Narcotraffico. Lo scandalo Fast and Furious

CITTA’ DEL MESSICO – Il 14 dicembre del 2010 presso Rio Rico in Arizona moriva l’agente di frontiera Brian A. Terry, dopo essere stato colpito all’addome da una raffica di proiettili sparati con un fucile AK-47. L’agente Terry ed i suoi colleghi stavano cercando di difendere degli immigranti clandestini dall’assalto di un gruppo di uomini armati.

Dal numero di serie di due Kalashnikov rinvenuti dopo sparatoria, si è scoperto che facevano parte di una partita di armi “donate” dal governo americano al Cartello di Sinaloa.

L’operazione, gestita dall’ATF (ufficio per il controllo di Alcol, Tabacco e Armi) e denominata “Fast and Furious”, consisteva nell’utilizzare le armi come una sorta di cavallo di Troia per infiltrarsi all’interno dell’organizzazione malavitosa e arrivare a catturare i vertici. Così, nel 2009, oltre duemila fucili automatici vennero fatti deliberatamente penetrare in Messico. Ma, evidentemente, qualcosa è andato storto: gli agenti americani hanno perso il controllo delle armi quando queste hanno cominciato a passare di mano in mano negli ambienti malavitosi. Si può dire che il risultato dell’operazione sia stato un “blowback” – termine che la CIA usa per definire quelle azioni che producono conseguenze indesiderate e spiacevoli.

L’agente dell’ATF John Dodson ha dichiarato alla commissione di inchiesta: “si suppone che l’ATF sia il guardiano – il cane da pastore – che ci protegge dai lupi che vogliono predarci specialmente lungo il confine meridionale. Ma invece di scovare il capobranco, gli abbiamo affilato i denti, aggiunto artigli, mentre tutto quello che facevamo era sedere pigramente e vedere, monitorare e notare come diventava un predatore più efficiente ed efficace”.

La commissione del Congresso, presieduta da Darrel Issa, sta scavando nello scandalo. Alcune teste sono già saltate: il direttore della ATF, Ken Melson, è stato costretto a lasciare l’incarico assieme al procuratore degli U.S.A. per l’Arizona Denis Burke. L’imbarazzo si è esteso anche ad altre agenzie come quella per la Sicurezza Nazionale. Melson ha imputato il fallimento dell’operazione, tra le altre cose, alla poca comunicazione tra le varie agenzie e le forze dell’ordine. Il dito è stato puntato, in particolar modo, contro la DEA (Drug Enforcement Administration) e la FBI (Federal Bureau of Investigation), colpevoli di non aver condiviso con l’ATF le informazioni in loro possesso.

Il vero scandalo è il fatto che gli Stati Uniti, oltre a non intervenire per bloccare il flusso di armi che entrano illegalmente in Messico attraverso il confine settentrionale, contribuiscono ad alimentarlo attraverso operazioni gestite con enorme superficialità.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe