Concordia un anno dopo. La Federconsumatori: ancora molte cose da chiarire

 ROMA – Concordia, un anno dopo.

La Federconsumatori – attraverso una nota – sostiene che molte cose sono ancora da chiarire. Nel contempo, traccia un bilancio sul fronte rimborsi: “Circa il 70% dei passeggeri ha ottenuto i rimborsi e i risarcimenti accettando l’accordo con Costa”.  E’ trascorso esattamente un anno dal tragico naufragio della Costa Concordia in cui hanno perso la vita 32 persone. Uno degli episodi più drammatici della storia recente, intorno al quale vi sono ancora molti dubbi ed incertezze. Soprattutto circa le gravi responsabilità che hanno portato al naufragio. “Rinnoviamo il nostro cordoglio ai parenti delle vittime – si legge nel comunicato diffuso dalla Federconsumatori -, e la nostra solidarietà a tutti coloro che erano a bordo, che ancora oggi fanno i conti con il ricordo traumatico di quella notte da incubo. Mai nessuna scelta né provvedimento potrà mai alleviare quello che è accaduto, quel che è certo è che, a un anno di distanza, è tempo di fare alcune osservazioni. Oltre a sollecitare la Magistratura perché faccia al più presto chiarezza su questa grave vicenda, continueremo a batterci affinché le norme sulla navigazione, sulle rotte, sulla formazione dell’equipaggio e sull’informazione dei passeggeri siano sempre migliori ed attente, e affinché vengano adottati tutti i dispositivi di sicurezza per far sì che una simile tragedia non si ripeta mai più”. Dalla Federconsumatori arriva poi l’invito perché venga al più presto rimosso il relitto dalle acque del Giglio.  “Ci chiediamo, inoltre, per quanto tempo ancora dovremo vedere quel doloroso e lugubre relitto, che incombe e deturpa le splendide coste del Giglio. Vorremmo dar notizia che, nella tragedia, almeno una piccola nota positiva c’è: stando ai dati Costa aggiornati a dicembre 2012, dei 3.055 passeggeri tornati nelle proprie case senza subire lesioni fisiche, il 70% ha ottenuto i rimborsi ed i risarcimenti, accettando l’accordo con Costa che prevedeva indennizzi di 14.000 Euro a passeggero. (Dei restanti passeggeri il 20% non ha ancora preso una decisione e solo il 10% ha intrapreso azioni legali, di cui 2/3 negli USA). Un accordo (la cui sottoscrizione è completamente gratuita per rispetto del disastro avvenuto) che abbiamo fortemente voluto e che ha evitato ai cittadini lunghi tempi di attesa e onerosi costi di carattere legale, ma ha anche scongiurato un ulteriore sovraccarico per i tribunali italiani”.  

La notte della tragedia

La più grande nave da crociera mai naufragata. Trenta le vittime. Due i dispersi. Un sinistro marittimo destinato a consegnarsi alla storia esattamente come il disastro dell’Andrea Doria. La mente torna indietro negli anni e lo fa rievocando antichi spettri. E’ il 13 gennaio dello scorso anno quando nelle acque dell’isola del Giglio si consuma una tragedia destinata poi a portarsi dietro una lunghissima scia di dolore, ma anche di vibranti polemiche. Sotto l’occhio del ciclone (e della giustizia) finisce inevitabilmente il comandante Francesco Schettino. Tutto ha inizio con quell’inchino che, col senno di poi, non si sarebbe dovuto mai fare. Schettino chiama un vecchio comandante che si trova al Giglio, l’ammiraglio Mario Palombo. Un esperto di quella manovra che prevede il passaggio della nave da crociera sotto la costa. Palombo, che si trova nella casa di Grosseto, raccomanda prudenza a Schettino. Inizia la manovra. La Costa Concordia si avvicina eccessivamente. Mancano tre minuti alle 22,45. La nave urta contro il più piccolo degli scogli delle Scole. L’impatto è devastante. La fiancata si apre per 70 metri. La nave inevitabilmente rallenta la sua corsa. E’ il momento questo in cui Schettino compie quella manovra che a suo dire eviterà altri morti. Gli esperti parlano invece di manovra involontaria. Alle 22,58 arriva l’ordine di abbandonare la nave. Alcuni, però, a bordo, hanno già provveduto. Muniti di giubbotto di salvataggio, hanno iniziato la corsa disperata verso le scialuppe. Da premettere che circa mezz’ora dopo l’urto, la capitaneria di porto livornese chiama a bordo e, inspiegabilmente, viene rassicurata. Alle 23, 14 la nave da crociera si inclina. Sono minuti caotici. Una corsa per la sopravvivenza. Arriva, in questi frangenti, la storica telefonata. A distanza di mesi, lo scambio di battute tra il comandante Schettino e il capitano di fregata, Gregorio De Falco, continuerà ancora ad occupare moltissimi spazi televisivi. De Falco richiama Schettino. Gli intima di risalire a bordo in osservanza delle leggi del mare. Schettino sulla Concordia non salirà mai più. Trenta saranno le vittime e due i dispersi. La Costa deciderà successivamente di citare in giudizio il comandante. Saranno i giudici, come sempre, a stabilire le responsabilità che hanno portato a questa autentica tragedia. A partire da quel contestatissimo inchino – una prassi probabilmente troppo abusata e rischiosa – fino all’abbandono nave da parte del comandante. Nel mezzo, una zona grigia nella quale orbitano comportamenti e scelte ancora tutte da chiarire. Ma Schettino a parte, non può passare certamente inosservata  l’ultima esternazione della Carnival, la società americana proprietaria della Costa. “Le lesioni dei feriti dipendono da comportamenti negligenti e disattenti degli stessi passeggeri”. Questa la stupefacente risposta alle richieste di risarcimento dei familiari delle vittime e dei passeggeri sopravvissuti. Intanto, il “cadavere” della Concordia giace ancora imponente sul fondo del mare. Per liberare le acque dal gigante occorrerà ancora molto tempo. Che non servirà certamente a rimarginare ferite e ad alleviare dolori.

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