Riforma della giustizia. Quale responsabilità civile al giudice?

Nel testo originario del codice la responsabilità civile del giudice veniva originariamente disciplinata dagli artt. 55 e 56 del Codice di procedura Civile,poi abrogati dalla Legge Vassalli n. 117/1988, che escluse la possibilità che l’azione possa essere intentata nei confronti del magistrato.

Ad oggi il progetto di riforma presentato dal Governo per riformulare la responsabilità civile del magistrato sulla base del modello europeo pone diverse modifiche  rese necessarie  dal malfunzionamento del meccanismo previsto dalla legge Vassalli, che, di fatto, prevendendo una serie di limitazioni per il ricorrente, finì per impedire l’accesso a questo tipo di rimedio, rendendo aleatoria la concreta rivalsa sul magistrato ritenuto eventualmente responsabile. Ma resta ferma l’azione indiretta: è possibile ricorrere solo contro lo Stato per ottenere il risarcimento del pregiudizio arrecato dalla pronuncia.

L’esigenza di rendere effettivo tale strumento e la pronuncia della Corte di Giustizia Europea

che sollecita una maggiore effettività nelle procedure previste per il riconoscimento delle responsabilità conseguenti alla errata applicazione del diritto comunitario da parte del giudice, hanno dato l’imput alla rielaborazione della disciplina della responsabilità civile del giudice.

I punti chiave della riforma sono essenzialmente cinque:

Ampliamento dell’area di responsabilità. Laddove la responsabilità per “colpa grave” viene ritenuta limitativa del potere d’azione del danneggiato in quanto derivante dalle sole ipotesi di :

  1. grave violazione di legge determinata da errore inescusabile
  2. affermazione derivata da negligenza inescusabile di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento
  3. la negazione, derivata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento.
    1. l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

Posto quindi che per il giudice non possa derivare responsabilità dall’attività di interpretazione di norme di diritto, né da quella di valutazione del fatto e delle prove, per non trasgredire l’obbligo dell’autonomia ed indipendenza della magistratura, tuttavia contribuisce a costituisce colpa grave anche la violazione manifesta della legge e del diritto della Ue, ovvero il travisamento del fatto e delle prove. Dopo le condanne d’oltralpe, in linea con il Diritto Europeo, per valutare la violazione si dovrà tener conto «del grado di chiarezza e precisione delle norme violate, dell’inescusabilità e della gravità dell’inosservanza».

In secondo luogo la responsabilità sarà estesa, in base agli stessi presupposti, al magistrato onorario. I giudici popolari resteranno responsabili nei soli casi di dolo: ovvero quando agiscano con il proposito di arrecare danno.

Superamento del filtro. Uno degli obiettivi del progetto è il superamento di ogni ostacolo frapposto all’azione di rivalsa, nei confronti del magistrato, che lo Stato dovrà esercitare a seguito dell’avvenuta riparazione del pregiudizio subito in conseguenza dello svolgimento dell’attività giudiziaria. È abrogato l’articolo 5 della Vassalli sull’ammissibilità della domanda che stoppava i ricorsi «manifestamente infondati» a giudizio del tribunale. Troppi quelli bloccati.

Certezza della rivalsa nei confronti del magistrato. L’azione di rivalsa nei confronti del magistrato, esercitabile quando la violazione risulti essere stata determinata da negligenza inescusabile, diverrà obbligatoria.

Incremento della soglia della rivalsa. Sarà innalzata la soglia dell’azione di rivalsa, attualmente fissata a un terzo  dello stipendio annuo del magistrato: il limite verrà incrementato fino alla metà. Ferma l’assenza di limite all’azione di rivalsa nell’ipotesi di dolo.

Coordinamento con la responsabilità disciplinare. Saranno rafforzati i rapporti tra la responsabilità civile del magistrato e quella disciplinare, ferma restando l’autonomia di quest’ultimo e l’assenza di ogni automatismo tra esercizio della domanda di rivalsa in sede civile ed esercizio dell’azione disciplinare.

La riforma, con l’elevazione del tetto della soglia economica della rivalsa “piuttosto alto” come commenta l’Anm e l’ampliamento delle ipotesi per cui può essere presentato ricorso, stringono il cordone della giustizia sulla magistratura con il rischio però di esporre i giudici ad azioni strumentali e di rivalsa, compromettendo quindi l’operato dell’organo giudiziario che si troverebbe impantanato nel rischio che il magistrato sia chiamato a rispondere di situazioni che non dipendono da lui ma legate al «sovraccarico di lavoro» e alla «disorganizzazione per carenza di risorse». Sarebbe quindi opportuno, per uniformarsi al modello di giustizia prospettato dall’Ue ed alle numerose condanne emanate dalla Corte di Giustizia Europea nei confronti dello Stato Italiano, per il mancato rispetto in primis del principio della “ragionevole durata del processo”, riformare l’apparato giudiziario partendo non dalla responsabilità civile dei magistrati, bensì da una vera e propria riorganizzazione degli uffici, ridistribuzione degli incarichi e delle risorse a ché una migliore ripartizione della mole di procedimenti sia più facilmente gestibile e non crei le condizioni in cui diviene necessario rimandarne a discrezione la celebrazione.

Riformare la giustizia significa di fatto far in modo che essa possa essere correttamente ed efficacemente esercitata.

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