Ma il delitto Cesaroni rimarrà una tragica “incompiuta” dello Stato

Probabilmente, il nome dell’assassino di Simonetta Cesaroni, la giovane impiegata contabile trucidata in un caldissimo pomeriggio romano di ventidue anni fa non lo conosceremo mai. Investigatori e giudici hanno provato a scandagliare nella memoria di testimoni, parenti, amici, mettendo alla sbarra la persona più sospettabile, come il maggiordomo nei romanzi inglesi, cioè il fidanzato Raniero Busco ma il processo ha fatto acqua da tutte le parti.

Una sorta di gioco al massacro, un voler recuperare il tempo buttato via da indagini partite male e terminate peggio, dove si è immischiato tutto il possibile immaginario dei romanzi gialli, ricchi professionisti, massoneria, servizi segreti, un portiere prima accusato, poi scagionato, infine suicidatosi in trenta centimetri di acqua marina. Misteri su misteri che, in qualche modo, si è cercato, dopo addirittura venti anni, di scrollarsi di dosso individuando le responsabilità in un (allora) giovane fiamma, la cui saliva risultava presente su un reggiseno della povera Simonetta. È stato un facile gioco per la difesa sostenere che quelle tracce erano compatibili con un rapporto amoroso, senza che per questo si potesse avere la certezza materiale delle responsabilità di Raniero Busco. Per giunta, i giudici di appello hanno voluto vederci chiaro su quella che era stata considerata la “prova regina” di questo processo, chiedendo un’altra perizia, che ha smentito in pieno i risultati di quella precedente. A quel punto, la tesi della colpevolezza di Busco usciva irrimediabilmente compromessa da un processo che, forse, non avrebbe dovuto nemmeno iniziare.

Con la doverosa assoluzione con formula piena («Non ha commesso il fatto») di Raniero Busco si chiude così per sempre una tragica vicenda, che purtroppo non consentirà ai familiari di Simonetta di avere una, per quanto tardiva, giustizia. Ma certo, rimarrà nella memoria collettiva non soltanto lo strazio di una giovane vita frantumata e il fatto che un truce assassino è scampato per sempre alle maglie della giustizia, ma anche l’incapacità di magistratura e forze dell’ordine di allontanare quel senso di incompiutezza che questa vicenda ha fin dall’inizio mostrato più di altri fatti di cronaca nera, anche più eclatanti. Quel procedere a tentoni nelle indagini iniziali, la scena del crimine irrimediabilmente inquinata da decine di persone, l’affastellarsi senza costrutto di ipotesi investigative che non hanno portato a nulla, l’incredibile sequenza di errori nell’individuare “colpevoli” ben presto dimostratisi del tutto estranei a quei fatti. Insomma, un fallimento totale della capacità di uno Stato di acciuffare e punire come merita chi ha stroncato, con una sequenza impressionante di coltellate, il giovane corpo di una ragazza desiderosa, in quell’estate oramai avanzata, di partire per le vacanze. Un sogno come tanti, stroncato da un destino crudele.

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