Lettera a Monti. Restituisco la mia laurea allo Stato

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri, Professore Mario Monti,
ai diversi pensieri che in questi giorni affollano le menti e le strade di questa Italia ormai irriconoscibile, desidero aggiungere il mio, corredandolo della volontà di restituire allo Stato la mia Laurea specialistica.

Non mi serve più, e non ho certo intenzione di mantenerla appesa alle pareti di uno studio che grazie al Suo decreto sulle Liberalizzazioni dovrà chiudere i battenti. Una Laurea in Ingegneria Meccanica conseguita nel 1995 all’età di soli 23 anni che, ancora oggi, mi consente di detenere il primato di più giovane laureato d’Italia, e che in un Sud senza industrie, né santi in paradiso o “privilegi” per poter accedere ad una borsa di studio o ad un assegno di ricerca, ma grazie alla continua volontà di aggiornamento e desiderio di crescita, si è trasformata nel mezzo per costituire uno studio d’ingegneria che, tra mille sacrifici, ha realizzato opere importanti ed ha onorato la Professione consentendo anche a tanti giovani di formarsi e di avviare, a loro volta, la propria strada.

Sedici anni di attività da libero professionista singolo che ha sempre creato sinergie e collaborazioni con i diversi studi specialistici di architetti, geologi, agronomi, geometri, al fine di redigere un prodotto che fosse al top delle qualità sotto tutti gli aspetti, ed al tempo stesso rispettoso delle Leggi e Norme, non solo tecniche ma etiche e deontologiche.
Già da tempo si continua a ripetere che le professioni necessitano di una pratica di “liberalizzazione” e Ella stessa, Professor Monti, ha sottolineato che ognuno deve “rinunciare ad una parte del proprio privilegio”. Mi chiedo, e Le chiedo, quali siano i privilegi di un libero professionista singolo o associato che deve combattere quotidianamente con i “furbi” legalmente autorizzati dallo Stato.

Il settore tecnico in Italia, egregio Professor Monti, è già liberalizzato e sorprende il fatto che Ella e l’intero Suo Governo non abbia contezza del fatto che esistono soggetti come geometri, dottori geometri, ingegneri ed architetti (ormai sono così chiamati quelli con le lauree triennali che afferiscono all’Albo “B” degli Ordini professionali) per infine passare agli Architetti ed Ingegneri Magistrali cui faccio parte. A questa giungla di tecnici, il cui accesso alla Professione è stato regolato previo Esame di Stato, si aggiungono coloro i quali, in barba alla leggi, operano l’attività progettuale “in nero”. Sono i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, i docenti delle scuole e delle università e quanti “arrotondano” il loro stipendio fisso utilizzando (semmai) la disciplina sul part-time ma di fatto operando nel regime di concorrenza sleale. A ciò si aggiunge il fatto che tali soggetti non hanno alcun problema in merito al regime pensionistico, tenuto conto che lo stesso è regolato dal lavoro principale dipendente a tutto discapito del libero professionista “puro” che, attraverso l’iscrizione alle Casse di Previdenza, deve provvedere in maniera autonoma versando la quota minima anche in assenza di reddito percepito. Già, egregio Professor Monti, perché spesso i professionisti, e mi riferisco ai tecnici, non riescono a sbarcare il lunario per via dei ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, del mancato esborso da parte del privato (basti verificare quanti tecnici sono costretti a fare ricorso alla legge per il riconoscimento dell’onorario) e per la difficoltà economica che si incorre nel mantenere “vivo” uno studio tecnico.

Ella, Professor Monti, con la sua idea delle libera professione “facilitata” dal sistema Italia, con la continua “presunzione di colpevolezza del libero professionista”, inquadrato ormai in un contesto di “evasore fiscale” per eccellenza, attraverso il provvedimento che intende far approvare, metterà in ginocchio migliaia di professionisti seri che hanno dedicato la loro vita ad un’attività che dimostra di essere, per importanza, tra le prime nel nostro Paese. Io sono disposta a restituire il mio “pezzo di carta” ma non credo che con questo gesto Ella ed il Suo Governo ne trarranno beneficio. Se chiudono gli studi professionali per “fallimento indotto dallo Stato” sarà il fallimento dell’intero Paese e mi creda se Le dico che, ai miei 40 anni, non è bello dover buttar via i sogni ed i sacrifici che si sono fatti pensando alle generazioni future mantenendo autonomia decisionale rispetto al potere dei forti (o degli arricchiti che costituiscono le società di ingegneria basate sul capitale economico) e dei prepotenti e furbi che operano nei sottofondi della legalità. La invito a riflettere bene ed a lavorare partendo dalle basi vere che pretendono chiarezza dei ruoli (e non confusioni) della qualità progettuale, della esecutività delle opere, della responsabilità civile e penale, e soprattutto del rispetto dell’opera d’ingegno che ad oggi è stata garantita, seppur con grandi difficoltà, dai minimi tariffari che costituiscono, attraverso la tutela ordinistica, l’unico mezzo per far valere i propri diritti. Operi seriamente sulle pubbliche amministrazioni e ponga dei paletti fermi sulla scelta lavorativa che ognuno vuole svolgere, dipendente o libero professionale.
Solo così si farà chiarezza ed Ella potrà agire con una manovra equa e giusta.
Confido nel suo senso dello Stato e della legalità.
Distinti Saluti

Giulia Fresca
(ingegnere – giornalista)

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe