Il pipistrello di La Fontaine, ciò che manca alla sinistra

ROMA – ” Il pipistrello  di La Fontaine,”titolo singolare per un libro di Luigi Agostini,  che prende lo spunto  da saggi pubblicati nel corso degli anni, per  riflettere sulla politica economica e sociale, sulla sinistra , presentato nello spazio libri della  Feltrinelli, Galleria Sordi, Roma. Singolare ed efficace, perché l’autore, già segretario confederale della Cgil, segretario nazionale della Fiom, oggi vicepresidente  di Federconsumatori mette a disposizione  la sua esperienza politica, dal Pci, e sindacale  di una necessaria ricerca sulla forma partito nell’era della innovazione.

Come il “ pipistrello ,“  scrive, deve essere  volta a volta , roditore e uccello, capace dei aderire a tutte le pieghe della condizione sociale e produrre al tempo stesso il massimo di socialità collettiva.” Agostini, appunto, fa centro  sulla crisi della sinistra, del lavoro e della stessa forma partito nell’era delle post-ideologie, del post-fordismo, della finanziarizzazione dell’economia e della globalizzazione selvaggia e prevaricatrice di ogni diritto.

 

La dissoluzione  delle  esperienza di sinistra in Italia

Affronta temi cruciali quali la dissoluzione di qualunque esperienza di sinistra nel nostro Paese, il ripiegamento della sedicente sinistra contemporanea su forme, più o meno edulcorate, di berlusconismo e la totale incomunicabilità fra i rappresentanti del popolo (ahinoi ben poco rappresentativi, essendo stati tutti nominati per via di una legge elettorale recentemente dichiarata incostituzionale) e ciò che si è mosso, e non è poco, in questi anni nel nostro tumultuoso contesto sociale. Non a caso, molti dei partecipanti  alla presentazione costituiscono gli ultimi baluardi di un dialogo che, purtroppo, si è da tempo spezzato, a causa del prevalere di idee quali quelle esposte dal Presidente del Consiglio domenica sera da Fazio. Se per Renzi il governo sa già cosa deve fare e la concertazione con le parti sociali è del tutto superflua, se egli ritiene che la contrarietà della CGIL alle misure annunciate nel Jobs Act sia quasi un vanto, per figure come Mario Tronti (studioso e teorico del movimento operaio) e Rosario Trefiletti (presidente di Federconsumatori) non sarà mai possibile invertire la rotta e strappare l’Italia al declino se non si avrà il coraggio di ricostruire un soggetto politico in grado di mettere in relazione il dentro e il fuori, ciò che avviene nei palazzi del potere e ciò che si agita fuori, le ragioni della politica e quelle di un mondo sindacale e operaio scosso in questi mesi da dissidi interni e turbolenze d’ogni genere.

 

Tronti. La sinistra e le fabbriche.  Trefiletti: il nuovo cosumatore

A tal proposito, è d’obbligo sottolineare come, nel corso degli interventi, Tronti si sia concentrato principalmente su uno dei temi chiave del libro, ossia il rapporto fra la sinistra e le fabbriche, con espliciti riferimenti alle recenti vicende della FIAT e degli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori, mentre Trefiletti abbia rivolto la propria attenzione soprattutto alla nuova figura del consumatore, alle tutele di cui esso ha bisogno e alla necessità di porre il cittadino nuovamente al centro dei processi di crescita e di sviluppo, anche per quel che riguarda il lato della domanda e la necessità impellente di rivolgere la propria attenzione verso un modello di consumo sostenibile e non più dissennato come predicato per trent’anni dai cantori del liberismo.

 

Michele Mezza. L’attenzione al “ Martello di Lassalle”

Valide anche le osservazioni di Michele Mezza, moderatore dell’incontro, il quale ha posto l’accento su uno dei capitoli principali dell’opera, “Il martello di Lassalle”: un saggio di dieci anni fa in cui Agostini, denotando una discreta preveggenza, ha portato all’attenzione dei lettori argomenti cruciali per il futuro della sinistra, quali la riorganizzazione dello spazio sociale e politico d’azione e l’imprescindibilità di uno sguardo europeo che collochi una moderna aggregazione socialista nel contesto più ampio del socialismo europeo, l’unico davvero in grado – secondo l’autore – di scardinare il predominio oramai trentennale del pensiero conservatore e restituire un minimo di prospettiva ai ceti più indifesi di fronte all’avanzare di una nuova forma di capitalismo assai più feroce e predatorio che in passato.

Infine, a dispetto delle assenze di Epifani e Cuperlo per via degli impegni parlamentari di questa delicatissima fase della nostra vita politica, non è mancata un’ampia riflessione sul Partito Democratico, su cosa è diventato e su cosa dovrebbe tornare ad essere per avere ancora un senso ed essere in grado di affrontare le tremende sfide che pone la complessità del nostro tempo.

Un processo di revisione che porta a una sinistra senza identità 

Come ha scritto Riccardo Terzi, segretario nazionale dello SPI CGIL, in una delle due prefazioni all’opera (l’altra è di Pier Luigi Albini): “Non si può negare che l’unica vera novità è rappresentata dal sindaco di Firenze, dalla sua spregiudicata campagna propagandistica, dalla forza del suo messaggio, la quale consiste esattamente nel non dire nulla se non: con me si vince. E il popolo della sinistra sembra essere del tutto affascinato da questo nulla. Il PD sta diventando un partito nichilista di massa, dove le idee sono del tutto soppiantate dalla voglia spasmodica di vincere, a qualunque costo, nell’indifferenza per i contenuti, nella totale indeterminatezza dei programmi. La parola d’ordine è l’innovazione, il cambiamento, non importa in quale direzione. L’idea, insomma, è che la sinistra, per vincere, deve liberarsi della sua storia, della sua tradizione, delle sue rigidità teoriche, per mettersi al passo con i cambiamenti del nostro tempo. È questo il punto di approdo di tutta una lunga e spregiudicata manovra di revisione e di rimozione, e al termine di questo processo c’è una sinistra senza identità”.

 

Un partito che rischia di essere  destinato alla superfluità

Ci rifiutiamo, un po’ per il nostro innato ottimismo, un po’ per il nostro desiderio di concedere, comunque, ancora una chance a questa disastrata sinistra, di convenire del tutto con l’analisi di Terzi. Tuttavia, una cosa è certa: ieri sera, a pochi passi da noi, con la bocciatura nel segreto dell’urna dell’importantissimo emendamento sulla parità di genere nell’ambito dell’approvazione della legge elettorale, si è avuta una triste dimostrazione di ciò che rischia di diventare il Partito Democratico: per dirla con Agostini, un partito che, se non si dota di un “pensiero della crisi” in cui siamo avviluppati, “è destinato alla sovrastrutturalità, se non alla superfluità”.

Roberto Bertoni

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