Il neo senatore Mario Monti premier? E Bossi minaccia: «Andare all’opposizione è bello»

ROMA – Toccherà a Mario Monti guidare il governo di emergenza prima delle nuove elezioni italiane? Di certo la nomina a senatore a vita è una notizia rilevante per l’Italia e per il Parlamento. Se qualcuno avesse in passato nutrito dubbi sull’affermazione del presidente Napolitano secondo cui non ci sono governi tecnici ma solo governi politici, da questa sera può superare quelle riserve.

Monti diventa da oggi un politico. A 24 ore dalle annunciate dimissioni da premier c’è una nuova rivoluzione copernicana per Silvio Berlusconi. Il premier, che ancora stamattina ripeteva “urbi et orbi” di vedere all’orizzonte solo il voto, apre infatti all’idea di un governo Monti. Dopo una giornata drammatica per il Cavaliere iniziata con la lettura dei giornali, pieni di foto di quelli che fino a ieri ha considerato fedelissimi e ora chiama «i traditori», è stato sottoposto al pressing dei più fidati collaboratori – da Gianni Letta a Denis Verdini a Fabrizio Cicchitto fino ad una decina di agguerriti ministri – «non si deve andare a votare, sarebbe una debacle, ed una campagna elettorale ora sarebbe da irresponsabili». Berlusconi si chiude a Palazzo Grazioli in una no-stop di incontri che somiglia tanto ad un gabinetto di guerra. La reazione dei mercati è pessima ed a metà pomeriggio anche il fratello Paolo arriva nella residenza romana del premier. «Mediaset sta sprofondando…» spiega un esponente di vertice del Pdl. Industriali e banche spingono per un esecutivo di salvezza nazionale, il Colle rassicura i mercati con una nota che serve però anche a mettere nero su bianco l’imminenza delle dimissioni, disintegrando il sogno segreto che qualcuno coltiva di un Berlusconi ancora in sella. Ma scoppia un’altra grana, proprio mentre il premier si rassegna all’idea di un governo Monti (con l’ultima pretesa però di avere un suo uomo di fiducia come vicepremier). Parte un’operazione degli “scontenti al contrario”: una pattuglia di ministri ed esponenti di punta ex An (La Russa, Matteoli, Ronchi, Meloni) e Fi (Brunetta, Sacconi, Gelmini) si schiera contro «il governo con il Pd». «Se tu accetti – arrivano a dire al premier – noi facciamo l’opposizione». L’idea giusta, rilanciano, è quella di Umberto Bossi: un governo guidato da Angelino Alfano che riunisca Lega, Pdl ed Udc. O altrimenti il voto, ed il più presto possibile«. In serata un vertice dei ‘neo ribellì si riunisce alla Camera. Berlusconi si trova così di fronte ad un partito spaccato, tra i molti che tirano per un governo delle larghissime intese (per dare risposte immediate ai mercati e all’Europa e portare il Paese fuori dalla crisi) e quelli che invece gli chiedono di non farsi convincere e puntare dritto al voto, come del resto fa la Lega.«Sono tutti ministri ex An ed ex Fi che hanno la matematica certezza di essere tagliati fuori da un esecutivo Monti o Amato, e si giocano la carta del voto», sibila un fedelissimo del premier. Ma il premier, quando a sera comincia l’ennesimo vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli, ha in testa un unico timing: sabato pomeriggio alle quattro il sì finale del Parlamento alla legge di stabilità, poi al Colle per le dimissioni. E dopo un nome soltanto: Mario Monti.

Il colpo è pesante ma Umberto Bossi prova a replicare con un sorriso: «Andare all’opposizione è bello». È questa la risposta della Lega Nord ad un eventuale governo tecnico guidato da Mario Monti. Ipotesi che con il passare delle ore appare sempre più realistica ma scombussola i piani del leader lumbard che invece chiede il voto anticipato. Anche il ministro Roberto Calderoli dice «no a pastrocchi di Palazzo» e chiede che «la parola torni al popolo». Lo spauracchio si è materializzato velocemente, complice lo sgretolamento del Pdl, con la regia del Quirinale attento a vigilare sulla tenuta economica del Paese in ginocchio sotto i colpi della speculazione finanziaria. Il leader del Carroccio ora non può reagire. Non ha nascosto in questi giorni perplessità sul protagonismo del Colle nel gestire la crisi politica ma è consapevole che la Costituzione prevede che il pallino sia nelle mani del Capo dello Stato. Responsabilità, semmai, il senatur le addebita a Silvio Berlusconi che ha portato la coalizione a sbattere contro il muro della sfiducia. «Che ne potevamo sapere che il Cavaliere sarebbe stato tradito dai suoi», spiega Bossi ai cronisti lasciando trapelare la propria irritazione per l’emorragia di parlamentari che abbandonato il Pdl. Ci si prepara perciò ad andare all’opposizione e si cerca di trovare il lato positivo della situazione: «Se sono così fessi, ci rifacciamo la verginità», spiega Bossi in un virgolettato riportato dalla Padania. L’ulteriore preoccupazione del senatur è di vedersi messo in minoranza nel partito che ha creato. Il Carroccio è lacerato internamente: i “bossiani” spingono per il voto anticipato (il capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni, ha ribadito che «la Lega vuole le urne e si oppone ad un governo nel quale c’è chi non ha ricevuti i voti per farlo»); i maroniani nei colloqui riservati continuano invece a puntare sulla prosecuzione della legislatura per rafforzare la propria posizione nel partito. A questi ultimi sarebbe anche arrivata la proposta di appoggiare l’esecutivo tecnico. L’offerta prevede la permanenza del ministro Roberto Maroni nell’esecutivo. Ma tale ipotesi porterebbe ad una frattura nella Lega. Il diretto interessato, a quanto si apprende, ha rifiutato la “polpetta avvelenata”. «Che senso avrebbe – spiega un maroniano – entrare in un governo che dovrà fare riforme durissime e poi dare il via ad una lotta fratricida? Maroni è un uomo accorto e non tradirebbe Bossi. Una proposta del genere è una offesa alla sua intelligenza». Tra i maroniani si valuta però la possibilità di dare un appoggio esterno all’eventuale governo Monti. In serata, lo stato maggiore della Lega raggiunge Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli. È il primo faccia-a-faccia tra il Cavaliere ed il senatur dopo la caduta del governo. Ci sono il ministro Calderoli, la vicepresidente del Senato Rosy Mauro ed i capigruppo di Camera e Senato Marco Reguzzoni e Federico Bricolo. Qualcuno nota l’assenza di Maroni.

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