Essere italiani indipendentemente dai genitori

ROMA – Si torna a parlare di diritti, cittadinanza ed immigrati, ed a farlo è stato Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante l’incontro al Quirinale con la Federazione delle chiese evangeliche.

«Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri – ha detto il capo dello Stato- Negarla è un’autentica follia, un’assurdità. I bambini hanno questa aspirazione».«Facciamo nostre le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ci auguriamo che il Parlamento possa ascoltare e prestare la giusta attenzione alla questione della cittadinanza dei bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Con la speranza che il diritto all’infanzia sia diritto di ogni bambino». Così il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, ha commentato le dichiarazioni del Capo dello Stato che oggi al Quirinale, nel corso dell’incontro con le Chiese Evangeliche in Italia, si è espresso sul tema della cittadinanza dei bambini stranieri in Italia. «La necessità di dare la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia non può che essere pienamente condivisa. E in un Paese come il nostro, sempre più multietnico, si tratta di una priorità sociale, di una norma di civiltà per la quale occorre agire subito – ha aggiunto Caffo – in base a quanto si afferma nella Convenzione sui diritti dell’Infanzia dell’Onu che sancisce la garanzia dei diritti per tutti i bambini e adolescenti del mondo, senza distinzione di razza, sesso, lingua e religione». I dati 2010 del Telefono Azzurro, spiega l’associazione, disegnano un’infanzia in maggiore difficoltà se immigrata. Non è un caso che oltre il 18% dei bambini che chiamano la linea di emergenza, il 114, è di nazionalità straniera. Mentre il numero si abbassa per le linee di ascolto dove le telefonate di bambini e adolescenti stranieri arrivano all’8,5% dei casi.

Le procedure e le condizioni per l’acquisizione della cittadinanza cambiano nei diversi Paesi dell’Unione europea. Paese che vai legge che trovi, dunque, tra “paletti” più rigidi e regole più morbide riguardo allo status dei figli di immigrati. La cittadinanza italiana è oggi basata principalmente sul cosiddetto ‘ius sanguinis’ (diritto di sangue), in base al quale il figlio nato da padre italiano o da madre italiana è italiano. Niente “ius soli”, dunque, ovvero il diritto di cittadinanza acquisito per il semplice fatto di essere nati in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori. Lo “ius soli” fa infatti riferimento alla nascita sul suolo, sul territorio dello Stato, e si contrappone dunque, nel novero dei mezzi di acquisto del diritto di cittadinanza, allo ‘ius sanguinis’, imperniato invece sull’elemento della discendenza o della filiazione. Attualmente la maggior parte degli Stati europei adotta lo ‘ius sanguinis’, seppur con norme spesso più morbide di quelle vigenti in Italia, con la rilevante eccezione della Francia, dove vige lo “ius soli” fin dal 1515. Le procedure e le condizioni per l’acquisizione della cittadinanza cambiano dunque nei diversi Paesi dell’Unione europea. In modo simile all’Italia, anche in Danimarca, Grecia e Austria è difficoltoso ottenere la cittadinanza per chi è nato nel territorio del Paese da genitori stranieri. In Francia, che vanta una tradizione centenaria sul fronte opposto, vige addirittura il “doppio ius soli”, che facilita l’ottenimento della cittadinanza per chi nasce sul territorio nazionale da stranieri a loro volta nati sullo stesso territorio.  In Germania vige lo ‘ius sanguinis’, ma esistono facilitazioni per chi nasce sul suolo nazionale da stranieri residenti: è sufficiente che uno dei due genitori viva legalmente in territorio tedesco ed abbia vissuto lì per almeno 8 anni per concedere al figlio il diritto alla cittadinanza tedesca al momento della nascita. Anche in Irlanda, Belgio, Portogallo e Spagna vige lo ‘ius sanguinus’, ma le norme sono più morbide rispetto a quelle italiane. In Irlanda, ad esempio, i nati nel Paese da genitori stranieri possono ottenere la cittadinanza se uno dei genitori ha un permesso di residenza permanente o ha risieduto regolarmente nel Paese per almeno tre anni prima della nascita del figlio. L’adozione dell’una piuttosto che dell’altra opzione ha rilevanti conseguenze negli Stati interessati da forti movimenti migratori. Infatti, lo “ius soli” determina l’allargamento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul territorio dello stato: ciò spiega perché sia stato adottato da Paesi (Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada ecc.) con una forte immigrazione e, al contempo, con un territorio in grado di ospitare una popolazione maggiore di quella residente. Al contrario, lo ‘ius sanguinis’ tutela i diritti dei discendenti degli emigrati, ed è dunque spesso adottato dai paesi interessati da una forte emigrazione, anche storica (Armenia, Irlanda, Italia, Israele), o da ridelimitazioni dei confini (Bulgaria, Croazia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Serbia, Turchia, Ucraina, Ungheria).

Immediate le reazioni all’auspicio del Presidente Napolitano. Per Maroni, intervenire sullo status dei bambini di origine straniera e introdurre il principio dello “ius soli” «è uno stravolgimento dei principi contenuti nella Costituzione». Lo afferma, ai microfoni di Radio Padania, Roberto Maroni, ricordando che la «Lega è fermamente contraria». Se il Parlamento decidesse di procedere su questa strada «ciò vorrebbe dire – afferma – che la prossima ondata migratoria, in arrivo dal Nord Africa» si tradurrebbe in «decine, centinaia di migliaia di cittadini italiani». Riconoscere la cittadinanza «solo perchè nati qua, sarebbe una calamita» per chi vive in altri Paesi.
«Le parole del presidente della Repubblica ci spingono a legiferare con urgenza-  ha detto Dario Franceschini, presidente dei deputati Pd. -Il tema è talmente un’esigenza di civiltà che vorremmo non diventasse un tema di scontro politico, ma invece un elemento unificante; anche per questo – aggiunge – sin da marzo il Pd ha presentato una proposta di legge per stralciare dalle norme complessive sulla cittadinanza soltanto i diritti dei bambini nati in Italia. Ripeto, la nostra volontà è costruire un’intesa tra le forze che sostengono il governo Monti e non quella di inserire su un tema così delicato un elemento di divisione».
«Condivido pienamente l’appello del Presidente- ha detto il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, per il quale -è un’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia non diventino italiani. Non viene riconosciuto loro un diritto fondamentale».
«Il governo assecondi le proposte di legge presentate in Parlamento che vanno nella direzione indicata dal presidente Napolitano – dice il capogruppo dell’Italia dei valori in Senato, Felice Belisario – Il riconoscimento della cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia è una questione prioritaria, che deve essere affrontata entro questa legislatura»
Basterebbe guardarsi intorno e scoprire, nei tanti eventi istituzionali, quanti bambini dal volto straniero,ma nati in Italia intonano il nostro Inno. Come continuare a dire loro che non sono italiani, quando ad altri, cittadini italiani per nascita, viene insegnato che esiste la Padania?

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