ROMA – E’ in fibrillazione la Lega Nord. Come lo sono i suoi esponenti che oggi hanno deciso di non partecipare alle consultazioni in corso a Palazzo Giustignani. Insomma, Umberto Bossi e seguaci hanno dato il loro “niet” al senatore a vita Mario Monti, incaricato di formare iil nuovo governo di transizione.
Ancora più infastidita da questo inevitabile cambio di guardia è la base della Lega che paragona questa situazione a un vero e proprio colpo di Stato. Su quali basi si è giunti a questa fantasiosa affermazione non è dato a sapere, visto che il Carroccio ha sputato fango sulla bandiera italiana e sulla Costituzione italiana fino all’altro giorno.
I vertici delle camicie verdi, intanto, radunate nella segreteria del partito di via Bellerio a Milano hanno “ratificato la linea politica già espressa dal segretario federale al Presidente della Repubblica e al Presidente incaricato Mario Monti ed ha deliberato la riapertura del Parlamento della Padania che tornerà a riunirsi il prossimo 4 dicembre”.
E non mancheranno le provocazioni, visto che ora ritorna in auge la solita cantilena al grido di “secessione”. Dito puntato, quindi, contro il noto professore della Bocconi e il Capo dello Stato complice di questo triste epilogo annunciato da troppo tempo.
“Fucili alla mano, padania libera”, gridano i lombardi, intimoriti dai provvedimenti che prenderà Mario Monti, un uomo – secondo i padani – da sempre legato ai poteri forti delle banche. E’ questa la grande paura dei leghisti, la paura di diventare schiavi delle banche.
Una cosa è certa. I proclami disfattisti della Lega non sono passati inosservati. Non è detto che lo scontro politico si faccia anco più aspro nelle prossime ore.