Isis: un nuovo rapporto accende i riflettori sul sistema di torture

BEIRUT – Che i miliziani dello Stato islamico si siano macchiati dei piu’ orribili crimini di guerra e’ ampiamente noto, cosi’ come e’ facile immaginare il trattamento riservato ai prigionieri.

Un nuovo studio pubblicato dall’International Centre for the study of violent extremism, tuttavia, fornisce i dettagli dei metodi utilizzati dal gruppo jihadista nel suo sistema carcerario. L’autore, Ahmet S. Yahyla, ex capo delle operazioni anti terrorismo della polizia turca, spiega come innanzitutto le prigioni dell’Isis siano gestite da differenti divisioni del gruppo terroristico, tra cui la hisbah (la polizia morale), la Emni (le forze di sicurezza interna) e una vera e propria polizia militare. 

I metodi di tortura previsti in carcere – che secondo gli esperti sono stati in gran parte usati anche nelle carceri del regime – sono essenzialmente sette: frustate, bruciature, il “tappeto volante”, la “sedia tedesca”, lo “shabeh” (fantasma), il “timpano” e il “pneumatico”. Buona parte dei dettagli di questi metodi sono frutto di testimonianze di prigionieri, come quella di un trentatreenne siriano vittima di ustioni gravissime ai genitali, e altri 71 ex detenuti. Gli ultimi tre metodi sono volti ad esporre chirurgicamente delle parti sensibili del corpo del prigioniero, per poi frustrarle. Le bruciature vengono effettuate versando benzina su diverse zone del corpo, per costringerlo ad ammettere un crimine o altro. 

Il “tappeto volante” (bisat al rih) consiste nel legare il prigioniero per le mani e per i piedi in posizione supina ad una tavola di legno pieghevole: in questo modo e’ possibile far toccare le due estremita’ del suo corpo, spesso causando lesioni permanenti alla spina dorsale. Sono previste anche scosse elettriche trasmesse attraverso le dita del torturato. Sulle donne, questo tipo di tortura e’ ancor piu’ cruento, ed e’ portato generalmente avanti dalle donne della polizia morale del Califfato. 

La “sedia tedesca” (chiamata cosi’ perche’ pare fosse un metodo utilizzato dalla Stasi) consiste invece nel legare per mani e piedi il prigioniero a una sedia metallica, dotata di un meccanismo che permette all’aguzzino di tirarla all’indietro, fino a causare anche in questo caso lesioni permanenti alle giunture e alla spina dorsale. Lo “Shabeh” (fantasma) viene a volte utilizzato in “combinazione” con la sedia tedesca, altre volte da solo: si tratta di legare per le caviglie, a testa in giu’, il prigioniero (a sua volta legato ad una sedia, se in combinazione con la sedia tedesca), picchiandolo o trasmettendogli scariche elettriche. Spesso il prigioniero viene lasciato a testa in giu’ per diversi giorni. Il metodo del timpano viene praticato sulle donne accusate di aver violato la Sharia: consiste in delle grosse ganasce di ferro, simili a grandi tenaglie, che vengono applicate al busto della donna, costringendola violentemente all’altezza del seno. Il metodo dello pneumatico, invece, prevede che il prigioniero venga immobilizzato all’interno di un grande pneumatico, appunto, con la testa e le gambe che rimangono al di fuori e vengono colpite con diversi oggetti, tra cui anche cavi elettrici. 

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