Manicomi criminali, chiusura rinviata al 2015. Rammarico di Napolitano

ROMA – Sarebbero dovuti sparire definitivamente oggi, 1 aprile 2014, gli Opg, ovvero gli Ospedali Psichiatrici giudiziari, secondo quanto previsto dal  decreto legge del 25 marzo 2013.

Il decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211, successivamente convertito in legge 17 febbraio 2012, n. 9, aveva in realtà disposto la chiusura delle strutture per la data del 31 marzo 2013. Così non è andata di fatto, e ci sarà una ulteriore proroga, di un solo anno fortunatamente. Si perché è scampata  l’ipotesi di un posticipo di tre anni, come invece auspicato dalle Regioni.  

“Un autentico orrore indegno di un paese appena civile” li aveva definiti il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma è di oggi la sua firma ‘con rammarico’ alla proroga urgente della norma sugli Opg, decisa in Consiglio dei ministri ieri. Un passo che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha definito obbligato, poiché le strutture sostitutive che dovranno ospitare i detenuti non sono ancora pronte. Insomma si dovrà  attendere il 1 aprile del 2015 per vedere la chiusura (si spera definitiva stavolta) di quelli che comunemente vengono chiamati manicomi criminali, in attesa appunto che le Regioni riescano finalmente a realizzare le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza sanitarie (Rems), che dovrebbero puntare più sul recupero della persona che sulla detenzione. 

“Ho firmato con estremo rammarico il decreto-legge di proroga urgente della norma del dicembre 2011 relativa agli ospedali psichiatrici giudiziari” – ha quindi stigmatizzato Napolitano in una nota – “Con rammarico per non essere state in grado le Regioni di dare attuazione concreta a quella norma ispirata a elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli. E ho accolto con sollievo interventi previsti nel decreto-legge di ieri per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in ospedale giudiziario soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e ‘fare fronte alla sua pericolosità sociale’”. 

Gli Opg sono nati in Italia nell’800 e attualmente di questa sorta di ‘non luoghi’ di annichilimento e di miseria, ne esistono ancora 6: Montelupo Fiorentino, Aversa,  Napoli,  Reggio Emilia,  Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, Castiglione delle Stiviere, Mantova.  In tutto 890 gli internati.  Strutture dove la dignità dell’essere umano viene totalmente cancellata dalla violenza di situazioni estreme, nonché dall’abuso farmacologico. Dove i sistemi di ‘cura’, se così possono definirsi, e di custodia si avvicinano molto di più alla tortura, insomma dove la dimensione carceraria prevale sicuramente su quella terapeutica e di recupero, tenendo in poca considerazione le singole patologie.

Una relazione del 2011, di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, aveva certificato la carenza, non solo numerica del personale sanitario, ma anche le deficienze dal punto di vista igienico-sanitario e clinico-terapeutico.  Senza contare che in alcune di queste strutture il numero dei ‘detenuti’ supera di gran lunga la capienza massima della struttura stessa.

Due le sentenze della Corte Costituzionale (n. 253/2003 e n. 367/2004)  che hanno dichiarato incostituzionale la mancata applicazione di misure alternative all’internamento in OPG. Ma di  fatto i manicomi criminali tra un rivio e l’altro sono sopravvissuti e lo faranno per un anno ancora.

Immagini girate nel 2011 in alcuni Opg dalla Commissione d’inchiesta del Senato sono ben esplicative, nella loro terribile drammaticità, dell’orrore che si consuma in questi luoghi di ‘inumanità’.  Denuncia che emerge in tutta la sua crudezza anche dal recente documentario di Francesco Cordio, ‘Lo Stato della follia’. ‘Criminale’ e  ‘folle’ è dunque tenere aperti i manicomi criminali, una realtà che come disse il capo dello Stato “umilia l’Italia rispetto al resto dell’Europa”.

Trailer del docufilm “Lo Stato delle follia” di Francesco Cordio 

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