Il vertice italo-turco tra economia, Unione Europea e crisi siriana

ROMA – Ieri a Roma, il Presidente del Consiglio Mario Monti, ha incontrato il premier turco Recep Tayyip Erdogan, tra i punti in agenda discussi nella cornice di Villa Madama, l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, la soluzione del conflitto in Siria e lo sviluppo del commercio tra l’Italia e Ankara.

Dal 2005, anno in cui sono stati avviati i negoziati per la piena adesione al consesso europeo, ad oggi sono numerosi i dibattiti che hanno accompagnato un ipotetico ingresso della Turchia nel gruppo dei 27. Gli ottimisti vedono nella Turchia importanti punti a favore tra i quali l’importanza del sentimento diffusamente filo europeo della sua popolazione. Inoltre, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), l’apertura dei negoziati potrebbe rendere più dinamica l’economia del paese e incoraggiare anche gli investimenti stranieri. Gli scettici (tra cui diverse associazioni umanitarie) rilevano invece come la salvaguardia dei diritti umani e civili in Turchia sia ancora insufficiente, come sia tuttora irrisolta la questione del coinvolgimento turco a Cipro (stato membro dell’UE), e di come la minoranza curda sia ancora oggi repressa militarmente, culturalmente ed economicamente. Un altro punto nodale per l’avvicinamento della Turchia all’Unione Europea riguarda il genocidio degli armeni e dei cristiano assiri, non riconosciuto dal codice penale turco.
Il premier Monti appartiene alla categoria degli ottimisti e ha dichiarato, in conferenza stampa al termine del summit con il premier Erdogan, che «la Turchia è in grado di integrare l’Unione Europea e portare un valore aggiunto economico, geopolitico, strategico e culturale all’Ue. L’Europa ha raggiunto un grado di perfezione istituzionale e integrazione molto forte e rappresenta un esempio nel mondo, allo stesso tempo però è anziana demograficamente, stanca, e sta perdendo impulsi ed entusiasmo. Economicamente la Turchia può essere un esempio importante». La speranza del professore è che il negoziato di adesione possa proseguire con slancio rinnovato. Monti ed Erdogan hanno affrontato il tema degli scambi commerciali tra Italia e Turchia, per cercare di individuare le eventuali lacune e progettare dei piani futuri che potranno accrescere questo legame. Lo scopo è quello di aumentare il commercio tra i due Paesi che oggi, come dichiara il premier italiano, raggiunge i 21,5 miliardi di dollari. «Una buona cifra – continua Monti – ma ancora insufficiente. Siamo convinti che i volumi possano ancora crescere significativamente. Per questo motivo Roma e Ankara hanno deciso di sviluppare delle joint ventures per esplorare le possibilità di sviluppo, anche in mercati terzi».

Ma l’allineamento dei due Paesi va oltre l’economia, Italia e Turchia sono unite sullo scenario della politica estera e la Siria è la priorità dell’asse Roma-Ankara.  Erdogan è stato chiaro e durante la conferenza stampa di ieri ha ipotizzato eventuali risvolti futuri. «Noi condividiamo con la Siria un confine lungo 900 chilometri – ha dichiarato il premier turco – e abbiamo sempre avuto dei legami di grande amicizia, ma Assad non ha onorato la nostra fiducia. Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe prendere la cosa più seriamente e l’Unione Europea non dovrebbe restare nell’ombra vestendo i panni dell’osservatore esterno. Ci vorrebbero mille, duemila o forse tremila osservatori con una missione di grande portata in modo che possano controllare simultaneamente tutte le città». Prima ancora che la primavera araba prendesse piede, sconvolgendo l’ordine dei paesi del Nord Africa, la Turchia aveva avvisato Assad. Era il momento giusto per lasciar nascere i partiti politici, liberare i prigionieri politici, fermare la corruzione. Adesso la situazione è molto grave e rischia di contagiare i paesi limitrofi, destabilizzando gli equilibri dello scacchiere mediorientale.

Mentre il sostegno dell’Italia alla piena adesione della Turchia all’Ue non fa quasi più notizia, è nuova e molto forte la volontà di lavorare insieme per trovare una soluzione alla crisi siriana. Anche l’Italia farà la sua parte e, come ha dichiarato ieri sera il premier Mario Monti, anticipando la decisione presa dal Consiglio dei ministri, invierà 15 osservatori sul territorio siriano. La decisione del Governo italiano rientra nell’ambito delle risoluzioni 2042 e 2043 votate quest’anno dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Nella risoluzione 2043 si legge: “Condannando le dilaganti violazioni dei diritti umani per opera delle autorità siriane e gli abusi sulla popolazione perpetrati da gruppi armati” il Consiglio ha deciso “di stabilire per un periodo iniziale di novanta giorni una Missione di Supervisione delle Nazioni Unite in Siria (UNSMIS) sotto il comando di un Capo degli osservatori militari, con un dispiegamento iniziale di trecento osservatori militari disarmati e di un’adeguata componente civile come richiesto dalla Missione per consentirle di adempiere al proprio mandato”.
Il presidente Erdogan, contrariamente a quanto apparso su alcuni quotidiani nazionali nei giorni scorsi, non ritiene necessario un intervento militare della Nato contro la Siria, perché non si sono verificate le condizioni previste dall’articolo 5 del Trattato atlantico.

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