Anniversari. Intervista immaginaria a Eugenio Montale dedotta dal suo discorso al Nobel

Quarant’anni fa di questi giorni, il 12 settembre 1981, moriva Eugenio Montale: aveva 84 anni, da quattro era Senatore a vita, quasi ottantenne aveva vinto il premio Nobel per le lettere.

Era stato per tutta la vita giornalista al Corriere della sera senza fare carriera: fino all’ultimo è rimasto redattore ordinario, il primo livello della professione. Fu lui a non voler mai essere promosso. Lo considerava un immeritato privilegio. E’ proverbiale la modestia di Montale, anche per il Nobel si sentì in dovere di dare spiegazioni, quasi non lo meritasse. E nel discorso pronunciato a Stoccolma davanti al re di Svezia il 10 dicembre 1975 come schernendosi precisò: “Ho scritto poesie e per questo sono stato premiato ma sono stato anche bibliotecario, traduttore, critico letterario e musicale e perfino disoccupato per riconosciuta insufficienza di fedeltà ad un regime che non potevo amare. In ogni modo sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà”.

Si può chiedere ad un grande poeta cosa pensa della poesia? E’ come chiedere a Henry Ford se vedeva il futuro dell’automobile o ai fratelli Lumiérès se il cinema avrebbe avuto un futuro o al Papa se crede in Dio: si rischierebbe una rispostaccia. Ma Montale la domanda se l’era già posta quando decise di intitolare così  il suo discorso per la sera del Nobel:“Potrà sopravvivere la poesia nell’universo delle comunicazioni di massa?”  In proposito aveva espresso idee chiare. 

A rileggere quel discorso svedese, con poche acconce domande si può improvvisare una intervista postuma ma incredibilmente attuale.

 Cos’è la poesia?

 “Non è una merce, essa è un’entità di cui si sa assai poco”

Chiunque può diventare poeta? 

“La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti, basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto.” 

Scomparirà mai la poesia?

“L’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto ha distrutto tre quarti della letteratura greca. Oggi nemmeno un incendio universale potrebbe far sparire la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni, ma si tratta appunto di produzione, cioè di manufatti soggetti alle leggi del gusto e della moda. Che l’orto della Muse possa essere devastato da grandi tempeste è più che probabile, certo. Ma mi pare altrettanto certo che molta carta stampata e molti libri di poesia debbano resistere al tempo”.

 Molta poesia di oggi si esprime in prosa… 

“Molti versi di oggi sono prosa e cattiva prosa. C’è poesia anche nella prosa, in tutta la grande prosa non meramente utilitaria o didascalica. Esistono poeti che scrivono in prosa o almeno in più o meno apparente prosa, milioni di poeti scrivono versi che non hanno nessun rapporto con la poesia. Il mondo è in crescita, quale sarà il suo avvenire non può dirlo nessuno”. 

Resta il fatto che i poeti, quelli veri, hanno della vita una visione pessimistica. Senza scomodare Leopardi, neanche Montale brilla di entusiasmo: ”Chissà se un giorno butteremo le maschere / che portiamo sul volto senza saperlo./ Per questo è tanto difficile identificare / gli uomini che incontriamo”. Già Ungaretti aveva osservato che “Si sta come d’autunno / sugli alberi le foglie”, mentre per Quasimodo “Ognuno sta sul cuore della terra / trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”. (Come ben sanno gli umoristi, questi versi stupendi hanno avuto una graffiante parodia che ha portato all’autore ulteriore popolarità: ”Mensa aziendale: ed è subito pera”. Quando lo ha saputo ne avrà riso anche il poeta siciliano). E la milanese Alda Merini? Spiritosa nonostante gli anni di manicomio che spiegano l’amarezza dei suoi versi: “Ero matta in mezzo ai matti / I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti / Sono nate li le mie più belle amicizie / I matti sono simpatici, non come i dementi / che sono tutti fuori, nel mondo / I dementi li ho incontrati dopo / quando sono uscita” . Ironica: ”Mi piace la gente/ che sceglie con cura/ le parole da non dire”. 

Come l’anniversario dantesco, anche i quarant’anni dalla morte di Montale sono stati degnamente celebrati con cerimonie e pubblicazioni. Fra queste ultime il bel libro Eugenio Montale. Poesie a cura di Giovanni Raboni edito da Mondadori per il Corriere della sera: un bellissimo volume, fin dalla elegante copertina bianca, che non dovrebbe mancare dalle biblioteche domestiche, solo che si voglia veramente godere del piacere della lettura della grande poesia. Come consigliava Eugenio Montale.

Sandro Marucci

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