Libia. Summit a Parigi. Le ultime ore del Colonnello Gheddafi. Imminente l’attacco

ROMA – Dopo l’approvazione della risoluzione 1973 da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, i Paesi che  hanno espresso la loro disponibilità a far parte di una coalizione per mettere fine al regime di Muammar Gheddafi e alla carneficina che sta compiendo contro il suo popolo, potrebbero entrare in azione molto presto.

Il destino della Libia si gioca in queste ore, in questi minuti, mentre le diplomazie discutono sul da farsi osservando con una certa preoccupazione l’evolversi della situazione. Dalla Libia, intanto,  gli insorti lanciano messaggi che lasciano ben poco sperare. Il rispetto del cessate al fuoco, imposto dall’Onu, non è mai stato osservato dal rais ed ora restano una manciata chilometri a dividere le brigate governative dai rivoltosi, barricati all’interno della città di Bengasi, definita la roccaforte del movimento ribelle. Ma si combatte anche a Misurata, distante appena un centinaio di chilometri da Tripoli, a Zintan, a sud di Tripoli e a Arrujban, un’altra città a sud est della capitale, da ieri sottoposte a incessanti bombardamenti dalle truppe del leader libico.

Per questo motivo, nonostante l’ipotesi di un intervento militare abbia diviso l’opinione pubblica, è  sempre più probabile che a breve i cieli libici saranno solcati dagli F16 della coalizione per sferrare un attacco alle truppe del Colonnello.  Francesi, britannici, canadesi, statunitensi e anche arabi in prima linea sono pronti a far decollare i loro caccia militari, altri paesi hanno offerto le basi nei loro paesi come appoggio, ma anche  velivoli per gli aiuti umanitari per far fronte all’esodo di migliaia di cittadini in fuga dalle zone di guerra,  che da giorni sono fuggiti per raggiungere le zone di confine. Ma la scelta che in queste ore si sta discutendo al vertice composto dai paesi occidentali e dalla Lega araba al summit di Parigi non è da poco, visto che all’ordine del giorno verranno affrontati prevalentemente gli aspetti militari del probabile intervento.  L’Unione africana, invece, grande assente nella capitale francese,  ha indetto un vertice a Nouakchott in Mauritania per discutere e affrontare gli aspetti diplomatici della crisi libica. Due vertici impegnati, ma su fronti diversi. Non è quindi solo una questione del petrolio, che rimane comunque una posta in gioca determinante per gli interessi internazionali, perchè la guerra porterà inevitabilmente con sè una scia di morte. Su questo molti ne sono pienamente sicuri. Senza contare alle conseguenze sociali, quali l’immigrazione, il fenomeno del terrorismo, e soprattutto il timore che questo intervento si possa rivelare controproducente dando un colpo di grazia alla stabilizzazione di tutta l’area del mediterraneo. La paura che quest’area sensibile dell’Africa settentrionale si possa trasformare in un nuovo Afghanistan non è infatti da sottovalutare, anche se non è previsto nessun tipo di invasione terrestre.  

Il rais, intanto,  prende tempo, continua con le sue deliranti minacce, cerca di trasformare la realtà a suo personale vantaggio, al fine di impressionare  gli amici di un tempo, ora avversari pronti a colpirlo. Le ripercussioni in caso di un attacco saranno disastrose, aveva ripetuto più volte Gheddafi. Ha inviato anche una missiva al presidente Usa, Barack Obama, al presidente francese, Nicolas Sarkozy, al primo ministro britannico, James Cameron, e al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nella quale avrebbe scritto: “rimpiangerete ogni ingerenza in Libia”.  Il popolo libico – sempre secondo il rais – sarebbe pronto a morire per il suo leader. Insomma “se attaccate ve ne pentirete” continua a ripetere Gheddafi in queste ore. Forse le ultime per il sanguinario dittatore.

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