ROMA – Non sono trascorse nemmeno 24 ore dalla conclusione del raduno leghista di Pontida con le richieste perentorie di Bossi, a cui il governo dovrà tener fede entro sei mesi, che arriva la secca replica. E questa volta a contrastare il Carroccio di Bossi che chiede lo spostamento al nord di almeno quattro ministeri scendono in campo il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la governatrice del Lazio Renata Polverini, con tanto di gazebi allestiti al Pantheon di Roma per raccogliere le firme contro la Lega.
“Ministeri al nord? No, grazie”, è lo slogan stampato sui manifesti che segnano l’apertura della campagna condivisa anche da Pier Ferdinando Casini, il leader dell’Udc, e da tantissimi esponenti del Pdl, tra i quali il ministro Giorgia Meloni, il sottosegretario Andrea Augello, i deputati Fabio Rampelli e Barbara Saltamartini, il vice presidente regionale Luciano Ciocchetti. Solo per ricordarne alcuni.
“La proposta di spostamento di un numero indefinito di ministeri da Roma capitale, loro sede naturale prevista dalla Costituzione e da apposite norme di legge – riporta il testo – risulta avere motivazioni e finalità esclusivamente partitiche. Infatti, nessuna ragione di carattere sociale e organizzativo, nè tantomeno nessun obiettivo di maggiore efficienza ed efficacia dell’azione amministrative sarà raggiunto con tale proposta che, del resto, non ha basi giuridiche o storiche non trovando eguali in nessuna democrazia occidentale neppure a struttura federale, al contempo si tradurrebbe in un aumento di costi a carico dello Stato”.
Insomma Bossi con i suoi farneticanti proclami è riuscito a colpire nel segno i suoi stessi alleati spaccando come una mela quel che resta di un Pdl, già provato dalla debacle delle amministrative e dal recente referendum. Sembra di assistere a quelle battaglie epiche in cui i perdenti cercano in extremis l’ultima via di fuga, spesso tradendo gli stessi alleati con i quali avevano iniziato la guerra. E così nella maggioranza è caos. Chi accusa Alemanno e La Polverini di aver alzato troppo il tiro e chi, invece, la petizione la condivide e l’ha pure già firmata.
Sarà mai, ma questa volta la maggioranza ha dato la prova madre della sua incapacità a governare perdendosi nella futilità della sua politica. L’ipotesi di spostare i ministeri, infatti, non tocca più di tanto la maggior parte dei cittadini italiani che sono impegnati in cose ben più importanti, come quella di arrivare a fine mese nel tentativo di dare un futuro ai loro figli. Anzi, ieri a Roma qualcuno mormorava “Se li pijassero tutti sti ministeri così ce levano er traffico”. Insomma i problemi in Italia sono ben altri e questa maggioranza per un verso o per l’altro pensa a tutto fuorchè al bene della collettività, agli interessi dei loro stessi elettori che probabilmente ora si stanno rendendo conto quali personaggi hanno votato e quante promesse sono rimaste tali.
E così dalle riforme salva premier si sta passando a quelle dei ministeri al nord della Lega. Intanto l’Italia affoga afflitta dai suoi mali incurabili ereditati da una cricca di politici incapaci di guardare la realtà del loro paese.
Che dire, il dopo Pontida ha lasciato il segno: ha spaccato la maggioranza e ha fatto capire ancora una volta che l’unica sua arma è la demagogia di piazza. Una tattica in cui i dirigenti della Lega sono diventati esperti. A partire dalle gravissime parole pronunciate da Borghezio, l’avvocato leghista incomprensibilmente membro della Commissione per le libertà civili, ormai in preda al delirio di onnipotenza, e che nonostante le sentenze pronunciate contro il suo paese, continua a sedere nello scranno del parlamento europeo lautamente pagato con i soldi dei cittadini. Della serie “è bello sputare nel piatto dove mangi”, Tanto paga anche pantalone, lo stesso che la Lega ha sempre detto di odiare.