Godzilla e Berlusconi

In queste ore il mondo é in apprensione perché si prospetta un’altra Chernobyl, non a causa della sfiga ma dell’insipienza ed ignavia di governanti giapponesi che hanno obtorto accettato uno sviluppo industriale basato sull’Atomo, sapendo che il loro territorio é su una delle faglie a più elevata sismicità della Terra.

Durante gli anni 50 e 60 la cinematografia di science fiction del Sol Levante tentava in tutti i modi di allertare sui pericoli dell’uso dell’energia atomica sul territorio giapponese (chi non ricorda Godzilla, risvegliato dal suo sonno geologico proprio da esplosioni atomiche sotterranee?). Oggi il fantasma di Godzilla (le radiazioni prodotte dall’esplosione di un reattore nucleare) é divenuto realtà e nessuno sa come fermarlo. Un evento simile avrebbe dovuto in Italia mettere in primo piano l’auspicabile quarantena del nuovo piano nucleare di Berlusconi-Scajola-Prestigiacomo ed invece il problema centrale della politica italiana è la riforma epocale della Giustizia. E purtroppo si tratta di un evento politico sociale non meno catastrofico.

Avendo lavorato dal 1994 al 1997 al Ministero di Grazia e Giustizia proprio sui temi dell’efficienza e dell’organizzazione giudiziaria propongo una lettura comunicato del CdM. Il vero senso della riforma è ridurre il potere giudiziario ad un braccio armato dell’esecutivo. In questo senso é corretto parlare di riforma “epocale”. La chiave interpretativa é tutta nell’equiparazione dei magistrati agli altri funzionari dello Stato.

Finora vi sono stati nella storia del diritto tre impostazioni nel rapporto Stato Giudici: i giudici sono indipendenti dallo Stato, I giudici sono parte integrante dello Stato ma rispondono ad organismi esterni dallo Stato, i giudici sono organici con lo Stato risultandone una componente operativa di esso. Nel primo caso si può sommariamente considerare il caso anglofono, nel secondo caso si può associare il caso europeo dalla nascita delle democrazie liberali in poi (inclusa l’Italia), nel terzo sono rappresentate tutte le monarchie assolute e feudali, le dittature ed i totalitarismi della Storia prescindendo dal colore e dalla connotazione ideologica. Il disegno di legge costituzionale di riforma della giustizia é sostanzialmente una chiave moderna di proposizione del terzo tipo di rapporto proprio dei regimi non democratici. E la ragione é fin troppo evidente: un giudice e un pubblico ministero sono pagati dallo Stato perché é lo Stato che si propone come il monopolista del servizio giustizia garante dell’universalità del servizio, ma affinché ci sia il bilanciamento dei poteri di un regime democratico (esecutivo, legislativo, giudiziario), sia il giudice che il Pm devono rispondere unicamente all’insieme di norme giuridiche che regolano i rapporti sociali ed economici tra i cittadini e le loro forme associative. Se il giudice e il Pm diventassero funzionari pubblici come il Direttore Generale di un Ministero non dovrebbero più rispondere solo alla legge, ma anche alla politica decisa dal suo datore di lavoro, ossia il Ministro in carica di Grazia e Giustizia. Dunque il giudice e il Pm solo formalmente sono dipendenti pubblici, ossia dal profilo remunerativo e dei diritti e doveri contrattuali di lavoro, ma sostanzialmente dal profilo disciplinare e della valutazione della qualità e correttezza del lavoro sono indipendenti e soggetti a valutazioni di sola natura giuridica, ossia d’attinenza alle leggi in vigore.

La nostra tanto vituperata Costituzione ha creato un formidabile apparato di strutture di controllo e governo del potere giudiziario che aveva lo scopo di garantire l’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo sopratutto dopo il ricordo del uso politico della Magistratura operato dal Fascismo.  Tuttavia nel penale (la Riforma si occupa solo di questo lato della giustizia ed è per questo che una legge per alcuni e non per tutti i cittadini), fino alla riforma del codice di procedura penale (le norme che regolano il processo) del 1989, questa indipendenza era stata surclassata sistematicamente da procedure processuali figlie dell’Inquisizione (che fin dalla sua nascita nel 1179 risultava comunque un progresso rispetto alle forme giudiziare dell’epoca, non fosse che l’obbligatorietà di comprovare le accuse fatte, elemento fino ad allora trascurabile se l’accusa proveniva da un potente o da un ricco) e dalla parziale applicazione della revisione dei codici penali, civili e commerciali. Non a caso le inchieste per reati compiuti dal potere esecutivo si contano sulle dita di due mani (ricordo alcuni nomi Montesi, Traghetti d’Oro, Lockeed, IMI, Costa) in più di quarant’anni di potere incontrastato delle stesse classi dirigenti.

L’introduzione del processo accusatorio, caldeggiato in primis da Falcone, rivoluzionò il rapporto governo-magistratura. I Pm hanno tuttora potere d’azione d’inchiesta tramite il governo degli organi di polizia. In parole povere il Pm può liberamente indagare su tutto ciò che si configura come notizia di reato. Era evidente ai più che la prima cosa da fare in questo nuovo scenario era una depenalizzazione dei reati , una revisione del sistema delle pene e della carcerazione, dal profilo penale. Ma nulla di tutto ciò è stato mai fatto da nessun governo dal 1989 in maniera organica e coerente con il nuovo codice di procedura penale. Per questa ragione la giustizia penale si è trovata in un impianto incompatibile con le nuove regole garanti l’indipendenza dell’esercizio dell’azione penale. Quindi una riforma della giustizia penale dovrebbe rendere coerente l’impianto delle norme penali con le procedure per la loro applicazione.

E’ opportuno fare una chiosa sulla giustizia civile per comprendere meglio dove si dovrebbe agire per rendere il servizio Giustizia migliore per tutti i cittadini. Fin dall’inizio degli anni 70 l’ingolfamento legato alla litigiosità crescente appariva un Godzilla che rischiava di mangiarsi tutti i margini di competività del sistema produttivo italiano. Si sarebbe dovuto procedere urgentemente ad una progressiva privatizzazione (nel senso di far prevalere l’accordo privato tra le parti alzando sensibilmente il tetto del rimborso moment ario per un ricorso in tribunale ) delle contese civili affidandole nella stragrande maggioranza a giudici di pace e a forme d’arbitrariato sfavorendo l’abuso ricorso al tribunale. La riforma del processo civile non è mai stata fatta e il sostanzialmente il Regio Decreto 28 ottobre 1940, n. 1443 è ancora in vigore e la riforma del 2005 ha aggiornato alcune procedure (ad esempio legalizzò l’uso del fax per le pubblicazione delle sentenze!) senza modificare l’impianto obsoleto e fascistoide. Ma la giustizia civile paralizzata non è mai stata una priorità della nostra classe dirigente (imprenditoriale e politica), che ne trae oggettivo vantaggio competitivo rispetto a chi opera nel rispetto delle leggi. Quindi niente riforma globale della Giustizia ma solo del lato penale quello che più preoccupa la classe dirigente al potere.

Allo scopo di garantire il potere esecutivo da quello giudiziario, la Riforma proposta agisce con un disegno diametralmente diverso da quello che necessiterebbe essere messo in campo per ottenere un concreto miglioramento del servizio Giustizia. Si ripropone un giudice, ed in particolare il Pm, sottoposto alla spada di Damocle del giudizio penale sul merito della sua attività, come avveniva durante il regime Fascista o nel solco della migliore tradizione sovietica dei tribunali del popolo ovverossia del Partito Comunista al potere.

Per capire la gravità di tale condizione, supponiamo di trovarci di fronte al procedimento penale a carico di un moderno Al Capone per frode fiscale. E supponiamo che la riforma sia in vigore nell’impianto prospettato, quindi il Pm in azione contro Al Capone sarà perseguibile nel caso d’indebita carcerazione preventiva. E’ di buon senso ritenere che il Pm si possa astenere da emettere provvedimenti restrittivi per timore d’essere citato in giudizio da Al Capone. Quindi l’Al Capone contemporaneo avrebbe tutto il tempo necessario in attesa del normale decorso dell’azione penale sia di reiterare il reato in modalità tali da evitare inchieste giudiziarie, sia di occultare o distruggere prove a suo carico. Quando si giungerà al processo le probabilità d’essere assolto perché il fatto non sussiste saranno molto elevate e il processo si potrebbe trasformare in una modalità legale per ottenere un automatica immunità dal reato di frode fiscale.

Si potrebbe obiettare che il Pm e il giudice non possono essere immuni dal rispetto della legge, ma è una falsità maligna poiché è proprio il meccanismo d’indipendenza della Magistratura che garantisce l’automatico perseguimento di un giudice o di un Pm che viola la Legge. E deve essere chiaro che se questo non avviene è solo per la molteplicità d’eccezioni formali che sono state create dal 1994 in poi che rendono il processo penale un piccolo calvario per l’accusa, garantendo per gli imputati più accorti ed attrezzati (in danaro e in potere) l’altissima probabilità d’evitare la condanna anche a fronte di prove schiaccianti a loro carico. I diritti della difesa si garantiscono rendendo più celere la procedura investigativa, fornendo parità di strumenti investigativi e garantendo tempi e modalità certe nell’acquisizione di prove e riscontri, non questionando sull’imparzialità del giudice. Un giudice imparziale è un giudice etero diretto, perché egli invece di rispondere alla sola legge, risponde anche al suo giudizio personale. Nessun giudice professionalmente valido giudica secondo imparzialità altrimenti, saremmo nell’irrilevanza della norma penale e nella totale discrezionalità. Supponiamo che l’Al Capone contemporaneo sia sottoposto a processo per furto con scasso e che lo stesso dimostri che il furto era avvenuto a casa del presunto autore di un furto ai suoi danni. Un giudice non dovrà giudicare in base ad una imparzialità per cui se condanna Al Capone deve condannare anche l’autore del furto a casa di Al Capone, ma limitarsi all’applicazione della norma penale sul furto in appartamento senza postulare alcun giudizio sul proprietario della casa. L’imparzialità risiede nel processo, ossia deve funzionare solo sulle procedure che portano al giudizio Al Capone contemporaneo rispetto ad un identico reato commesso da chiunque altro.

In conclusione la Riforma distorce il concetto di giusto processo in un giudizio sull’operato del singolo magistrato, inquirente o giudicante che sia, facendo emergere un specie di “giudizio di Dio” sull’uomo/donna magistrato. Un Godzilla (mostro padrone incontrastato della landa) riemerge da una visione arcaica dell’esercizio giudiziario in cui l’elemento centrale è la valutazione del magistrato e non la corretta applicazione della legge. Nella riforma dello Stato propugnata da Licio Gelli, gran maestro di Propaganda 2, emergeva chiaramente che il magistrato doveva essere sottoposto ad un giudizio psico-attitudinale per accertarne le capacità ad esercitare la professione, che in parole povere voleva dire la malleabilità del magistrato al potere esecutivo. La Riforma ricalca tale impostazione furbescamente occultata con il parametro della perseguibilità del giudice in caso d’errore. Ma l’errore non è più il mancato rispetto della Legge, ma la valutazione dell’imputato sull’operato del magistrato. Nel feudo era il suo Padrone (allegoricamente rappresentato come un drago tipo Godzilla) che, non volendo esercitare direttamente il ruolo di giudice, sceglieva chi doveva giudicare e cosa poteva essere sottoposto a giudizio. Chi oltre a Berlusconi e suoi scherani è interessato al ritorno di Godzilla?

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