Adolescenti tra solitudine, disuguaglianze e intelligenza artificiale

Un’età fragile sospesa tra isolamento e desiderio di affermarsi

L’adolescenza è tornata al centro del dibattito pubblico, non come fase di passaggio marginale, ma come snodo decisivo per il futuro del Paese. I dati contenuti nella 16ª edizione dell’Atlante dell’Infanzia a rischio in Italia, intitolata “Senza filtri” e presentata da Save the Children, restituiscono un quadro complesso: da un lato adolescenti consapevoli delle difficoltà che attraversano, desiderosi di trovare nuovi spazi di espressione e condivisione; dall’altro giovani sempre più esposti a isolamento, solitudine e disuguaglianze profonde.

In Italia, nel 2024, oltre un adolescente su quattro tra gli 11 e i 15 anni (26,1%) è a rischio povertà o esclusione sociale, con forti differenze territoriali. Se al Nord la percentuale si ferma al 15,2%, nel Mezzogiorno sale fino al 41,9%. A pesare sono anche le disuguaglianze legate alla cittadinanza: il rischio riguarda il 24,2% dei ragazzi italiani e ben il 38% di quelli senza cittadinanza.

Come sottolinea Raffaela Milano, direttrice del Polo Ricerche di Save the Children, «le disuguaglianze economiche, educative e sociali si fanno più pesanti proprio in questa fase cruciale della crescita, rischiando di compromettere il futuro». Un futuro che molti adolescenti chiedono a gran voce di poter costruire attraverso studio, sport, viaggi, sperimentazione e relazioni autentiche.


Chi sono gli adolescenti italiani oggi

Gli adolescenti tra i 13 e i 19 anni sono oggi poco più di 4 milioni, pari al 6,86% della popolazione: uno ogni quindici abitanti, a fronte di una popolazione sempre più anziana in cui gli over 65 sono ormai uno su quattro. In Lombardia si concentra il numero più alto, con oltre 700 mila adolescenti, mentre Liguria e Piemonte mostrano percentuali più basse ma comunque significative.

Il dato demografico, già di per sé rilevante, si intreccia con la struttura delle famiglie: cresce la quota di nuclei con un solo figlio, segnale di una trasformazione sociale che incide anche sulle reti di supporto e sulle opportunità educative e relazionali dei più giovani.


La scuola come luogo di opportunità e disuguaglianze

La scuola resta il principale spazio di vita degli adolescenti, ma è anche il luogo in cui emergono con maggiore evidenza i divari territoriali e sociali. In alcune regioni del Nord, come la Lombardia, la dispersione scolastica implicita alla fine delle superiori è relativamente bassa (3,7%), mentre la media nazionale supera l’8%.

Resta però evidente la difficoltà degli studenti di origine straniera ad accedere ai percorsi liceali, nonostante una presenza significativa nelle scuole secondarie di secondo grado. Un dato che interroga il sistema educativo sulla reale capacità di garantire pari opportunità e mobilità sociale.


Salute mentale: una fragilità crescente

Uno degli aspetti più critici che emerge dall’Atlante riguarda il benessere psicologico. Meno della metà degli adolescenti dichiara di stare bene dal punto di vista mentale, con un divario marcato che penalizza soprattutto le ragazze. Nel 2023, gli accessi in Pronto Soccorso per disturbi mentali tra 0 e 17 anni sono stati oltre 64 mila, tornando ai livelli pre-pandemia.

I servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza restano insufficienti e disomogenei sul territorio. Anche nelle regioni meglio attrezzate, come la Lombardia, la domanda supera spesso l’offerta, lasciando molti ragazzi e famiglie senza risposte adeguate.


Tempo libero, cultura e sport come indicatori di benessere

La possibilità di vivere il tempo libero in modo attivo è uno dei principali indicatori di benessere adolescenziale. Lettura, attività culturali, sport e socialità non sono semplici svaghi, ma strumenti fondamentali di crescita e inclusione. Tuttavia, anche qui emergono forti differenze legate al contesto economico e territoriale.

Una quota non trascurabile di adolescenti, soprattutto nelle aree più fragili, non pratica alcuna attività fisica, mentre l’accesso a teatro, concerti e iniziative culturali resta spesso limitato. Elementi che contribuiscono ad alimentare isolamento e senso di esclusione.


Quando l’intelligenza artificiale diventa il nuovo confidente

In questo scenario si inserisce un fenomeno nuovo e potenzialmente dirompente: l’uso dell’intelligenza artificiale come supporto emotivo e psicologico. Secondo l’Atlante di Save the Children, oltre il 41% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni ha utilizzato strumenti di IA per chiedere aiuto nei momenti di tristezza, solitudine o ansia, e una percentuale simile per ricevere consigli su scelte importanti della propria vita.

Per molti adolescenti l’IA è percepita come “sempre disponibile”, non giudicante, capace di ascoltare. Un “interlocutore ideale” che, però, solleva interrogativi profondi sul piano educativo ed etico. Il professor Elvis Mazzoni, docente di psicologia all’Università di Bologna, ha osservato come sempre più giovani si rivolgano ai chatbot per parlare dei propri problemi psicologici, spesso preferendoli a persone reali.

Il rischio è che l’intelligenza artificiale diventi una sostituzione impropria delle relazioni educative e di cura, anziché uno strumento di supporto. Come ricordava Platone, e come ribadisce spesso Massimo Crepet, educare significa anche saper dire dei “no”, cosa che un algoritmo, per sua natura, non può fare.


La sfida educativa del futuro

Le richieste degli adolescenti sono chiare: più ascolto, più servizi per la salute mentale, più spazi di aggregazione, più scuola come luogo di benessere, non solo di istruzione. Ma c’è anche un’urgenza nuova: avviare un dialogo intergenerazionale sull’uso dell’intelligenza artificiale, per comprenderne rischi e opportunità e definire regole, responsabilità e percorsi educativi adeguati.

«È necessario potenziare la rete dei servizi per la salute mentale e fare in modo che la scuola si assuma anche la funzione di educare alle relazioni, all’affettività e alla sessualità», sottolinea ancora Raffaela Milano. Senza dimenticare il ruolo delle istituzioni locali nel creare spazi fisici e simbolici in cui i ragazzi possano incontrarsi, creare, fare sport e sentirsi parte di una comunità.


Un investimento sul futuro

L’adolescenza non è un problema da gestire, ma un investimento da fare. Ignorare le disuguaglianze, la solitudine e il ricorso improprio all’intelligenza artificiale come surrogato emotivo significa compromettere il futuro sociale, culturale ed economico del Paese. Riconoscere invece i bisogni degli adolescenti, ascoltarli e accompagnarli, è la vera sfida educativa del nostro tempo.

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