Vatileaks. Processo lampo per il corvo

A ottobre si decide la sorte del maggiordono

ROMA – Due ore e quindici minuti. Tanto è durata la prima udienza del processo apertosi questa mattina in Vaticano per lo scandalo “Vatileaks” a carico di Paolo Gabriele, ex maggiordomo del Papa, e Claudio Sciarpelletti, dipendente della Segreteria di Stato vaticana, accusati rispettivamente di furto aggravato e favoreggiamento in seguito all’inchiesta sul trafugamento delle carte riservate di Benedetto XVI.

L’imputato Gabriele, assistito dall’avvocato Cristiana Arru, è arrivato in aula da solo, scortato dai gendarmi ma senza l’accompagnamento di alcun familiare, mentre Sciarpelletti ha disertato l’udienza, facendosi rappresentare dal suo avvocato Gianluca Benedetti.

All’inizio dell’udienza è stato fatto l’appello dei testimoni, che in tutto dovevano essere 13. Otto i testimoni per Gabriele: gli agenti della Gendarmeria Vaticana Giuseppe Pesce, Costanzo Alessandrini, Luca Cintia, Stefano de Santis, Silvano Carli, Luca Bassetti erano stamani presenti in aula, mentre Cristiana Cernetti, una delle quattro consacrate laiche che svolgono servizio nell’appartamento pontificio, e mons. Georg Gaenswein, segretario particolare del Santo Padre erano oggi assenti perché a Castel Gandolfo con il Papa.  
Cinque i testimoni previsti invece finora per Sciarpelletti: oltre allo stesso Paolo Gabriele, anche il vice comandante della Guardia Svizzera, William Kloter, l’ispettore della Gendarmeria Vaticana Gianluca Broccoletti e monsignor Carlo Maria Polvani della Segreteria di Stato, nipote dell’attuale nunzio a Washington, Carlo Maria Viganò, protagonista di una controversia sulla gestione del Governatorato che è venuta alla luce grazie ai documenti sottratti da Paolo Gabriele.

La corte vaticana, presieduta da Giuseppe Della Torre e con i giudici a latere Paolo Papanti Pelletier e Venerando Marano, ha accolto la richiesta della difesa di Claudio Sciarpelletti di separare la posizione del dipendente della Segreteria di Stato da quella di Paolo Gabriele. La richiesta di separazione dei procedimenti, avanzata stamane in aula dall’avv. Benedetti, è stata motivata col fatto che le dichiarazioni rese in istruttoria da Sciarpelletti sulla busta con documenti che gli era stata trovata dalla Gendarmeria, non avrebbero favorito in alcun modo l’ex maggiordomo del Papa, anzi hanno indirizzato le indagini su di lui. E anche il contenuto della busta, che comunque era rimasta nel cassetto di Sciarpelletti in Segreteria di Stato, ”non conteneva materiale riservato”.

Accolte solo in minima parte, invece, le richieste dell’avvocato difensore di Paolo Gabriele, Cristiana Arru. La legale di Gabriele ha contestato innanzitutto l’incompetenza del collegio cardinalizio, sostenendo che ad occuparsi della violazione del segreto pontificio dovrebbe essere la Santa Sede (in base al diritto canonico) e non lo Stato della Città del Vaticano (in base ai codici di procedura penale in vigore all’interno delle Mura leonine). Il tribunale vaticano, presieduto da Giuseppe Dalla Torre, ha però rigettato la richiesta sottolineando che il processo è relativo al solo capo di imputazione del furto aggravato di documenti riservati della Santa Sede, e non riguarda, pertanto, il diritto canonico, ma quello vaticano.
Rigettata l’eliminazione dagli atti del procedimento delle immagini della telecamera installata sulla porta dell’abitazione di Gabriele che, secondo la difesa, non era stata autorizzata dal tribunale. Secondo il procuratore di giustizia, Nicola Picardi, l’autorizzazione del tribunale c’era e risaliva all’8 giugno scorso.
Rimandata la decisione dei giudici sull’eccezione sollevata circa la perquisizione dell’appartamento di Gabriele a Castel Gandolfo che si trova in territorio italiano e per la quale sarebbe servita un’autorizzazione speciale della Segreteria di Stato.
Respinta anche la richiesta di acquisizione della planimetria dello studio di don Georg, in quanto giudicata non accoglibile sotto il profilo della sicurezza.
Accolta, invece, la richiesta dell’avvocato Arru di togliere dagli atti i colloqui avvenuti in carcere fra il capo della Gendarmeria Domenico Giani e Paolo Gabriele in quanto non era presente la difesa, e il colloquio fra lo stesso Giani e don Georg.
La seconda udienza si terrà martedì prossimo, 2 ottobre, alle 9.30, come annunciato dal presidente del tribunale vaticano, Giuseppe dalla Torre, con l’interrogatorio dello stesso Paolo Gabriele, la cui sorte dovrebbe decidersi entro sabato 6 ottobre, al termine delle quattro udienze fissate per la prossima settimana.

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