Oliver Sacks, il coraggio di sfidare il mondo

ROMA – Addio a Oliver Sacks, neurologo e scrittore di fama mondiale ma soprattutto uno degli ultimi grandi visionari del nostro tempo, scomparso oggi a ottantadue anni a causa di un tumore al fegato di cui lui stesso aveva annunciato la fase terminale.

Che dire di quest’uomo che ha rivoluzionato il nostro modo di intendere la scienza, mostrandone il volto umano e l’utilità, la bellezza e l’importanza ma, più che mai, l’evoluzione di una materia in costante in movimento? Che dire della sua genialità, della sua vicinanza al dolore degli ultimi, della sua infinita curiosità, della sua passione per il cambiamento e del suo costante impegno per migliorare le condizioni di vita dei pazienti attraverso una sperimentazione coraggiosa, poi raccontata in opere divenute dei veri e propri classici della letteratura? Ha ispirato riflessioni e critiche, accuse ferocissime e consensi di cui pochi uomini di scienza hanno goduto nel corso della vita; è stato protagonista di un film con Robin Williams, “Risvegli”, ispirato al titolo di uno dei suoi libri più famosi, e ha avuto la forza di affrontare la vecchiaia prima e la malattia poi con straordinaria serenità, convivendo senza particolari patemi d’animo con un’omosessualità che aveva indotto la madre a definirlo un “abominio” e addirittura a rammaricarsi del fatto che fosse nato. È stato uno scienziato e un punto di riferimento, uno sperimentatore e un simbolo del progresso, un icona della conoscenza e un modello per tutti coloro che non si sono mai rassegnati all’immobilismo e all’ineluttabilità del presente, all’idea che nulla possa cambiare, che tutto debba restare sempre così com’è, che i deboli, le persone fragili e gli ultimi siano segnati dal destino e destinati, comunque, a soccombere.
Sacks, al contrario, non si è mai arreso, non ha mai ceduto allo sconforto, non si è tirato indietro quando ha trovato avversari potenti né si è esaltato per i successi e i numerosi riconoscimenti che hanno caratterizzato la sua mirabile carriera. Un uomo normale e modesto nella sua eccezionalità, un umile artigiano della scienza, un esploratore senza requie, un profondo conoscitore dell’animo umano, un appassionato del futuro e della speranza, un uomo sempre pronto a mettersi in gioco e a imboccare un nuovo cammino, animato da una forza d’animo onestamente sovrannaturale.
Con la morte di Oliver Sacks, perdiamo dunque mille uomini in uno, tanto era il suo eclettismo, ma in particolare perdiamo un’immagine positiva della vita e delle prospettive per il domani, un ottimismo sincero, uno sguardo realistico e costruttivo sull’avvenire  di questo complesso e intricato universo nel quale siamo chiamati a convivere.
Ci lascia un grande e, per una volta, non è né un’affermazione retorica né un discorso di circostanza. E il mondo che Sacks ha più volte sfidato e messo in discussione, da stasera, osservando l’asteroide che gli è stato dedicato, potrà trovare un po’ di conforto, pensando che, in fondo, quell’osservatore critico e irriverente, sfidante e nemico di tutti i pregiudizi è sempre lì, solo un po’ più in alto, là dove lo hanno elevato la sua intelligenza e la sua voglia di volare oltre l’orizzonte, là dove, secondo noi, non è affatto scontento di essere finalmente approdato.

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