Italia Lavoro. Quando a combattere il precariato ci pensano i precari

La storia di Marco

ROMA – La storia dei precari di Italia Lavoro potrebbe apparire una vicenda come tante altre, uno dei tanti abusi che le aziende (talvolta in crisi, talvolta anche con bilanci floridi e in attivo) sempre più spesso compiono ai danni dei propri dipendenti. Un contorno di surrealtà va delineandosi, invece, quando si viene a scoprire che l’Agenzia Italia Lavoro è una società per azioni partecipata al 100% niente meno che dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e che, ironia della sorte, ha come “mission” proprio quella di fungere da braccio del Ministero del Lavoro in termini di stabilizzazione dei precari e assistenza al ricollocamento. In poche parole, la lotta al precariato viene affidata a dei precari.  

Infatti l’azienda, dei circa 800 dipendenti complessivi, ne conta quasi 500 assunti con contratti a progetto, di collaborazione o comunque in forme a tempo determinato: nella maggior parte dei casi le promesse di un’assunzione definitiva  si sono rivelate inconsistenti, e vi sono numerosi casi di dipendenti assunti con contratti a tempo determinato da ben dieci anni, nonostante vi sia un regolamento aziendale targato 2008 che preveda un massimo di tre anni per l’utilizzo di forme contrattuali temporanee nei confronti dello stesso lavoratore. Tutto è filato più o meno liscio finchè, alle già intollerabili condizioni di precariato, non si sono aggiunti dei sostanziosi tagli del personale, i quali hanno avuto come conseguenza quella di lasciare a terra oltre un centinaio di lavoratori.

L’ennesima brutta pagina in tema di diritti negati, ci viene raccontata proprio da uno di questi lavoratori che per anni ha “collaborato” con l’Agenzia, e che ora si ritrova disoccupato e con ben poche prospettive davanti a sè.

Siamo a Dicembre 2011 e Marco, (nome di fantasia a tutela della privacy),   deve fronteggiare per l’ennesima volta la fine di uno dei tanti contratti a tempo determinato che negli anni della sua carriera si sono succeduti: questa volta, però, complici i tagli alla Pubblica Amministrazione delle ultime manovre, si viene a scoprire che la riassunzione non è più così scontata e, anzi, lo scenario è molto meno roseo del solito. Infatti, a conferma di ciò, Marco e numerosissimi altri “collaboratori” storici dell’Agenzia non vengono richiamati e di punto in bianco si ritrovano senza lavoro. Si dirà: è insito nel contratto a progetto il fatto che ci sia una scadenza e che non ci siano garanzie successive. Ma può ritenersi normale e legittimo che la politica di chi deve combattere il precariato sia quella di sfruttare al massimo delle possibilità ogni forma di contratto temporaneo e strumentalizzare questa opzione come mera alternativa a basso costo all’assunzione a tempo indeterminato?

Racconta Marco al telefono: “E’ da Dicembre che io e tantissimi altri colleghi ci ritroviamo in queste condizioni. Per di più l’azienda continua a pubblicare avvisi di incarichi e collaborazioni, ma con il nuovo regolamento per le assunzioni la figura dell’addetto, ovvero quella che io insieme a centinaia di altri dipendenti ricoprivamo, è praticamente scomparsa. Inoltre è scomparsa anche quella norma che prevedeva un diritto di prelazione per coloro i quali avevano già collaborato con Italia Lavoro: insomma, dopo anni di sfruttamento e precariato non ci viene riconosciuto assolutamente nulla ma, anzi, a giudicare dai contenuti degli avvisi e dai profili ricercati, l’obiettivo sembrerebbe proprio quello di svantaggiare determinati soggetti per avvantaggiarne degli altri. E pensare che l’Agenzia Obiettivo Lavoro, privata, sta invece adottando tutt’altra politica e sta cercando di stabilizzare tutti i suoi dipendenti.”.

Alla domanda se abbiano valutato la possibilità di adire le vie legali, anche in ragione del numero cospicuo di lavoratori in difficoltà, arriva un’altra amara risposta: “Sì, è vero, siamo in tanti, ma essendo soggetti a contrattazione individuale partiamo in netto svantaggio poiché in tale situazione non esiste un vero e proprio strumento che ci tuteli collettivamente. Insomma,sarebbe la classica lotta Davide contro Golia. ” Soprattutto grazie al lavoro certosino di alcune sigle sindacali, la questione è stata portata all’attenzione del Ministro Fornero e, inoltre, per i primi di settembre è previsto un incontro tra rappresentanti e vertici aziendali.

Come mi fa giustamente notare Marco, dietro tutto questo, celati dietro a numeri, regolamenti e terminologie da manuale di Diritto del lavoro, esistono, e forse sarebbe più corretto dire resistono, delle vite umane: persone che da mesi sono senza un lavoro e magari in questi anni hanno pensato di metter su famiglia, andare a vivere per conto proprio, insomma, costruirsi un futuro. Hanno realizzato, cioè, ciò che dovrebbe rientrare nell’ordine naturale delle cose. Che ne sarà di loro, dei loro figli, dei loro compagni di vita?

E ancora, cosa ne sarà di quel servizio, per alcune zone del Paese di particolare importanza, che aiutava altre vite in difficoltà a cercare un’alternativa? La telefonata con Marco si chiude ragionando proprio in questi termini: se la maggior parte dei precari che ora si trovano in mezzo ad una strada erano figure chiave all’interno dei centri per l’impiego territoriali in materia di ricollocamento, che cosa ne sarà di questo servizio che spesso ha giocato un ruolo fondamentale nell’aiutare lavoratori in difficoltà? Chi si occuperà di dare un sostegno concreto a queste persone, specie in questa particolare fase in cui a volte l’alternativa alla ricerca disperata di un lavoro è una tanica di benzina e una lettera straziante da lasciare ai propri familiari?

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