Sindrome di Sneddon: una delle malattie più rare al mondo

ROMA – Una tra le patologie più rare al mondo è la Sindrome di Sneddon (SS), vasculopatia trombotica non infiammatoria, caratterizzata sia da eventi cerebro-vascolari che dalla presenza della livedo racemosa, una particolare colorazione violacea della pelle di arti e tronco, conseguente a disturbi della circolazione.

Le prime segnalazioni della malattia risalgono alla fine degli anni cinquanta, con l’associazione della sintomatologia cutanea all’ischemia cerebrale ma solo a metà degli anni sessanta Sneddon descrisse nel dettaglio i primi 6 pazienti, definendo nel dettaglio una patologia che oggi ha un’incidenza di 4 individui per milione all’anno: si tratta quindi  di un disturbo poco frequente e che colpisce prevalentemente le donne tra i 20 e i 42 anni.

La pubblicazione di una review su Orphanet Journal of Rare Diseases offre l’occasione di approfondire sia gli aspetti clinici che patologici di una malattia poco nota ma, non per questo, da sottovalutare. La SS insorge per lo più in maniera sporadica (anche se sono stati osservati alcuni casi familiari a trasmissione autosomica dominante) e si presenta nella maggior parte dei casi con la comparsa a livello del tronco, dei fianchi, delle natiche e degli arti inferiori di un’area scura sulla pelle, di colore violaceo-bluastro a macchie, simile ad una rete (la cosiddetta livido racemosa). In buona parte dei pazienti la comparsa di questa area pigmentata può precedere l’avvento di manifestazioni trombotiche a livello cerebro-vascolare. In casi più rari essa può apparire dopo la comparsa dei sintomi neurologici. A questo livello si registra una sintomatologia specifica che colloca l’ictus in cima alla lista, proprio a causa di attacchi ischemici e infarti cerebrali a carico dell’arteria cerebrale media. Altri evidenti sintomi neurologici comprendono emiparesi, disturbi del campo visivo e afasia ma, con il tempo, non è infrequente la comparsa di disturbi cognitivi e della personalità che possono portare anche alla demenza. Infine i pazienti affetti da SS  possono presentare ipertensione ed altre patologie delle valvole cardiache, oltre che compromissione delle funzioni renali e complicazioni a livello oftalmologico.
 
L’eziologia della SS non è nota ma si ritiene che i livelli degli ormoni riproduttivi femminili, l’utilizzo di contraccettivi orali e l’ipertensione siano correlati con la progressione della malattia. Circa il 40-50% dei pazienti con SS è positivo per la presenza di anticorpi antifosfolipidi (aPL) e ciò può fornire un’indicazione per la classificazione della malattia entro una classe di disturbi accomunati da tale alterazione. La definizione del quadro clinico risulta fondamentale per formulare la diagnosi della malattia. I pazienti in cui si sospetti la SS devono essere sottoposti ad un ampio ventaglio d’esami che va dalla risonanza magnetica all’angiografia cerebrale, sino alla biopsia cutanea, passando per una completa valutazione sierologica che escluda altre patologie autoimmuni. In particolare, la diagnosi differenziale si pone con sindromi come la sclerosi multipla, il lupus eritematoso sistemico ed altre patologie nelle quali compaia la livido racemosa.
Non esiste un trattamento ottimale per la SS e sebbene sia stato rilevato che la nifedipina riduca notevolmente i sintomi dermatologici, essa non previene le complicazioni cerebro-vascolari. Gli studi sinora condotti concordano sul ricorso alla terapia anticoagulante associata a Warfarin. Nei pazienti con attacchi ischemici acuti, la terapia trombolitica si è dimostrata sicura e affidabile, come pure il ricorso a farmaci ACE-inibitori e alle prostaglandine (PGE1). La terapia a base di ciclofosfamide ha avuto esito positivo in una sperimentazione e questo conferma la necessità di svolgere altri studi a conferma dei risultati ottenuti e nella speranza di ottenerne ulteriori di interesse clinico.

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