Il genocidio di Sebrenica: storia di una tragedia evitabile

Quello del massacro di Sebrenica è un atto che è stato considerato un genocidio dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja ed una delle peggiori atrocità commesse dopo quelle della Seconda guerra mondiale dai nazisti. I suoi responsabili sono stati arrestati, giudicati e condannati.

All’appello mancava solo il comandante in capo Ratko Mladic. A sedici anni da quel massacro con il suo arresto, avvenuto oggi in Serbia, di fatto tutti i responsabili della strage sono stati assicurati alla giustizia. Il primo processo per Sebrenica venne celebrato contro Drazen Erdemovic, condannato nel 1998 a 5 anni di prigione e liberato nel 2000. Poi è toccato a tutti gli altri man mano che venivano arrestati. Il generale che diresse l’attacco, Radislav Krstic è stato invece, condannato a 35 anni per genocidio, con pena confermata in appello nell’aprile del 2004. L’ex capitano Milorad Trbic venne condannato il 16 ottobre del 2009 a 30 anni di prigione per genocidio, pena confermata in appello. Nel maggio del 2007, il colonnello Vidoje Blagojevic è stato condannato a 15 anni di carcere insieme a Dragan Jokic, condannato a 9 anni. Il 10 giugno 2010  sono stati condannati rispettivamente a 5 e 19 anni di carcere i generali Milan Gvero e Radivoje Miletic. Nel 2010 sono stati condannati all’ergastolo gli ex ufficiali dell’esercito serbo-bosniaco, Vujadin Popovic e Ljubisa Beara. Nello stesso processo sono state comminate condanne a 13, 17 e 35 anni anche agli ex ufficiali Vinko Pandurevic, Ljubomir Borovcanin e Drago Nikolic. Sono ancora sotto processo l’ex capo di Stato Maggiore dell’esercito jugoslavo, Momcilo Perisic, l’ex leader politico serbo-bosniaco Radovan Karadzic, arrestato nel luglio del 2008, e il generale serbo Zdravko Tolimir. Anche all’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, morto in carcere l’11 marzo del 2006, era stata contestata la responsabilità nel massacro di Sebrenica.

 

I fatti risalgono all’estate del 1995, terzo anno della guerra di Bosnia, quando Sebrenica, un’enclave musulmana nella Bosnia orientale serba, era sotto assedio da quasi tre anni. Nonostante che la città fosse stata dichiarata dall’ONU zona protetta l’allora capo di stato maggiore, il generale serbo-bosniaco Ratko Mladic, se ne infischiò e ordinò ai primi di luglio l’attacco finale. La città venne bombardata giorno e notte, mentre i carri armati avanzavano. L’11 luglio i serbo-bosniaci irruppero nella città e i suoi 40mila abitanti fuggirono abbandonando tutto e si diressero, in cerca di scampo, verso la base dell’ONU di Potocari, più a nord.

 

Furono in circa 7mila quelli che riuscirono a entrare nell’area della base, mentre molti altri si accamparono nei dintorni certi di essere ormai in salvo protetti dai circa mille caschi blu olandesi che avrebbero dovuto difendere la città e che invece, se ne stettero buoni buoni nella loro base senza muovere un dito. Di fatto consegnarono ai serbo bosniaci la città. Fu così anche all’arrivo dei serbo-bosniaci lanciatisi all’inseguimento dei bosniaci musulmani fuggiaschi. Ancora una volta i caschi blu non intervennero, mentre Mladic, nei cinque giorni successivi alla presa della città, fece separare gli uomini dalle donne e dai bambini. Per uomini si intende dai 12 ai 77 anni.

 

Gli uomini, secondo le testimonianze dei sopravvissuti e secondo l’atto di accusa del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, ITCY, che con una sentenza dell’aprile 2004 ha stabilito per primo che fu genocidio, furono passati per le armi. I morti furono poi gettati in fosse comuni nelle quali si cercò di far sparire i corpi dei bosniaci musulmani trucidati in pochi giorni dai soldati di Mladic.

 

Le donne, quasi tutte vittime di stupri, si misero in cammino insieme ai bambini e si diressero a piedi verso Tuzla dove arrivarono dopo giorni di marcia e raccontarono cosa era accaduto. La tragedia ha pesato per anni sulla coscienza della comunità internazionale. Per Srebrenica, nell’aprile 2002, il governo olandese guidato da Wim Kok decise di dimettersi dopo che l’Istituto per la documentazione di guerra riconobbe la responsabilità dei politici e dei caschi blu olandesi nel non aver saputo impedire quel massacro.

 

Fino ad oggi, a distanza di tanti anni, è stato possibile tumulare solo circa 7mila di quei corpi di oltre 8mila civili trucidati nel 1995. Resti umani ritrovati nelle fosse comuni finora individuate e identificati attraverso il Dna. Ancora oggi nell’area si registrano ritrovamenti di fosse comuni. Dalla fine della guerra, sono state individuate quasi un centinaio di fosse comuni di vittime del massacro del luglio di 16 anni fa. Circa 5mile di queste vittime riposano nel memoriale del massacro a Potocari posto a perenne memoria. Nel marzo dello scorso anno, il parlamento di Belgrado si era scusato per i morti di Sebrenica affermando di non aver fatto abbastanza per prevenirlo. Nel luglio successivo poi, il presidente serbo, Boris Tadic si era recato a Potocari per rendere omaggio alle vittime della barbaria serbo bosniaca.

 

 

Ferdinando Pelliccia

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