ROMA – Sembra un vero e proprio sortilegio tramato contro le famiglie italiane. Aumenti, sacrifici, tirare la cinghia sono le nuove parole d’ordine da accettare in silenzio e rassegnazione altrimenti finiremo – come ci ripete da tempo il governo Monti – fuori dall’Europa, delle banche e dal vorticoso giro finanziario che le alimenta.
Intanto tra salari da fame, accesso al prestito negato e tasse più onerose arriva anche l’adeguamento delle tariffe deciso dall’Autorità per l’energia, che a conti fatti inciderà di almeno 2.201 euro all’anno per ogni famiglia. Almeno questo è il conto salato stilato da Adusbef e Federconsumatori che si va ad aggiungere ai rincari della benzina, delle tariffe energetiche, alimentari, Iva, servizi bancari, trasporto pubblico locale, e con l’introduzione della ormai famigerata tassa dell’IMU.
Così dal primo maggio la luce costerà un 4,3% in più, ovvero 21,44 euro a famiglia, perchè saranno ancora una volta i cittadini a coprire di tasca loro i costi degli incentivi diretti alle fonti rinnovabili ed assimilate. E pensare che in nome dell’energia alcuni territori sono stati stravolti in nome dell’energia “pulita”, come Civitavecchia o Porto Tolle.
Ma gli aumenti non finiscono qui. Sempre secondo le stime delle associazioni dei consumatori oltre alla tassa sulla casa, che primeggia tra i nuovi rincari con 405 euro a famiglia, bisogna tener conto delle spese alimentari, almeno 392 euro e di quelle relativa alla luce gas e benzina, 457 euro.
La consueta domanda sorge spontanea: quando riprenderà a crescere l’Italia se le famiglie diminuiscono il loro potere d’acquisto e di conseguenza anche i consumi crolleranno?
La risposta può darla anche un bambino. Come hanno sottolineato Elio Lannutti e Rosario Trefiletti presidenti Adusbef e Federconsumatori, si tratta di “aumenti insostenibili che determineranno pesantissime ricadute sullo stile di vita delle famiglie e sull’intera economia, che dovrà continuare a fare i conti con una profonda e prolungata crisi”.
Insomma continuare a tartassare ancora le famiglie significa impoverirle e renderle incapaci di dare il loro fattivo contributo alla ripresa economica. E non è detto che da questa vorticosa spirale non tanto diversa da quella che conobbe l’America degli anni ’20, saremo in grado di uscirne. Peccato nessuno abbia voglia di ammetterlo.