E’ morto Nelson Mandela. Il ritratto di un Presidente, nel nome di Madiba

ROMA – Dopo una lunga infezione polmonare è giunto l’Addio a Nelson Mandela, 95 anni. E’ stato Jacob Zuma, ad annunciare stasera in un discorso televisivo alla nazione la scomparsa del suo predecessore, eroe della lotta all’apartheid nel Paese. Zuma ha ordinato il lutto nazionale. “Voglio ricordare con semplici parole la sua umiltà, la sua grande umanità per la quale il mondo intero avrà grande gratitudine per sempre”. 

Simbolo della lotta all’oppressione, premio Nobel per la pace, un grande uomo, un grande Presidente, figura torreggiante nella transizione dall’apartheid alla democrazia in Sudafrica. Tra i più grandi e umanitari statisti del secolo corrente. Dignità, forza morale e integrità, le qualità note in tutto il mondo. La sua lotta, durata una vita, per la libertà, la giustizia, l’uguaglianza rendono ogni giorno, un giorno “Mandela”. 

Ogni parola aggiunta, diventa oggi, superflua ed ingombrante, in rispetto di una persona cui ha vissuto la propria vita in favore degli altri.

 

Attimi di vita. Figlio di un capo della tribù Thembu, Nelson Rolihlahla Mandela nacque il 18 luglio del 1918. Dopo aver seguito gli studi nelle scuole sudafricane per studenti neri si laureò in giurisprudenza. Nel 1944 diventò membro dell’ANC (African National Congress) accompagnando per anni campagne pacifiche contro l’ Apartheid.

Nel 1960 il Regime di Pretoria, durante “il massacro di Shaperville”, eliminò volontariamente 69 militanti dell’ANC. Mettendo al bando e fuorilegge l’intera associazione. Mandela, si salvò alla strage. Venne poi arrestato nel 1963 e condannato all’ergastolo. Nel discorso pronunciato di fronte ai giudici del tribunale, prima del mandato d’arresto, furono pronunciate queste famose parole: “Sono pronto a pagare la pena anche se so quanto triste e disperata sia la situazione per un africano in un carcere di questo paese. Sono stato in queste prigioni e so quanto forte sia la discriminazione, anche dietro le mura di una prigione, contro gli africani… In ogni caso queste considerazioni non distoglieranno me né altri come me dal sentiero che ho intrapreso. Per gli uomini, la libertà nella propria terra è l’apice delle proprie aspirazioni. Niente può distogliere loro da questa meta. Più potente della paura per l’inumana vita della prigione è la rabbia per le terribili condizioni nelle quali il mio popolo è soggetto fuori dalle prigioni, in questo paese… non ho dubbi che i posteri si pronunceranno per la mia innocenza e che i criminali che dovrebbero essere portati di fronte a questa corte sono i membri del governo”.

 

Il regime lo tenne segregato in carcere a lungo e nel febbraio del 1985, l’allora presidente sudafricano Botha offrì a Mandela la libertà chiedendo di rinnegare la guerriglia. In realtà, l’accusa di sovversione armata fu solo un modo per gettare discredito sulla sua persona. Ad ogni modo la proposta fu rifiutata. Solo nel 1990 Nelson Mandela venne liberato.

 

Nel 1993 fu insignito del premio Nobel per la pace mentre l’anno dopo, eletto Presidente della Repubblica del Sudafrica e capo del governo. Resterà in carica fino al 1998.

 

Durante il suo mandato subì ingiuste battaglie, “trentanove case farmaceutiche intentarono un processo a Nelson Mandela portandolo in tribunale. Con l’accusa di aver promulgato nel 1997 il Medical Act, una legge che permetteva al Governo del Sud Africa di importare e produrre medicinali per la cura dell’Aids a prezzi sostenibili. A causa delle proteste internazionali che tale causa sollevò, le suddette multinazionali decisero di desistere dal proseguire la battaglia legale”.

 

Nel giugno 2004, all’età di 85 anni, annunciò il suo ritiro dalla vita pubblica per passare il maggior tempo possibile con la sua famiglia. Il 23 luglio dello stesso anno, con una cerimonia tenutasi a Orlando (Soweto), la città di Johannesburg gli conferì la più alta onorificenza cittadina: il “Freedom of the City”.

Mandela: “mi riposerò in Qunu”

Nelson Mandela non ha mai dato istruzioni dettagliate per la sua sepoltura, ma quasi 20 anni fa, espresse la volontà di esser sepolto in Qunu. Cercava la semplicità pur consapevole del  fatto che il suo funerale sarebbe stato inevitabilmente un affare globale.

Susan Sontag, per Nelson Mandela, 22 Agosto 1986

“Un prigioniero politico è in carcere, la cruda condanna è l’ergastolo. Molti uomini e donne di questo pianeta sono imprigionati e messi a tacere per le loro opinioni. La maggior parte degli abitanti di un intero paese sono emarginati e oppressi, così come  in molti altri paesi donne e uomini vengono privati ​​delle libertà democratiche e della giustizia sociale.

Perché quest’uomo? Perché questo Paese?

Quest’uomo è esemplare. Fuori della sua prigione, ha una moglie, figlie, amici, compagni, che, vivono in  condizioni terribili, subiscono incessanti molestie e pur il grande pericolo che affrontano quotidianamente perseverano e continuano la lotta portata avanti da Mandela. Madiba vorrebbe essere un uomo  libero. Ma accetterà solo la libertà incondizionata. Non negozierà con i suoi rapitori. La sua libertà è legata indissolubilmente alla libertà del popolo che rappresenta. Egli non può negoziare la loro libertà come un prigioniero qualsiasi. Si dice spesso che l’uomo è un “simbolo”. Ma nessuno è di per sé un simbolo. Lui è il megafono di una nazione.

 

Non può essere trattato come un prigioniero politico comune, segregato, affamato picchiato, umiliato, privato del contatto con i parenti e con il mondo esterno. Testa tacita di un partito politico che, anche se non svolge alcun ruolo politico formale e ha il suo quartier generale in esilio, già esercita grande potenza; fatto capo di stato, il presidente di un paese democratico che ancora non esiste ma esisterà, egli è sia un simbolo, che vivono in quello che è (date le attuali realtà del suo paese), un luogo simbolico, giustamente, una prigione, e una vera e propria forza politica.

 

(…) Cerchiamo la sua libertà, perché noi cerchiamo la libertà della maggioranza degli abitanti del suo Paese. La sua libertà è loro. Egli vorrebbe così. Chiediamo la sua libertà. E la libertà di coloro per i quali egli è imprigionato”.

Emanuela Santilli

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