8 marzo, una storia tutta al femminile

ROMA – Il classico ramoscello di mimosa, un’uscita con le amiche, gli immancabili cioccolatini.

Come ogni tradizione che si rispetti, anche quest’anno la giornata dedicata alle donne vedrà calare lo spietato velo del marketing su quello che dovrebbe essere, prima di tutto, un momento di riflessione. A giudicare dai dati diffusi dall’Istat c’è ben poco da festeggiare: le donne continuano a essere discriminate sul lavoro (quando lo trovano) e a percepire, a parità di mansione, uno stipendio mediamente inferiore a quello dei colleghi uomini. Completano il triste quadro i sette milioni di donne, tra i 15 e i 70 anni, che hanno subito violenza sessuale o fisica nel corso della loro vita. Chi sperava nel terzo millennio come un punto di svolta nella condizione femminile, si è dovuto presto ricredere, almeno in questa prima decade. E, a dirla tutta, non serve la statistica per rendersi conto della situazione in cui vivono le donne di oggi.

Non più ancorate a un passato remoto, ma nemmeno pronte a spiccare il volo verso la piena autonomia. A trattenerle a terra sterili proclami di un femminismo demodé, a tratti patetico nel tentativo di applicare al linguaggio odierno slogan intrisi di muffa storica. Quando poi una donna riesce nel suo diritto di autodeterminazione, ecco comparire psicologismi improvvisati, quasi a delineare l’eccezionalità dell’evento. La condizione femminile trova eco nelle parole del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che, nel suo messaggio in occasione dell’8 marzo, ha dichiarato: “Sebbene il divario tra i sessi in materia di scolarizzazione si stia riducendo, in alcuni paesi persistono notevoli differenze: a troppe bambine viene ancora negato l’accesso all’istruzione, oppure le si costringe a lasciare la scuola precocemente, con scarse competenze e opportunità. Donne e bambine continuano a subire discriminazioni e violenze inaccettabili, spesso per mano di partner e familiari”.

Forse non è esagerato affermare che la vera parità tra uomini e donne si avrà quando non si avvertirà più il bisogno di una festa ad hoc, di un trattamento differenziato, di quote rosa, imprenditoria femminile e quant’altro. Si badi bene: non si vuole rinnegare l’importanza di preservare la memoria storica di quanto successo e degli ostacoli patiti dal genere femminile. L’augurio è che si continui a ricordare, sempre, senza l’ipocrisia di una giornata solo in apparenza dedicata alle donne, ma destinata ad andare in soffitta allo scadere della mezzanotte.

Tutto iniziò il 3 maggio 1908 a Chicago
E’ al Garrick Theater che per la prima volta una donna, la socialista Corinne Brown, presiede la consueta conferenza domenicale del partito socialista. Da lì la scelta di chiamare quella conferenza, a cui tutte le donne erano invitate, ”Woman’s Day”: il giorno della donna. All’ordine del giorno lo sfruttamento dei datori di lavoro ai danni delle operaie, in termini di basso salario e di orario di lavoro, le discriminazioni sessuali e il diritto di voto. Alla fine dell’anno il Partito socialista americano raccomanda a tutte le sezioni locali ”di riservare l’ultima domenica di febbraio 1909 per l’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile”. La prima e ufficiale giornata della donna viene quindi celebrata, negli Stati Uniti, il 28 febbraio 1909. L’anno dopo, alla Seconda conferenza internazionale dei partiti socialisti di Copenhagen, le socialiste americane decidono di proporre in Europa il festeggiamento di questa data riscuotendo grande successo. Le celebrazioni, nel 1911, slittano fino al 19 marzo per ricordare la promessa, fatta dal re di Prussia durante la rivoluzione del 1848, riguardo il voto alle donne. L’8 marzo del 1917, a Pietroburgo, numerose operaie e diversi gruppi di donne e mogli decidono di celebrare la Giornata della donna manifestando per ottenere del pane per i propri figli e il ritorno degli uomini dalla guerra. Nel 1921 le donne comuniste, riunite a Mosca per la seconda conferenza, scelgono l’8 marzo come giornata internazionale dell’operaia, in ricordo di quelle donne che quattro anni prima avevano sfilato contro la tirannia degli zar. In Italia una giornata dedicata alla donna si festeggerà solo a partire dal 1922, su iniziativa del Partito Comunista. Finita la guerra l’8 marzo viene festeggiato in ogni città italiana, mentre il classico fiore giallo, simbolo della giornata, si deve a un’idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei.

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