Olanda, europeisti in vantaggio

I populisti di Geert Wilders sono in calo mentre la sinistra di Roemer non cresce, Rutte e Samson restano quindi favoriti e con loro le loro formazioni liberale e socialdemocratica

AMSTERDAM – Anche nei Paesi Bassi, come è successo in gran parte del Nord Europa, gli slogan dei populismi di destra sembrano ormai spuntati, mentre si fa strada il realismo politico della soluzione collettiva dei problemi dei ventisette: il PVV (Party for Freedom) di Geert Wilders non appare più in grado di dare seguito alla crescita cui sembrava destinato dopo aver causato la crisi dell’esecutivo di Centrodestra guidato dal liberale Mark Rutte (il cui People’s Party for Freedom and Democracy, VVD, uno dei più antichi in Olanda, aveva ottenuto quasi due milioni di voti sui poco meno di nove milioni e mezzo espressi nel 2010).

Nel campo dei progressisti invece le critiche della sinistra di Emile Roemer (il Socialist Party, SP, quasi un milione di voti nel 2010) non sembrano più capaci di promuovere ancora la crescita di questa lista, che trova le sue radici nei movimenti di protesta che cambiarono in profondità l’Olanda tra gli anni sessanta e settanta. Restano quindi in sella due forze tradizionali della politica nei Paesi Bassi, il VVD di Mark Rutte (Centrodestra liberale moderato) ed i Socialdemocratici di Diederik Samson (più di un milione ed ottocentomila voti nel 2010), che vengono dati in queste ore alla pari, lasciando aperta la porta ad uno di quegli esecutivi di coalizione che hanno governato molte volte il paese, bisogna dire con risultati soddisfacenti per l’assetto socioecomico dello stato, dove la disoccupazione è rimasta molto bassa (attorno al cinque per cento) nonostante le crisi. I due avversari potrebbero infatti arrivare entrambi a quota trentacinque deputati a testa sui centocinquanta e trovarsi a diventare il baricentro del nuovo governo.

Nelle coalizioni più larghe sono stati presenti più volte sia il partito Socialdemocratico oggi guidato da Samson (PvdA, Labour Party), che il Christian Democratic Appeal (Cda) che ha raccolto, nel 2010 con quasi un milione e trecentomila voti, l’eredità della maggior parte delle liste che facevano riferimento alla religione cristiana nelle sue varie espressioni, ma al partito cristianodemocratico sarà difficile questa volta giocare un ruolo, come ha fatto molte volte con alleanze di centrodestra e di centrosinistra, perchè il suo consenso è collassato a causa dello scontento generale verso le forze tradizionali. Resterebbe però lontano dal milone e quattrocentocinquantamila voti del 2010 anche il partito populista PVV (che aveva dato l’appoggio esterno all’esecutivo formato da VVD e CDA) in forte calo.

Alcuni partiti sono riusciti a presentare all’elettorato parte dei temi che erano stati il cavallo di battaglia dei nuovi movimenti politici negli ultimi anni: il partito liberale (VVD) con la comunicazione di argomenti securitari che sono stati una caratteristica del PVV di Wilders, i Laburisti del PvdA con le critiche all’economia globale dominata dalla finanza di cui aveva parlato soprattutto il Socialist Party (SP). Anche Verdi (GL) e Partito Animalista (PvdD) dovrebbero riconquistare i loro spazi, non trascurabili per quanto riguarda i Verdi, ma sostanzialmente Socialdemocratici e Liberali rimangono al centro dell’attenzione.

E’ evidente uno spostamento a sinistra, dal momento che Emile Roemer ha delle possibilità di portare il Partito Socialista (SP) al terzo posto. I Socialdemocratici reggono nonostante la concorrenza a sinistra, raggiungono il partito liberale nelle previsioni di voto e vedono la presenza di molte forze che potrebbero partecipare ad un governo a guida di Diederik Samson, che propone obiezioni in senso sociale alla gestione della politica di austerità (che molti inclusi i populisti di destra hanno rimproverato al Primo Ministro Mark Rutte, descritto come acquiescente alla politica tedesca) pur restando nel campo europeista.

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