Sulla legge elettorale non scherziamo
ROMA – Bersani è svantaggiato nei confronti del suo competitore. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, riesce a non dire niente, ma lo dice bene. In camicia bianca, sempre stirata di fresco, ora che viene un po’ di freddo un girocollo alla Marchionne gli andrebbe proprio a pennello, piace molto ai media, perché non dicendo niente ognuno può colorire questo niente come più gli aggrada. Piace a quelli che sono dichiaratamente di destra e anche più in là e a quelli che fanno campagna perché la sinistra, la coalizione di centrosinistra di cui il Pd è il punto di riferimento, non vadano al governo del Paese. Il segretario del Pd invece affronta i problemi reali, propone e vuole confrontarsi sulle soluzioni da dare alla crisi, sulle grandi questioni del lavoro e dell’etica, della morale. Cosa non facile di questi tempi, mentre la recessione morde e gli indicatori economici non offrono grandi speranze se in Europa e in Italia non si avvia il cambiamento, una svolta progressista..
Occorre garantire la governabilità. Botta e risposta con Casini
Bersani non usa mezzi termini rispondendo a “Dieci domande per il futuro” una iniziativa tenuta a Roma, al teatro Eliseo. Subito il prologo, la governabilità, la legge elettorale “Il Pd non farà passare la riforma della legge elettorale così come è stata disegnata al Senato. Se valuteremo che l’Italia va in una situazione di ingovernabilità ci metteremo di traverso”. Il che significa battaglia dura. La soglia del 42,5% – dice Bersani – più che una norma anti-Grillo è una norma anti Pd, il tentativo di dire “muoia Sansone e tutti i filistei, ma non scherziamo.” E chiede un “ragionevole premio di governabilità non sotto il 10%, non per garantire una maggioranza assoluta ma che ci sia un’azionista di riferimento in grado di dire chi governa, la sera stessa dello scrutinio” .Ma si sente tradito da Casini? “Casini morirà di tattica, dove vuole andare”. Spero che anche lui a un certo punto metta la barra dritta e decida dove andare. Il leader dell’Udc si risente. Afferma che non è mai stato suddito di Berlusconi (cosa inesatta come è noto ndr) e non vuole essere suddito di Bersani. Poi però accenna ad un possibile premio di governabilità del 10% mantenendo l’asticella dello sbarramento.
L’incontro dell’Eliseo, dieci domande per il futuro
Chiuso il “prologo” si passa alla sostanza del confronto così come lui stesso sollecita. Le primarie, dice, devono essere un’occasione per ricreare fiducia nei cittadini. E risponde alle domande nel modo che più gli è congeniale con parole e immagini,ormai diventate tema di scambio con Crozza, che, a ben guardare, sono anche il sale della politica, di un rapporto paritario fra il politico e i cittadini. Il segretario del Pd, in un “sabato del villaggio” nel teatro gremito, con un pubblico molto esigente, dialoga con un operaio dell’Alcoa, un ricercatore, insegnanti, medici, una giovane studentessa, artisti, imprenditori, un Rettore, immigrati. Dieci domande per il futuro, una conversazione coordinata da Corrado Formigli. La sinistra come e cosa si propone di fare, quale credibilità anche a fronte di “cadute” del passato. La sinistra ritorni ad essere sinistra. Bersani manda in soffitta l’agenda Monti. Servono le idee, i valori, il cacciavite “per ricostruire e cambiare l’Italia e di cose da fare ce ne sono molte che il governo non ha fatto. Dalla politica industriale che non c’è a quella energetica,alla scuola” fermiamoci un attimo-dice- ed affrontiamo il problema nella sua complessità”, alla ricerca, al turismo, alla risorsa ambiente, al patrimonio culturale, alla risorsa agricoltura, agli interventi contro la corruzione, appena avviati, agli esodati, con una flessibilità della pensione, un periodo di transizione per attuare la riforma che va aggiustata, parla di “invecchiamento attivo, ”il welfare da mettere in scurezza, la questione del precariato, del lavoro ai giovani, alla donne. Non era l’articolo 18 ad impedire l’ingresso dei giovani e dice che,in questo senso , i diritti dei lavoratori sono stati salvaguardati tanto che alla Fiat è stato ordinato di riassumere.
“Ce l’ho molto con chi fa soldi e li porta nei paradisi fiscali”
Poi mette in guardia dai rischi di un referendum che può avere esiti negativi, un effetto boomerang, come è avvenuto nel passo su referendum che riguardavo diritti dei lavoratori. Già la Fiat: se fossi io al governo, dice, chiamerei Marchionne. L’unica soddisfazione – di stare al governo è che se li chiami devono venire. Ha detto che puntava sulle piccole vetture, ora dice che punta sull’alta gamma e farà concorrenza alla Bmw. Se ha bisogno di aiuto ce lo dica”. Una domanda in particolare sulle attese ai ricchi, se le aumenterà come ha detto Obama. Il segretario del Pd ridacchia, certo non rinuncia alla patrimoniale, e dice: “Partirei dal fatto che vorrei che i ricchi pagassero le tasse , cosa che non fanno e già che c’è, afferma: “ Ce l’ho molto con i paradisi fiscali perché ce l’ho con chi fa i soldi e poi li porta dove non si paga niente, senza nessuna solidarietà verso il Paese che ti ha fatto guadagnare”. A Renzi saranno fischiare le orecchie, vedi isola Cayman.
Bersani usa spesso la parola, il cacciavite. Vuol proprio dare il senso che si tratta di smontare e di “riavvitare” il Paese, appunto il cambiamento. I valori, le idee della sinistra sul lavoro, sull’uguaglianza, i diritti, i bisogni e le esigenze, anche un richiamo a Marx. “Diamo forza alle idee nuove”, sollecita un professore. Bersani annuisce, le idee prima del cacciavite.
La cittadinanza italiana ai figli degli immigrati
Il mio primo atto se sarò al governo riguarderà il riconoscimento della cittadinanza italiana per i figli degli immigrati. “Vale più di tante battaglia, certo sacrosante, vedere in tv una bambina figlia di immigrati diventata cittadina italiana”. Così si combatte il razzismo e occorre eliminare la Bossi-Fini. “Ci dobbiamo vergognare – sottolinea – per i tanti annegati nei nostri mari”. Ma per altro verso torna l’immagine del cacciavite che serve per cambiare il Paese. “Non si scaccia l’acqua del fiume con le mani – afferma, la sinistra è in piedi disposta a combattere. Non esiste governo senza cambiamento. Certo il cambiamento comporta uno squilibrio, mette a rischio il consenso che hai, non sai quello che avrai domani, ma questa è la partita da giocare per ricostruire l’Italia, in un quadro di cambiamento che riguarda l’Europa”.