihad, penalizzi Malpensa. Vigileremo – ha concluso – perchè ciò non accada”. Tuttavia il piano Alitalia prevede anche 1.900 esuberi, passati in secondo piano dopo le belle parole. Lavoratori, sui quali si sta ancora discutendo e che dovrebbero far risparmiare all’azienda 128 milioni di euro. I confronti tra vertici aziendali e sindacati sono continuati in questi giorni e sembra che la decisione finale sia stata rimandata a giovedì 13 febbraio, giorno in cui le sorti dei dipendenti dovrebbero essere decise definitivamente.

Stona, comunque, tutto questa tifoseria per questa compagnia araba che, come la legge spietata dell’economia insegna, non investirà per fare un piacere all’Italia o al governo Letta, bensì per far fruttare il suo business senza doverci rimettere. Sarà che  quando si parla di Alitalia vengono sempre in mente quei “valorosi capitani coraggiosi”, che un tempo si diceva avrebbero dovuto prendere in mano la compagnia di bandiera, o meglio salvare la good company senza debiti, mentre il governo aveva promesso di non abbandonare a cattiva sorte la cosiddetta bad company. Fu un gran brutto periodo per chi l’ha vissuto. Vengono in mente Berlusconi e Tremonti che parlavano agli azionisti Alitalia dicendo: Non perderete nemmeno un euro”. Tornano in mente quei sindacati compiacenti che hanno assistito senza battere ciglio alla svendita di interi settori e delle professionalità che li animavano e soprattutto  alla squalificante “messa a terra” di migliaia di persone finite ad aumentare le fila degli “esodati”.

Adesso 1.900 persone sembrano diventate quasi una normalità per salvare un’altra volta un gruppo privato, gestito da un gruppo di manager che, alla luce dei fatti, non sono stati in grado di rilanciare l’azienda acquistata a un prezzo allettante e soprattutto quei politici che ancora adesso di piani nazionali per il trasporto aereo non ne vogliono proprio sapere.  Sarebbe la prima cosa da fare, ancor prima di fare alleanze.

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