STOCCOLMA – Disoccupazione e discriminazione, Stoccolma sbotta. Sesta notte di disordini nei quartieri più poveri della capitale svedese. Husby, Tensta, Kista, Rinkeby, e Fittja le zone ritenute più calde, ma la tensione nell’aria si respira anche altrove. Nella notte di ieri diversi veicoli sono stati dati alle fiamme.
Lo ha riferito un fotografo della France Presse, che ha visto un veicolo bruciare nel quartiere di Tensta, a quaranta chilometri dal centro cittadino. Ma episodi vandalici si sono consumati anche in altre parti della capitale. Come ha riferito l’agenzia svedese TT. Addirittura una scuola sarebbe stata data alle fiamme: è successo lo scorso venerdì a Oerebro, città a 160 km da Stoccolma. Per fronteggiare ulteriori disordini “sono stati inviati ulteriori rinforzi della polizia sia a Stoccolma che a Malmoe così come a Goteborg”, almeno questo è quanto riportato alla stampa dal portavoce della polizia Kjell Lindgren. Si tratta di tre zone che negli ultimi anni sono state condizionate da episodi di violenza civile.
La situazione è stata ritenuta così grave che Stati Uniti e Gran Bretagna, attraverso i suoi ministeri degli Esteri, hanno caldeggiato ai concittadini che si trovano in quelle zone per motivi turistici, di non valicare le zone più calde, così come di presentare massima cautela nelle manifestazioni.
Il tutto è partito lo scorso 19 maggio. Sei giorni dopo che la polizia ha sparato ad un 69enne che si era barricato in casa nel suo appartamento di Husby. Un episodio che secondo alcuni quotidiani internazionali avrebbe fatto scattare la miccia per le rivolte. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Secondo Camila Salazar, operatrice per la “Fryshuset”, un ente di beneficenza, i giovani delle zone marginali di Stoccolma si lamentano di non avere le stesse opportunità di quelli di altre zone. Una mancanza di giustizia sociale. Ma anche delle lamentele per l’alto tasso di disoccupazione giovanile, che a gennaio i dati nazionali recitavano con appena il 7.7%. Quella totale a marzo raggiungeva l’8.4%, inferiore al totale UE del 10.9% e al 12.1% dell’Eurozona.
Ma evidentemente non è tutto oro quello che luccica. Nella regioni scandinave, le più evolute per quanto concerne le politiche di sviluppo e di progresso presentano anomalie. Molte infatti sarebbero le concentrazioni di povertà in alcune zone del Paese. David Lea, analista per la “Western Europe at Control Risks” ha dichiarato in tal senso che “ci sono aree di reddito inferiore e povere a livello immobiliare a Malmo e Stoccolma, dove cose di questo genere possono accadere”. E in momenti di crisi, in cui l’export cala e in conseguenza anche la parte più consistente di queste economie, questi dati si accentuano di più. “Noi non abbiamo avuto la possibilità di finire le scuole” urlano dalle periferie. Un suono che stride come un graffio sulla lavagna in Paesi che vengono ritenuti il “Top”. Quelli che stanno bene anche perché non c’è l’Euro. Gli stessi paesi dei padri che stanno a casa ad accudire i figli mentre le mogli lavorano. La patria del welfare ben gestito. Evidentemente non ovunque e non per tutti.