Energia. Uno spazio politico europeo per definire nuove strategie

ROMA – A breve il Ministro Passera ha annunciato di rendere pubblica la Strategia Energetica Nazionale (SEN). E’ una scelta importante e positiva dopo più di un decennio di vuoto in cui i governi di centrodestra hanno lasciato il Paese del tutto privo di indirizzi in una materia strategica per il futuro.

Il compito non è dei più semplici in quanto non è assolutamente banale prevedere quali potranno essere i rapporti di forza e gli equilibri che guideranno la politica e l’economia globalizzata nei prossimi decenni, ma già oggi vediamo che spazi per una leadership mondiale si aprono per quei paesi come Cina, India e Brasile che stanno dimostrando un’elevata capacità di crescita. E’ altresì presumibile che un numero sempre maggiore di popolazioni di tutti i continenti richiederanno di assumere stili di vita paragonabili a quelli delle aree più evolute del Pianeta.
In questo nuovo scenario l’approvvigionamento energetico diventerà sempre più critico. Questa criticità avrà un forte impatto sulla competitività dei diversi sistemi produttivi visto il rilievo che assumeranno i costi energetici. Già oggi la nostra dipendenza energetica ci costa circa 60 miliardi di euro l’anno. E’ quindi senz’altro utile che il  Governo dei tecnici lavori ad una strategia nazionale vista l’incidenza che ha il costo dell’energia sulla competitività del nostro sistema produttivo, invece di insistere solo e soltanto sulla produttività del lavoro (dei lavoratori).  
Tuttavia, se dotare il Paese di una sua strategia è quanto meno doveroso, deve però essere chiaro che non è sufficiente in quanto è velleitario pensare di affrontare lo scenario futuro come  singolo Paese, al di fuori di un forte impegno europeo. D’altra parte la stessa UE, come l’Italia, è fortemente dipendente dalle forniture estere. E’ quindi necessario che il Governo faccia della Strategia Energetica Nazionale una carta per attivare una forte interlocuzione con la Commissione ed il Parlamento europeo, spendendo anche su questo terreno la sua competenza e credibilità.
Il punto su cui far leva sono i limiti della competenza concorrente previsti nel Trattato di Lisbona in materia di energia. L’articolo 194 del titolo XXI del Trattato indica gli obiettivi della politica energetica europea: il buon funzionamento del mercato interno dell´energia, la garanzia dell´approvvigionamento energetico e la preservazione dell´ambiente attraverso il risparmio energetico e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili. Questo articolo implica, nella sostanza, il riconoscimento della natura globale e integrata della politica energetica europea, dove accanto al nucleo storico della dimensione interna dei mercati dell´elettricità e del gas, assumerà un rilievo sempre maggiore la sostenibilità ambientale e la dimensione esterna dell´energia.

Una tabella di marcia verso un’economia competitiva

In coerenza a questo indirizzo la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo (8 marzo 2011) prevede una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio con obiettivi ambiziosissimi al 2050: una riduzione delle emissioni dell’ 80-95 % rispetto ai dati del 1990; investimenti per 275 miliardi di euro annui nelle tecnologie energetiche innovative, con investimenti nella relativa ricerca energetica di 50 miliardi nei prossimi dieci anni, e con ritorni dell’investimento previsti tra i 175 e i 320 miliardi annui. La Comunicazione inoltre dischiude grandi scenari per una cooperazione energetica davvero “globale” e  fa capire come possa essere determinante il ruolo dell’UE sul “mercato mondiale”.      
E’ chiaro però che, dato il carattere “concorrente” della competenza europea, ci sono non piccoli ostacoli da rimuovere per realizzare questi obiettivi. Infatti, nonostante i progressi nel settore dell’energia, l’UE non è ancora pienamente titolata per potersi sostituire ai singoli Stati e questi sono del tutto liberi di decidere il proprio approvvigionamento energetico. In assenza di questa “investitura” viene meno la condizione preliminare per una politica energetica esterna “comune” che assorba quella dei 27 Stati membri. Dunque l’Europa non può parlare con “una sola voce”.
D’altra parte non si può pensare che la politica energetica esterna sia solo il prolungamento, oltre i confini geografici dell’UE, della realizzazione del “mercato interno di elettricità e gas”. Questo è e resta certamente un obiettivo importante, e la stessa Commissione lo pone al primo posto nella Comunicazione. Sarebbe tuttavia riduttivo pensare che la proiezione esterna nel campo dell’energia sia solo lo specchio di quella interna. In sostanza solo un rapporto di “buon vicinato” con partners dell’area esterni all’UE, nell’auspicio  del loro interesse a partecipare ad uno “spazio energetico europeo”.

 La promozione a livello globale di standards ambientali

 
Collocandosi tra questi due poli la costruzione di “uno spazio europeo dell’energia” viene a dipendere in larga misura dalla capacità delle sue istituzioni di individuare azioni che, pur importanti, tuttavia non sono direttamente collegate alla sicurezza degli approvvigionamenti.
Testimonianze di questo sono presenti nella Comunicazione quando parla della promozione a livello globale di standards ambientali e di sicurezza più elevati. E’ questa un’azione che sicuramente può fare l’UE e non i singoli Stati in quanto presuppone un’impegnativa azione di pressing dell’UE presso le Organizzazioni internazionali che direttamente o indirettamente si occupano dell’energia. Così pure si colloca in questa prospettiva l’obiettivo di migliorare l’accesso all’energia sostenibile per i Paesi in via di sviluppo. Si tratta di uno spazio che di certo non potrebbe essere “occupato” dai singoli Stati.
E’ sufficiente? E’ sufficiente una sovranità limitata e settoriale per giocare una partita strategica per il futuro europeo? E’ sufficiente un’azione europea nello scenario globale come semplice proiezione del mercato interno? Francamente no, non è sufficiente ed il Governo lo sa bene visto che, giustamente, propone la riforma del Titolo V della Costituzione che per l’energia prevede la competenza concorrente Stato/Regioni. Ma questo è solo il primo passo. Il secondo deve essere un impegno dell’Italia, del Governo,  per il riconoscimento di una piena titolarità dell’Unione al fine di costruire uno “spazio politico europeo dell’energia”.

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