Screening neonatale, appello della Consulta delle malattie rare a Cernobbio

Bertoglio: “Comporterebbe un risparmio su quello che il SSN spende in disabilità”

ROMA – Il tema dello screening neonatale è ormai uscito da qualche tempo dagli ambiti ristretti di discussione in cui era stato costretto fino a pochi anni fa, grazie al sempre più forte impegno nato dal mondo associativo e spesso collegato al tema delle malattie rare approda ormai nelle più importanti sedi di dibattito delle politiche socio sanitarie. E’ successo di nuovo ieri pomeriggio quando di questo argomenti si è parlato a Cernobbio, nell’ambito  della Seconda Conferenza Nazionale sulla Ricerca Sanitaria. Non è mancata a questo incontro la voce, molto forte, dei pazienti – e dei genitori dei piccoli pazienti – rappresentata da Flavio Bertoglio, presidente della Consulta Nazionale della Malattie Rare.  “Una società che vuol dirsi evoluta – ha detto infatti Bertoglio – deve porsi come obiettivo quello di  offrire lo screening neonatale per tutte quelle malattie rare che hanno o avranno una cura. Diagnosticare per sapere e sapere per curare significa evitare un terribile calvario alle famiglie, costi enormi per il sistema ma soprattutto una vita normale per il bambino e per l’adulto che diventerà.

Al contrario – ha proseguito –  la mancanza di screening ha conseguenze gravissime fino alla degenerazione dei sintomi in una forma di disabilità grave, spesso gravissima che implica un ricorso intensivo al Sistema Sanitario e Socio Assistenziale con costi per pensioni di invalidità e accompagnamento, ausili ecc…”.    

Attualmente in Italia lo screening neonatale è regolamentato per legge solamente per 4 malattie (la fenilchetonuria, l’ ipotiroidismo congenito, la fibrosi cistica, la galattosemia). E anche nell’esecuzione di questi screening in effetti ci sono ancora dei vulnus a livello di alcune regioni. 

“Sono solo 4 malattia su decine che non solo potrebbero essere diagnosticate – ha aggiunto ancora Bertoglio -, ma per le quali (in molti casi) basterebbe una dieta appropriata per curarle. Eppure, l’allargamento dello screening oltre a quelle quattro malattie rimane a discrezione della regione o su iniziativa di alcuni ospedali che stanno attuando progetti pilota. Ogni regione si comporta diversamente e sono pochissime quelle che hanno avviato programmi seri di allargamento. E la cronaca è ricca di esempi di bambini che, nati nella regione “sbagliata”, non hanno avuto la possibilità di accedere ad uno screening alla nascita, hanno ottenuto una diagnosi tardivamente e la degenerazione della malattia ha prodotto danni irreversibili. Rivolgo questo grido d’aiuto a tutte le  Istituzioni coinvolte nonché ai referenti politici affinché questo importante obiettivo, per il quale la nostra Associazione si batte insieme alle altre da anni, possa essere raggiunto quanto prima in tutto il Paese”.

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