Margherita Hack, ma è sicura che scienza e fede possano convivere?

Leggendo l’intervista di Cristiana Pulcinelli all’astrofisica Margherita Hack, pubblicata su l’Unità di oggi 2 luglio, sembra che anche la nostra grande astrofisica, dopo Veronesi,  stia perdendo smalto e lucidità. Anche se, leggendo attentamente l’intervista, si ha la sensazione che la giornalista abbia, surrettiziamente, spostato un po’ le opinioni della Hack verso proprie concezioni teologiche, leggendo le risposte dell’astrofisica non ci possono essere dubbi sul suo pensiero che sembra stia migrando verso la metafisica.

Dire, come scritto sull’organo del Pd, che Dio “dovrebbe essere contento che i suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza, si avvicinino sempre più ai segreti della sua Creazione”, significa assumere per certa l’esistenza di Dio. Certo i lettori non hanno visto la fisiognomica del volto, né sentito il tono con cui la Hack ha risposto alle domande: se per esempio, dopo questa frase, si fosse fatta una bella risata, il senso sarebbe esattamente opposto.
Ma con i se e con i ma non si avanti, e allora non rimane che prendere per buono ciò che sta scritto sulla carta stampata e confrontarsi con i suoi contenuti.
Questo articolo, intitolato, con un ossimoro, ‘La fede laica della Hack’, apre con una richiesta di resa per gli atei “Arrendiamoci, ci sono domande a cui l’essere umano non potrà mai rispondere: perché c’è l’universo e non il nulla?” E già qui ci sarebbe da rispondere: primo, che il nulla non esiste in natura, è solo un concetto filosofico; secondo perché contrapporre una esistenza ad una non esistenza? Che senso ha? È come chiedere “perché Berlusconi è nato?” Che senso ha?. Va beh lasciamo perdere, non vogliamo rilasciare diagnosi di schizofasia.

 

Continua la Pulcinelli “Il fatto è che la scienza si occupa del ‘come’ e non del ‘perché’ delle cose”. Si potrebbe rispondere che la scienza inizia, con i Presocratici, con il concetto di archè, vale a dire con la ricerca ‘del principio delle cose’, da dove sono venute le cose della natura, di come è fatta la realtà naturale. Quindi la Pulcinelli avrebbe ragione .. avrebbe ragione se gli scienziati affrancandosi dalla religione poi non si fossero chiesti perché la peste era contagiosa. E questo lo poterono fare solo pensando e amando gli esseri umani e non credendo che qualche divinità facesse ammalare gli esseri umani. Se avessero creduto non sarebbero stati scienziati che lottavano contro le malattie, ma sacerdoti o stregoni intenti con arti magiche e apotropaiche ad allontanare il ‘male’.
L’affermazione che segue, sempre della Pulcinelli, lascia di stucco: “quindi i motivi per cui l’universo è così come lo conosciamo non potremo scoprirli attraverso il metodo scientifico”.
E ci si potrebbe domandare “e come allora, usando il metodo fideistico religioso, cioè tutto ciò che non si sa è perché Dio non vuole che si  sappia?

 

E ci si potrebbe anche chiedere: “perché parla di inconoscibilità?”. Das Unbewußte, l’inconoscibile, parola coniata da Schelling nei primi anni dell’ottocento, e erroneamente tradotta in italiano con la parola ‘inconscio’, appartiene alla semantica religiosa non certo a quella scientifica. Per il pensiero scientifico non esiste nulla di ‘inconoscibile’. Esiste il non conosciuto, il non ancora conosciuto. L’inconoscibile è un concetto religioso che paralizza la ricerca scientifica; l’inconoscibile è il muro dell’alienazione religiosa che separa gli esseri umani dal suo proprio essere per la ricerca continua dei perché sulla natura, e soprattutto per la ricerca infinita dei suoi perché sulla realtà umana.
E quindi se assumiamo che la fede, che ha come matrice l’alienazione religiosa, è un disturbo del pensiero che impedisce la ricerca scientifica, come possiamo postulare una possibile convivenza nel pensiero, di un unico individuo, di fede e scienza? Lo scienziato, se credesse nel sistema tolemaico, non cercherebbe nel cielo altre rivoluzioni siderali, e anche se le percepisse non le ‘vedrebbe’ perché  il suo sguardo sarebbe miope per il disturbo del pensiero. Un ricercatore che fa esperimenti sulle cellule staminali credendo, come affermano pseudo scienziati cattolici, che queste siano persone, sarebbe paragonabile a Josef Mengele il medico nazista che faceva esperimenti sugli esseri umani.
Quindi non si può essere d’accordo con la Hack quando dice: “Scienza e fede possono benissimo convivere. (…) Ateo e credente possono anche dialogare, a patto che ambedue siano laici, nel senso che rispettano le credenze o le fedi dell’altro senza voler imporre le proprie”.
Strano modo di pensare, e di dire, per non prendere la responsabilità di ciò che si dice. Giochi di parole: credente che può essere laico e viceversa. Discorsi fatui che non portano a nulla a quel nulla che non esiste in natura ma nella mente di molti esseri umani.

 

Pulcinelli Cristiana, nomen omen, dice che Margherita Hack parte da un presupposto: “tanto il credente che il non credente non possono dimostrare l’esistenza o la non esistenza di Dio”.  
Ma per quale ragione un essere pensante dovrebbe dimostrare la non esistenza di una cosa che non esiste, se non nella mente di un credente? A meno che, come Jago nell’Otello di Shakespeare, non si pensi: “Non so sia vero, ma per il solo fatto che lo penso è vero”. Però Jago ha fatto una finaccia.
Insomma, un labirinto mentale dal quale sarebbe impossibile uscire senza il filo rosso di Arianna che suggerisce la sostanziale differenza tra fantasticheria mentale e pensiero che indaga la realtà umana e intuisce ciò che sta sotto l’epidermide del reale.

 

 

 

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