Immigrazione. I viaggiatori Invisibili. LE FOTO

Il percorso dei giovani minori Afghani non accompagnati si ferma anche a Roma, alla Stazione di Ostiense, per ripartire poi per il Nord Europa

ROMA – Qualche giorno fa ho preso l’ultmo metrò, di corsa, erano le 21.30 ultimo metrò per casa mia, fermata Ponte Lungo.  Scendo le scale mobili di corsa, sono stanca parecchio, “signora si sbrighi sta passando l’ultimo metrò”, faccio il biglietto e di corsa scendo le scale mobile sento il rumore dei freni e penso “speriamo bene”, be’, ho ben sperato, riesco a prenderlo. Salgo, c’è gente non mi sono seduta, sono poche le fermate che devo fare, ma poche che mi bastano a ripensare e a riflettere su quello che ho vissuto in quelle poche ore prima di prendere l’ultimo metrò, un mezzo pubblico che mi porta a casa nelle mie quattro mura, sicure, solide dove c’è la mia vita, il mio tempo, la mia storia, i miei figli. In quelle poche ore prima di prendere quel metrò ho conosciuto dei rifugiati afgani, incontrati per raccontare la loro storia in un reportage, loro mi hanno raccontato molte cose in queste ore, sono giovani sono minori sono persone con una grande dignità. Mi hanno colpito alcune loro “divertenti” dichiarazioni che mi hanno fatto prima  sorridere e poi pensare dentro quest’ultimo metrò “Chi scappa dall’Afghanistan già a Patrasso, in Grecia durante il loro lungo viaggio nei camion,  sà che arrivato a Roma deve prendere il 175 a Terminie scendere a Piramide”. Il 175 li porterà alla stazione Ostiense, alla tendopoli al binario 15, cosi come l’ultimo metrò mi ha portato a casa. Qui si fermeranno, per un pò sarà la loro casa, che non è uguale alla mia, ma la loro dignità si. E’ come la mia.

Tra i binari e i portici della Stazione Ostienese, a pochi passi dal centro di Roma, inizia loro viaggio e la permanenza italiana per la maggior parte degli immigrati afghani che sbarcano dopo il loro lungo viaggio tra Asia e Europa. Con gli anni hanno trovato riparo prima tra i binari, poi sotto i portici, poi nelle fondamenta di un cantiere edile, ed ora nella mini tendopoli messa  loro a disposizione appena dentro la stazione a due passi da quel binario che per tempo li ha ospitati. Da più di dieci anni, loro dicono dal 1995, gli afghani sono una presenza fissa ad Ostiense, prima pochissimi ora sono centinaia e tra di loro tanti minorenni, una presenza silente ma che esiste. Con le loro tende con pochi servizi igienici i rifugiati afghani vivono in una situazione di continua necessità e forte degrado. Molti di questi arrivano per riposarsi, restano pochi giorni per mettere insieme un po’ di denaro necessario per la prosecuzione del viaggio verso il Nord Europa, posto per loro dove per loro è più facile trovare lavoro. A Roma la maggior parte di loro tenta di passare inosservata, di restare invisibile, in ombra, per potere proseguire il viaggio senza essere segnalati, perchè difficile è in Italia la possibilità di ricevere asilo politico, ed ancora tanti sono gli afghani che continuano a vivere per la strada nei pressi della Stazione Ostienese, senza un luogo sicuro dove poter essere tutelati. Questo problema  riguarda in particolar modo i minori.

In Italia infatti negli ultimi anni c’è stato un forte incremento nel numero di minori afghani non accompagnati, richiedenti asilo politico, sono per lo più maschi di età compresa tra i 15 e i 17 anni, provengono principalmente da Ghazni, Jaghori e Kabul. Tra i minorenni richiedenti asilo in Italia, gli afghani sono i più presenti in tutte le ripartizioni territoriali, con una prevalenza nell’Italia centrale, in particolare nelle Marche (83% circa dei minori richiedenti asilo) e nel Lazio (82% circa ). Al terzo posto per presenze (70%) il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia-Romagna e la Puglia, Ancora più significativi se alle presenze “ufficiali”, soprattutto nelle città metropolitane, si aggiungono i molti  minori non accompagnati Afghani che risiedono  senza registrazione in attesa di spostarsi altrove: sono  i cosiddetti “invisibili”. Non ci sono numeri certi, ma si può parlare di diverse centinai di minori che transitano nel corso di un anno. Nel 2009 circa 6.000 minori  hanno fatto richiesta di asilo in diversi Stati europei: un dato che dovrebbe imporre una riflessione sui tantissimi minori invisibili che passano per il nostro Paese e su quanto è possibile fare per la loro protezione e assistenza.Oggi in Italia si fatica a sostenere e integrare anche i  minori che si rivolgono alle istituzioni, quando sarebbe invece necessaria una progettualità a lungo termine che coinvolga tutti gli enti e la società civile, per permettere ai minori migranti di intraprendere legalmente un percorso professionale senza cadere nella rete dei trafficanti. Responsabilità, questa, che deve coinvolgere la società a tutti i livelli, dalle realtà del privato sociale alle istituzioni locali, nazionali ed europee. Il fenomeno dei minori migranti afghani  non accompagnati va analizzato da un punto di vista globale, dai problemi di  identificazione anagrafica  in Afghanistan fino ai limiti dell’accoglienza e della normativa europea, è quindi  sempre più necessario definire ed attuare in tempi rapidi un sistema comune di asilo europeo, Ogni anno arrivano in Europa migliaia di ragazzi afghani: un intero popolo di minori in movimento a cui non può essere negato l’inalienabile diritto a una vita normale.

Questo è il racconto di un minore afghano, nelle sue parole la consapevolezza di una vita diversa dagli altri suoi coetanei. Nelle sue parole non c’è disperazione, c’è dignità e desiderio di arrivare a  finalizzare il suo progetto di vita. Lui, come tanti altri giovani afghani, sono assistiti, arrivati a Roma dalla Fondazione l’Albero della vita,  una delle più grandi organizzazioni italiane che opera per difendere e promuovere i diritti dei minori  in Italia e nel Mondo con l’obiettivo di garantirne il miglior interesse  in termini ambientali, familiari, affettivi, psicologici. La Fondazione opera attualmente in Italia in 14 regioni e nel mondo in 5 Paesi in 3 continenti diversi.

Foto di Marco Cassar
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Rahman
(14 anni da Kabul)
“Mi chiamo Rahman ho 14 anni, vengo da Kabul”.  
Occhi attenti, voce ferma, Rahman si emoziona solo quando parla del padre ucciso da una bomba. è arrivato allo sportello de L’Albero della Vita per avere informazioni sull’Inghilterra.“In Afghanistan vivono ancora mia madre e i miei quattro fratelli: sono stati loro a salvarmi spingendomi a partire. A Kabul ho frequentato la scuola per tre anni, l’aula era una tenda perché la maggior parte degli edifici della città erano stati distrutti. A un certo punto ho deciso che era ora di andare avanti,  non volevo continuare a studiare in una tenda e ad avere un futuro incerto. Così ho viaggiato per tre mesi per raggiungere l’Italia attraverso l’Iran, la Turchia, la Grecia. Per arrivare in Grecia, a Patrasso, dalla Turchia i trafficanti ci hanno fatto camminare su sentieri nei boschi.
A Patrasso sono rimasto venti giorni ad aspettare una nave per l’Italia: mi nascondevo sotto i camion o nei container in partenza, ma arrivava sempre la polizia greca che mi trascinava fuori.
Finché un giorno ho trovato una grande macchina (un camper) e ci sono entrato sotto: nessuno se n’è accorto, così mi sono imbarcato e dopo 36 ore incastrato tra le lamiere sono arrivato al porto. Non so bene in quale città abbia attraccato il traghetto, ma io sono rimasto attaccato al camper e quando si è fermato alla stazione di servizio sono sceso, ho cercato la stazione e fatto il biglietto per Roma:  in quattro ore ero qui. Adesso vivo a Roma Ostiense e aspetto i soldi per poter ripartire. Non voglio fermarmi qui, voglio andare avanti fino all’Inghilterra, dove i miei parenti mi hanno detto che avrò la possibilità di studiare. Lì potrò costruirmi un futuro”.

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