Papa Francesco a piedi uniti sul tema dell’uguaglianza

ROMA – E’ “scandaloso” che “alcuni percepiscano stipendi e pensioni cento volte superiori a quelli di chi lavora alle loro dipendenze” e che “alzino la voce appena si profila l’eventualità di dover rinunciare a qualcosa, in vista di una maggiore giustizia sociale”. Sono queste le parole del predicatore padre Raniero Cantalamessa nella celebrazione della Passione presieduta dal Papa.

Ancora una volta Papa Francesco entra a piedi uniti nel tema dell’eguaglianza e dell’equità. Un tema acuitosi a causa della crisi che anche nel nostro Paese ha assunto dimensioni inquietanti determinando un aumento esponenziale delle disparità tra chi possiede tutto e chi fa fatica a sopravvivere. Francesco, inoltre, ribadisce con chiarezza attraverso le parole del predicatore pontificio la condanna verso chi, ricoprendo cariche pubbliche si impadronisce del denaro collettivo giungendo ad accomunare gli amministratori disonesti a Giuda. Parole pesanti che non danno spazio a fraintendimenti o a giustificazioni, parole che sono tuttavia assolutamente coerenti non solo con quanto il Papa dice, ma soprattutto con quanto ha fatto e sta facendo contro ogni forma di corruzione perpetrata ai danni dei più deboli. 

 

Il denaro,  radice di tutti i mali ,paragonato a Satana

Il denaro è paragonato a Satana e nella società moderna la brama di possesso che non si pone alcun limite morale diventa l’idolo per eccellenza ed ecco che citando la scrittura il Predicatore ribadisce che ‘l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali’. Dietro ogni male della nostra società c’è il denaro, o almeno c’è anche il denaro”. Ma la Chiesa a cui francesco ci ha abituati non si limita alle citazioni, scende nel concreto, nella realtà quotidiana. Ed ecco che il denaro si nasconde dietro al commercio di droghe che distrugge migliaia di vite, dietro allo sfruttamento della prostituzione, dietro alle mafie, ma anche dietro al commercio di esseri umani e, non da ultimo e con eguale gravità dietro la dilagante corruzione politica.

 

Il monito della Chiesa rinnovata nel metodo e nella sostanza

E’ la bramosia di denaro di alcuni che esacerba la povertà dei più deboli, di chi soffre, di chi ha perso il lavoro ed insieme ad esso la dignità. Non concetti astratti, ma parole, quelle volute dal Papa, che ricadono come macigni sulla casta, un tempo così in sintonia con la chiesa di Roma, o almeno con una parte della potente Curia Romana ed oggi condannata pubblicamente additata come piaga sociale, simbolo dell’arroganza di chi si sente invincibile e ha dimenticato il senso della pietas cristiana. Chi in un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo si occupa solo del proprio interesse personale, perseguendolo a scapito degli altri, va condannato senza se e senza ma.

La morale o meglio il monito che questa Chiesa rinnovata nel metodo, ma anche nella sostanza fornisce è che il denaro, se accumulato ossessivamente ed illecitamente, finisce per punire i suoi stessi adoratori rendendoli apolidi dal punto di vista della solidarietà e della giustizia sociale, privandoli, di fatto del diritto di cittadinanza nella società civile. Sferzante è anche il ragionamento che si fa contro coloro che a fronte di una situazione di difficoltà economica, sempre più generalizzata godono di retribuzioni o pensioni scandalosamente elevate a cui guardano non come un privilegio che, in questo momento diventa moralmente insostenibile, ma come un sacrosanto diritto acquisito e quindi intoccabile. Il tema è scottante e quanto mai attuale, poiché si colloca in un momento in cui a fronte dei continui sacrifici richiesti ai più deboli, chi vive nel privilegio, spesso immeritato, si rifiuta di contribuire al salvataggio del paese, addirittura paventando rischi per la democrazia. 

 

 

Il caso dei magistrati che gridano allo scandalo

E’ il caso dei magistrati che, di fronte all’ipotesi dell’equiparazione delle loro retribuzioni a quella del Presidente della repubblica non di un precario o un cassaintegrato, hanno gridato allo scandalo teorizzando il fatto che l’abbassamento, anche se contenuto delle loro retribuzioni, metterebbe a rischio la loro autonomia. Questa non è che l’ultima di una lunga serie di recriminazioni paradossali di enclave privilegiate che i poveri cristi che ogni giorno, a patto che un lavoro ce l’abbiano ancora, sono costretti a svolgerlo per un salario da fame, debbono ascoltare. Auguriamoci allora che le orecchie di questi “cittadini di serie A” sorde al grido di aiuto che giunge loro da un pezzo di società stremato dalla cfrisi,prestino ascolto le parole del Papa così amato dalla gente comune che condivide il suo pensiero ma che soprattutto ammira il suo modo di dare l’esempio.

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